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Detenuto evade dal reparto psichiatrico del Pertini: è la seconda volta che riesce a fuggire

A denunciare la fuga dell’uomo è stato il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria. Secondo le prime informazioni non sarebbe la prima volta che il detenuto si dà alla fuga, dato che era già scappato lo scorso 12 ottobre. Al momento sembra che l’evaso non sia stato ancora rintracciato dalle forze dell’ordine.
A cura di Natascia Grbic
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Un detenuto è scappato dal reparto psichiatrico dell'ospedale Sandro Pertini a Roma. Secondo le prime informazioni, si tratterebbe di un uomo fuggito già lo scorso 12 ottobre, ma individuato subito dopo la fuga. dare la notizia è stato il Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria. "Quel che è successo è di inaudita gravità ed è la conseguenza dello scellerato smantellamento delle politiche di sicurezza delle carceri, che vede sempre maggiori ricorsi a visite in strutture Ospedaliere esterne nonostante buona parte delle carceri abbiano Centri diagnostici terapeutici (CDT) ed infermerie all'altezza con personale medico e paramedico adeguato", ha dichiarato il segretario Donato Capece. Per Capece, i vertici del Dap devono "andare a casa",

La fuga del detenuto, di cui non sono state ancora diffuse le generalità, è avvenuta nel pomeriggio. Ancora ignoto il modo in cui l'uomo è riuscito a scappare ed eludere la sorveglianza del personale ospedaliero e carcerario. Al momento inoltre, sembra che non sia stato ancora rintracciato. Sul caso è intervenuto anche Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria. "Non conosciamo ancora l'esatta dinamica dell'evento e non sappiamo valutarne le cause, ma certamente anche questo accadimento è fortemente sintomatico dello stato patologico del sistema penitenziario di cui noi abbiamo fatto più volte la diagnosi e persino suggerito la terapia, ma rispetto al quale non si hanno risposte dalle istituzioni preposte, in questo caso rappresentate dalla politica, dal Ministero della Giustizia e dal Governo". Il segretario ha poi aggiunto che "la circostanza del ricovero in un reparto psichiatrico sembra tendenzialmente confermare da un lato la pericolosità sociale dell'evaso, ma dall'altro anche il fatto che il luogo di custodia con ogni probabilità non dovrebbe essere il carcere, laddove non è evidentemente possibile allo stato attuale fornire le cure adeguate".

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