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L’incendio al Ponte di Ferro non è colpa dei clochard: basta trattarli come una questione di decoro

Sono passate poche ore dall’incendio del Ponte di Ferro, ma c’è già chi punta il dito verso chi vive lungo le banchine del Tevere, ormai viste a gran voce come il problema principale di Roma, tra abusivismo e ‘degrado’. Non una parola sull’assenza di politiche sociali verso chi non ha una casa e vive condizioni di fragilità, non una parola verso la politica che non si è mai fatta carico degli ultimi di questa città.
A cura di Natascia Grbic
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Questa notte il Ponte di Ferro è bruciato. Mangiato da un incendio, le cui cause sono al momento ancora in corso di accertamento, e parzialmente crollato. Una delle ipotesi al vaglio è che il rogo sia divampato da un fornelletto o un fuoco acceso dai clochard che vivono sulle banchine del Tevere per scaldarsi. Sono state trovate alcune bombole del gas inesplose, e gli inquirenti sono al lavoro per capire se è da lì che tutto ha avuto inizio. È bastato questo per far urlare all'emergenza decoro, alle ‘baraccopoli regno dell'illegalità' dove vige solo il ‘degrado', prima causa dei mali di questa città. E così, chi vive in quegli alloggi di fortuna lungo le sponde del Tevere, passa dall'essere invisibile a essere il colpevole di ogni cosa che accade a Roma, il capro espiatorio di ciò che non va nella capitale.

Adesso che il Ponte di Ferro è andato a fuoco, c'è chi invece di guardare la luna punta il dito verso gli ultimi della città, verso chi vive in condizioni pessime e disumane. Non verso chi, dopo anni di immobilismo, non ha mai voluto trovare una soluzione all'emergenza abitativa e sociale in cui migliaia di persone versano nella capitale. Persone che dopo essere state abbandonate, sono trattate come una questione di sicurezza e decoro, disumanizzate dalla politica, che vede il povero come un pericolo da nascondere, non qualcuno di cui farsi carico. Lo testimoniano i numerosi sgomberi avvenuti in questi anni, dove gli insediamenti abusivi sono stati rimossi con squilli di trombe e imponenti schieramenti di forze dell'ordine, la maggior parte delle volte senza soluzioni per chi in quelle tende o in quelle baracche ci viveva. Basti pensare agli ultimi sgomberi di questi anni, dall'Ex Penicillina a Cardinal Capranica, passando per i migranti che vivevano a stazione Tiburtina. Persone cacciate da un posto che si sono solo spostate da un'altra parte, trattate come immondizia da mettere sotto il tappeto.

Le indagini chiariranno cosa è accaduto al Ponte di Ferro e quali sono state le reali cause del rogo. Ma la politica deve cominciare a farsi carico delle migliaia di persone che non hanno una casa e che, come in questo caso, sono letteralmente costrette a vivere sotto i ponti. La vera vergogna non è chi si trova ai margini della società, ma il fatto che le istituzioni non siano in grado di avviare politiche sociali degne di questo nome.

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Giornalista dal 2013, redattrice alla cronaca di Roma di Fanpage dal 2019. Ho lavorato come freelance e copywriter per diversi anni, collaborando con vari siti, agenzie di comunicazione e riviste. Laureata in Scienze politiche all'Università la Sapienza, ho frequentato nel 2014 la Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso.
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