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L’incredibile storia di Camilla Fabri: da commessa a regina del riciclaggio, all’ombra di Maduro

Residente a Fidene, quartiere della periferia romana, Camilla Fabri in pochi anni è passata dall’essere modella e commessa a una delle donne più ricercate dalla Procura.
A cura di Natascia Grbic
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Era il 2019 quando la notizia del sequestro di un appartamento di lusso in via dei Condotti ha fatto il giro dell'Italia. Un immobile dal valore di quasi quattro milioni e mezzo di euro, comprato da una società intestata a un prestanome ma di fatto di proprietà di Camilla Fabri, ex commessa e modella moglie di un facoltoso imprenditore colombiano. Le indagini della Guardia di Finanza di Roma hanno portato alla luce un sistema di riciclaggio messo in piedi dalla ragazza e dal marito, che dal Venezuela di Maduro passa da Mosca, Dubai e arriva fino a Roma, città natale di Fabri. Che ne ha fatta di strada da quando era una 19enne piena di sogni e belle speranze che cercava di avviare una carriera nel mondo della televisione. Oggi Camilla è ricercata dalla Procura di Roma, che la vuole sottoporre a fermo in carcere. Dopo mesi passati in Venezuela a fare campagne di liberazione per il marito detenuto negli Stati Uniti, la 28enne è latitante. Nessuno sa dove sia: una parte della famiglia, anch'essa ricercata, sembra sia a Dubai.

Secondo gli investigatori, Alex Naim Saab Moran e Camilla Fabri "dirigevano e organizzavano un'associazione allo scopo di schermare, attraverso l'utilizzo di prestanome, le numerose società estere gestite da Alex Naim, o comunque a costui riconducibili, e di trasferire sui conti correnti di tali società e dai conti correnti di tali società, in modo da renderne difficile l'identificazione, le enormi somme di denaro provento dei delitti di corruzione, appropriazione indebita di fondi pubblici e riciclaggio commessi da Saan Moran Alex Naim in territorio estero". In particolare si fa riferimento a fondi acquisiti tramite il presunto pagamento di tangenti al governo Maduro per accaparrarsi contratti commerciali di valore milionario. Su tutti, quelli relativo ai sussidi alimentari e alla costruzione di edifici di edilizia privilegiata. I soldi accaparrati tramite questi appalti sarebbero stati poi utilizzati per creare società in diversi paesi, anche a fiscalità privilegiate, gestite poi da prestanome. Quest'ultimi sarebbero stati scelti proprio da Camilla Fabri tra i membri della sua famiglia, che venivano pagati profumatamente (anche 15mila euro al mese) per "mettere firme, fare cose".

Vista da chi indaga come la principale collaboratrice di Alex Naim, Camilla Fabri, secondo quanto scritto nell'ordinanza che ne dispone il fermo, si "adoperava attivamente per reclutare i vari prestanome e factotum necessari a trasferire e ostacolare l'identificazione dell'enorme flusso di denaro proveniente dai delitti commessi all'estero dal marito". "Mami stanno creando una società dove io sono proprietaria delle azioni, sono proprietà protette e non possono levarmi nulla", dice Camilla alla madre su WhatsApp, parlando della possibilità che la Finanza levi loro i beni. E quando si occupa di reclutare i vari prestanome, si arrabbia con il cognato e la sorella perché hanno fornito, per il versamento dei soldi, il conto corrente che hanno in comune. Il nome Fabri, infatti, non deve figurare, altrimenti la Finanza potrebbe levarle i beni. E redarguisce il cognato sul suo comportamento: "Bisogna essere seri, non si scherza, bisogna andare in giro per le banche e a loro non piacciono le smorfie", dice.

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