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Mandrakata: l’origine cinematografica e il significato della parola in dialetto romanesco

Una parola che Gigi Proietti, scomparso il 2 novembre nel giorno del suo ottantesimo compleanno, ha fatto entrare nell’immaginario collettivo. Ormai è divenuta una parola a tutti gli effetti italiana, ma la sua origine è da ricercare nella goliardia del dialetto romanesco e dall’immaginario che esso ha saputo creare anche a livello cinematografico: in particolare, la “mandrakata” nacque a tutti gli effetti con un film, anche se il personaggio dal quale deriva è molto più vecchio. Ecco la sua storia.
A cura di Federica D'Alfonso
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Gigi Proietti e Nikki Gentile in una scena del film "Febbre da cavallo" (1976)
Gigi Proietti e Nikki Gentile in una scena del film "Febbre da cavallo" (1976)
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Nel dialetto romano esiste una parola, entrata anche nell'uso comune dell’italiano, che ha una storia molto curiosa: si tratta di una storia che inizia negli anni Settanta, con un film che all'epoca passò quasi inosservato ma che anni dopo, nei Novanta, diventerà un vero e proprio cult. La pellicola in questione è “Febbre da cavallo” e la parola è, naturalmente, “mandrakata”: ecco qual è la sua origine e il suo significato.

Definita come una “trovata ingegnosa che permette di risolvere una situazione difficile”, la mandrakata ha assunto anche il significato di “furbata” e “imbroglio”. Ha insomma una connotazione non del tutto positiva, anche se il carattere goliardico che sta alla base del suo significato la rende utilizzabile in svariate situazioni, anche diverse da quella di origine. Ma se la “mandrakata” è la furbata per eccellenza, chi è “mandrake”, il suo autore?

Febbre da cavallo: le mandrakate di Proietti

Per rispondere a questa domanda si deve tornare agli anni Settanta, precisamente al 1976, quando esce nelle sale cinematografiche il film “Febbre da cavallo”, diretto da Steno e interpretato da Gigi Proietti. La pellicola narra di un gruppo improbabile di amici col vizio delle scommesse ippiche: “Er Pomata”, alias Armando Pellicci, disoccupato, Felice Roversi, guardamacchine abusivo, e Bruno Fioretti, detto appunto “Mandrake”. I tre escogitano ogni sorta di imbroglio per poter “guadagnare” i soldi per scommettere ai cavalli: truffe geniali al limite dell’assurdo, che il nient’affatto umile Fioretti definisce compiaciuto “mandrakate”.

La storia di questa parola è legata in modo indissolubile al film, che inizialmente non ebbe il successo sperato. Al cinema la pellicola non funzionò ma negli anni Novanta, quando il film iniziò ad essere trasmesso in tv, esso diventò un vero e proprio cult: nella storia c’è la romanità più autentica e scanzonata e poi, come disse anche Proietti, “fa ridere”. Le “mandrakate” dei suoi protagonisti sono divenute talmente famose da permettere la produzione di un sequel, uscito nel 2002, ma soprattutto da far entrare questa parola nel nostro vocabolario quotidiano.

Mandrake, il personaggio di Lee Falk

Ma chi è Mandrake? A sua volta, il soprannome del personaggio di Proietti nasce da un’ispirazione che viene dal mondo dei fumetti: si tratta infatti del nome del mago ideato da Lee Falk e disegnato da Phil Davis, divenuto celebre negli Stati Uniti a partire dagli anni Trenta e successivamente giunto anche da noi. Già con questo personaggio il vocabolario italiano si era arricchito di numerosi modi di dire a lui ispirati: “non sono mica Mandrake”, ovvero l’impossibilità di fare qualcosa, era già nota, ma fu solo con Proietti che questo personaggio divenne autenticamente romano.

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