Droga a Roma dal Marocco, smantellata rete di narcos: sedici arresti, tra loro anche poliziotti

Quasi una tonnellata e mezza di hashish e marijuana importate da Spagna e Marocco, grazie non solo alla presenza fissa in quei paesi di un membro fidato dell'organizzazione, ma anche alla compiacenza di appartenenti alle forze dell'ordine. Sedici persone sono state arrestate questa mattina tra Roma e Latina dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma con accuse che vanno dall'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti alla detenzione illecita di armi, rapina, ricettazione e riciclaggio. In tredici sono finiti in carcere, tre ai domiciliari. Mentre sarebbero sei in tutto i poliziotti indagati, tutti del commissariato di San Lorenzo a Roma.
Nell'ambito dell'operazione, chiamata ‘Don Rodrigo, è emerso che sei poliziotti avrebbero garantito copertura all'organizzazione criminale, consegnandogli anche parte dei carichi di droga sequestrati ad altre organizzazioni. Le accuse per loro vanno, a vario titolo, dal peculato alla falsità ideologica, a omissioni e detenzione di droga a fini di spaccio. Un agente in particolare è stato portato in carcere, l'altro si trova ai domiciliari. Si tratta rispettivamente di Pasquale Argenio e Angelo Bonanata. Gli altri quattro indagati non avrebbero partecipato attivamente alle operazioni, ma si sarebbero occupati di manomettere la documentazione ufficiale, in modo da coprire l'operato dei colleghi.
Dalle indagini è emerso che il gruppo di narcotrafficanti era operativo soprattutto nei quartieri di Casal Boccone e Fonte Meravigliosa. I membri dell'organizzazione importavano hashish e marijuana da Spagna e Marocco, e poi rivendevano le sostanze all'ingrosso ad altri narcotrafficanti soprattutto dei quartieri dell'Alessandrino e di Castel Romano. Che poi le smerciavano nelle piazze di spaccio di Don Bosco, Pigneto, Spinaceto e Capannelle, oltre che nelle province di Roma e Latina.
Hashish e marijuana entravano in Italia soprattutto con il trasporto su gomma. Ognuno degli arrestati aveva un compito ben preciso, dal contatto con i fornitori, al trasporto, alla custodia e distribuzione dello stupefacente, alla riscossione dei proventi e loro riciclaggio tramite canali di trasferimento non convenzionali. Avevano una ‘cassa comune‘ che serviva a pagare gli stipendi ai membri dell'organizzazione, oltre agli avvocati, e uan grande disponibilità di armi da fuoco, oltre a vetture con i doppifondi e telefoni con cui potevano parlare senza il rischio di essere intercettati.