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I vecchi telefonini Nokia per non farsi intercettare: smantellata rete di spaccio a Latina

Quattro arresti, undici indagati e molte altre persone coinvolte nell’inchiesta dei carabinieri per spaccio a Latina iniziata dalle rivelazioni di un pentito del clan Di Silvio.
A cura di Beatrice Tominic
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Immagine di repertorio
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"Insalate piccole" o "gomme": così erano spesso indicate in codice le dosi di droga nel giro di spaccio pontino emerso a seguito delle indagini del nucleo investigativo di Latina. Oltre al linguaggio in codice utilizzato per indicare le dosi di stupefacenti, la strategia dei boss pontini prevedeva anche l'utilizzo di sim intestate a prestanome o di vecchi telefoni cellulare, come uno dei vecchi modelli Nokia.

I carabinieri hanno sentito proprio la suoneria di questo telefono mentre erano in ascolto della microspia posizionata in una Bmw posta sotto controllo: l'indagine, che ha permesso di arrestare quattro persone per l'attività di spaccio del capoluogo pontino, è composta sia da approfondimenti tecnici (con microspie e telecamere) che da pedinamenti tradizionali. In alcuni casi, gli stupefacenti venivano trasportati fra Latina e Priverno, comune dell'entroterra ad una trentina di chilometri dal capoluogo pontino, come riporta il Messaggero.

L'inizio delle indagini dalle rivelazioni di un pentito

Le indagini sarebbero iniziate a seguito delle rivelazioni di un pentito del clan di Silvio: è stato lui il primo a confermare, nel 2016, l'esistenza di un'associazione di narcotrafficanti con Gianluca Ciprian (già arrestato nel 2020), Pietro Canori e Fabio Nalin ai vertici. I tre, i cui nomi spesso ricorrono nella documentazione dell'indagine Ade, si sarebbero spartiti il territorio pontino strategicamente: il primo avrebbe gestito la città di Latina, gli altri si sarebbero invece divisi la zona dei Monti Lepini (proprio dove si trova il comune di Priverno).

Secondo quanto emerso dai controlli degli investigatori, ancora oggi la situazione sarebbe rimasta quasi immutata, come confermano gli elementi raccolti con microspie e le telecamere nella zona in cui si trova l'abitazione di Pietro Canori, le cimici nella Bmw di Nalin e nella sua tenuta di campagna a Tor Tre Ponti.

Gli indagati per lo spaccio a Latina

Oltre ai due boss, sono finite in manette altre due persone: si stima siano 11 in totale le persone indagate e altrettante quelle coinvolte a vario titolo nell'inchiesta. Da acquirenti a consumatori, a persone di fiducia: c'è chi custodiva il denaro dei narcos pontini e chi, invece, gestiva le auto di lusso e le barche.

Fra loro la moglie di uno dei boss, che gestiva una pizzeria riconducibile all'attività di spaccio; tre persone incaricate del controllo del narcotraffico; sei pusher che si occupavano di vendere gli stupefacenti. Nell'indagine è coinvolto anche un gommista che, come emerso dalle intercettazioni, alla richiesta di tre gomme, avrebbe risposto fornendo tre dosi di droga, utilizzando lo stesso linguaggio in codice.

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