Dopo lo sgombero del Leoncavallo a Milano, a Roma la Lega attacca il Forte Prenestino

Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo di Milano il 21 agosto scorso ha riacceso il dibattito anche sulle occupazioni di Roma. Se la sinistra istituzionale si chiede perché, invece, non venga sgomberata la sede dell’organizzazione di estrema destra Casapound all’Esquilino, il capogruppo della Lega all’Assemblea Capitolina Fabrizio Sartori cerca di cavalcare l'onda di chi chiede la chiusura totale degli spazi sociali. L'esponente leghista ha, infatti, presentato in Campidoglio un’interrogazione sul Forte Prenestino, il più grande centro sociale della Capitale e di tutta Europa, "per chiarire come sia possibile che da decenni continui a operare in regime di occupazione". Insomma, la destra romana vuole replicare il modello Milano anche nella capitale, puntando i fari sul primo centro sociale di Roma.
L'interrogazione di Sartori sul Forte Prenestino
Il Forte Prenestino ha sede in una delle 15 costruzioni militari che circondano Roma dalla seconda metà dell’Ottocento. L’area del quartiere di Centocelle è di proprietà del Demanio, ma nel 1977 fu consegnato al comune dopo che il sindaco di allora Giulio Carlo Argan chiese la cessione di questo e degli altri quattordici forti per creare delle aree verdi per la cittadinanza. La struttura venne, però, di fatto abbandonata fino a quando fu occupata il primo maggio del 1986, in occasione di una "Festa del non lavoro" organizzata nel parco adiacente. Dieci anni dopo la consegna, il demanio chiese al comune un'indennità di occupazione che aprì un contenzioso ancora in corso. Oltre a un aggiornamento sulla situazione della proprietà, l'esponente della Lega ha chiesto anche i motivi dell'esclusione del Forte Prenestino dal Piano Sgomberi del 2022.
Il centro sociale è da quasi quarant'anni uno dei principali luoghi di socialità e cultura alternativa nella capitale. Al suo interno hanno sede una dozzina di laboratori per le attività più varie: dalla ciclofficina a una serigrafia e una camera oscura aperta a tutti. Nel corso dei decenni ha ospitato ogni sorta di eventi, dai concerti alle fiere, ai mercati. Fra i più longevi, oltre alla "Festa del non lavoro", c’è il "Crack!", festival internazionale di arte stampata e disegnata, il mercato diretto degli agricoltori "terra/TERRA" e il festival del vino "Enotica". Tutto questo a ritmo di musica, mai legata alle logiche del mercato e sempre contrassegnata dalla sperimentazione. E quante band e cantanti romani sono cresciuti nella sala prove e sui palchi del Forte. Un luogo anche di grande alternativa politica, in virtù del proprio codice etico "antifascista, antisessista, antirazzista, antiproibizionista" e dell'orizzontalità assoluta nei suoi spazi di decisione.
Il Forte Prenestino e gli altri verso il corteo del 6 settembre
A dispetto di quanto un certo discorso pubblico possa far sembrare, spazi come il Forte a Roma sono sempre meno. Gli ultimi sgomberi in ordine di tempo sono quelli della Torre Maura Occupata, spazio autogestito per 32 anni fino maggio 2024, e di un'altro forte, quello di Portuense, a dicembre. Anche chi ha provato a intraprendere un percorso di regolarizzazione non ha avuto vita facile. Questi e tanti altri spazi in ogni quartiere di Roma erano edifici abbandonati all'incuria, spesso strumentale a una futura speculazione edilizia. Esperienze nate dal basso come quella del Forte Prenestino hanno almeno avuto il merito di rimettere questi luoghi sulla mappa e di far interessare tante e tanti al patrimonio architettonico pubblico. Per difendere questa storia, il 6 settembre molti partiranno da Roma verso Milano per il corteo nazionale contro lo sgombero del Leoncavallo e per tutti gli spazi sociali.