Il Nuovo Cinema Palazzo scrive al ministro Dario Franceschini: “Vincolo culturale all’immobile”
La società proprietaria del Nuovo Cinema Palazzo, la Area Domus Spa, ha rifiutato la proposta di acquisto dell'immobile fatta dal Comune di Roma. Quest'ultimo, che aveva proposto 900mila euro, si è detto disponibile a sottoporre la proprietà a perizia, in modo da confrontare il valore con la stima fatta dall'amministrazione capitolina. Insomma, nonostante la volontà all'acquisto ci sia, non è detto che la vicenda vada a buon fine. Per questo gli attivisti del Nuovo Cinema Palazzo hanno scritto una lettera al ministro della Cultura Dario Franceschini, chiedendo di vincolare l'immobile di piazza dei Sanniti. La stessa procedura è stata eseguita con il Cinema America. Molti gli artisti e gli intellettuali che negli anni hanno attraversato il Nuovo Cinema Palazzo: Elio Germano, Marcello Fonte, Franca Valeri, Stefano Rodotà, Dario Fo e Franca Rame. Ma sono i cittadini "la vera chiave", che deve portare "le istituzioni democratiche di questo paese a stabilire che la traiettoria del Cinema Palazzo continui nel segno della cultura e che questo non possa essere in futuro alterato, quale che sia l’assetto proprietario che ne determinerà la gestione".
La lettera del Cinema Palazzo a Dario Franceschini
"L’apposizione di un vincolo sulla destinazione d’uso – si legge nella lettera – è quanto mai urgente e opportuna, al fine di preservare la vocazione di un edificio fortemente esposto al rischio di speculazioni. Nella piena convinzione che la crescita di un polo culturale, di un luogo di incontro e solidarietà, in un’area come il quartiere di San Lorenzo debba essere tanto tra le priorità delle istituzioni territoriali quanto interesse del Governo, chiediamo a Lei e all’istituzione da Lei presieduta di intervenire in questa annosa vicenda". Nel testo si fa poi riferimento alla proposta di acquisto rifiutata: "Di fronte all’impegno profuso dalle istituzioni cittadine e volto all’acquisizione del vecchio teatro e alla sua salvaguardia come avamposto culturale, la proprietà ha opposto una severa preclusione al dialogo, e ciò nonostante la proprietà stessa abbia ripetutamente e pubblicamente dichiarato, anche a mezzo stampa, la volontà di vendere l’immobile. Tale preclusione avvalora il rischio e la preoccupazione, acclarata dalla precedente condotta, che la proprietà sia interessata a vendere l’immobile a mero fine speculativo, e dunque solo per trarne il massimo profitto".