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Le tolgono il figlio che diventa ipovedente in comunità: “Non ha avuto le cure necessarie”

Laura non vede suo figlio da più di dieci mesi: il piccolo è stato portato via dalla madre e trasferito in una comunità a Pomezia dove però le sue condizioni di salute, già precarie, sono peggiorate. Proprio perché Laura insisteva sul perché il piccolo fosse peggiorato, le è stato impedito di vederlo.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Non vedo mio figlio da oltre dieci mesi": a dirlo a Fanpage.it è Laura, una mamma di Roma che da tempo si trova a fare i conti con le decisioni e le disposizioni prese dal tribunale dei minori della Capitale. La sua è una storia che, per certi aspetti, ricorda sia quella di Debora, la mamma di Casalmaiocco (Lodi) a cui hanno tolto il figlio con l'inganno e la mamma di Milano a cui hanno tolto i figli dopo aver denunciato alcuni abusi.

Per capire perché il figlio di Laura sia stato portato via, è necessario fare un passo indietro. Prima di tornare ad abitare a Roma, Laura vive con il marito e il piccolo a Treviso.

La separazione dal marito

Quando M. aveva solo cinque mesi, la 41enne decide di separarsi dal marito: "Ci sono state alcune violenze fisiche e psicologiche e dopo un'aggressione in strada, proprio per tutelare mio figlio, decido di lasciarlo", racconta ancora a Fanpage.it. Dopo la separazione, il tribunale di Treviso dispone che il piccolo viva con la madre e affida ai servizi sociali il compito di regolare gli incontri con il padre.

"Nel 2016 decido di trascorrere le vacanze natalizie dai miei genitori a Roma. In quell'occasione – spiega a Fanpage.it – mio figlio inizia ad avere alcune crisi epilettiche. Il bambino viene ricoverato e nei mesi successivi viene certificata la sua epilessia. Gli viene diagnosticata anche una cheratite oftalmica di origine virale che comporta continui controlli. Iniziamo il percorso di cure a Roma dove poi rimarremo proprio per garantire a mio figlio la continuità di cura".

I ricorsi del padre

Il padre però sostiene che questo trasferimento sia voluto dalla madre per impedirgli di vedere il figlio. Per questo motivo decide di ricorrere al Tribunale di Venezia, al quale chiede di far decadere la potestà genitoriale di Laura: il giudice però rigetta la richiesta e stabilisce che il piccolo venga affidato ai servizi sociali del comune di Roma. Inoltre conferma che M. continui a vivere nella Capitale con la madre e chiede ai servizi sociali laziali e veneti di collaborare per consentire la frequentazione del bambino con il padre.

Il ricorso alla Corte europea di Strasburgo

Dopo questa decisione, nel 2020 esplode la pandemia da Covid-19. Laura, preoccupata dal dilagare del virus e dalle condizioni di salute del piccolo chiede che la frequentazione tra lui e il padre possano avvenire in condizioni idonee: "In questo modo si sarebbe preservata la salute di mio figlio", racconta. In tutto questo tempo, come spiegato dall'avvocato di Laura Francesco Morcavallo, i servizi sociali sarebbero rimasti inerti: "Il padre del bimbo ha quindi deciso di ricorrere alla Corte europea di Strasburgo e i giudici decidono di condannare l'Italia per inefficienza del servizio sociale".

Il trasferimento in comunità

Il procedimento europeo porta il pubblico ministero a far ricorso al tribunale di Roma. Quest'ultimo decide per la sospensione dell'esercizio della funzione parentale a entrambi i genitori: "Le richieste della madre – spiega ancora l'avvocato – affinché vengano rimodulati gli incontri con il padre per tutelare la salute del figlio, vengono intese come una forma di iper protettività nei confronti del bambino".

Per il Tribunale la donna, oltre a essere troppo protettiva, non sarebbe collaborativa con i servizi sociali nell'organizzazione degli incontri tra il piccolo e il padre. Il piccolo viene portato via a luglio 2021 mentre si trovava in villeggiatura con la madre e i nonni. Una decina di poliziotti si presentano a casa e prendono il bambino che viene trasferito in una comunità a Torvaianica, in provincia di Pomezia, in un comune diverso da quello di residenza: "Anche il padre aveva fatto richiesta di trasferirlo in una comunità – afferma Laura – perché così sarebbe stato in un luogo neutrale".

Le condizioni di salute del piccolo

Durante la permanenza in comunità, le condizioni di salute del bambino iniziano a peggiorare: "Mi consentono di vedere mio figlio in video-chiamata. A un certo punto – racconta Laura – ho notato che il mio bambino iniziava a perdere peso e che non riusciva a tenere gli occhi aperti. Chiedo innanzitutto che vengano proseguite le cure, soprattutto per la patologia agli occhi, ma nessuno fa nulla. Dopo varie segnalazioni, mi accusano di essere troppo intrusiva nella gestione di mio figlio e così chiedono e ottengono a ottobre 2021 la sospensione di incontri e contatti".

"Da un certificato medico abbiamo scoperto che al piccolo era stata diagnosticato l'ipovedenza. Non c'è traccia nelle relazioni. Alla richiesta di avere maggiori informazioni, non c'è stata data risposta e – continua l'avvocato – non è stato disposto nemmeno un accertamento. Nessuno è andato a controllare. Un'ora e mezza del tempo di giudici e i magistrati potrà valere la salute e la vista di questo bambino?".

L'ispezione della senatrice e della consigliera regionale

I servizi sociali avrebbero poi inoltre sostenuto che il piccolo non volesse più vedere la madre perché turbato dalle sue continue richieste su come stesse. Sulla base di quanto di quanto riportato nella relazione dei servizi sociali, il tribunale decide di interrompere gli incontri in comunità.

Sul posto si recano la senatrice Cinzia Leone e la consigliera regionale Francesca De Vito che svolgono un accesso ispettivo. Trovano il bimbo in struttura nonostante, nell'orario dell'ispezione dovesse essere a scuola, e a loro il bimbo dice qualcosa: "Mio figlio ha detto loro – racconta Laura – di volermi vedere e voler tornare a vivere con me". Le due decidono di presentare un esposto che però non viene considerato. Il 28 aprile, l'ultimo giorno in cui Laura ha notizie del figlio, arriva un'email dove viene annunciato che il bambino è diventato parzialmente cieco: "Da allora non ho più sue notizie – spiega ancora la donna – nonostante il mio avvocato sia andato ad allertare il Tribunale e la Procura".

Il legale di Laura decide poi di presentare una denuncia per lesioni per l'indotto stato di cecità e per mal versazione nei confronti di collocatori, servizi sociali, sindaco di Roma, delegato per la tutela e i magistrati che erano stati avvisati del pericolo: "Il paradosso è che invece di trovare qualcuno che si occupi della salute del bambino, noi troviamo nel Tribunale e negli ausiliari degli avversi. Né la Procura né il Tribunale è andato a vedere il bambino come sta lì dentro: abbiamo notizie solo perché continuiamo a chiederle alla stessa comunità dove sono peggiorate le sue condizioni. Qualcuno vuole muoversi per vedere come sta?Per vedere se è sereno visto che non vede e non sente più la madre?".

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