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Covid 19

Covid, interventi rinviati e diagnosi tardive: “Tra il 30 e il 50% di operazioni in meno”

La chiusura o riduzione dei posti letto, dilatazione dei tempi per le visite, al fine di evitare assembramenti e lo spostamento del personale nei reparti Covid-19 sta provocando numerosi rinvii e conseguenti diagnosi tardive.
A cura di Simona Berterame
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La variante Omicron sta mettendo a dura prova il sistema sanitario del Lazio e l'aumento dei positivi nei nosocomi sta provocando una lunga attesa per interventi chirurgici considerati non urgenti. La chiusura o riduzione dei posti letto, dilatazione dei tempi per le visite, al fine di evitare assembramenti e lo spostamento del personale nei reparti Covid-19 sta provocando numerosi rinvii e conseguenti diagnosi tardive. Pochi giorni fa aveva lanciato l'allarme il presidente dell’Ordine dei medici di Roma Antonio Magi: "Dobbiamo tenere i posti letto disponibili e questo va a incidere su tutta quella che è l’attività programmata degli ospedali“. In sostanza “si sta creando nuovamente una situazione di stallo, non riusciamo più a curare gli altri malati. In questo momento siamo bloccati come posti letto e non possiamo garantire circa il 70-80% delle prestazioni" ha spiegato Magi.

Operazioni in ritardo

Celestino Pio Lombardi, delegato regionale della Società italiana di chirurgia e direttore dell'unità Chirurgia endocrina del Policlinico Gemelli, traccia un quadro della situazione attuale. "Al momento registriamo una diminuzione degli interventi, considerati non urgenti, che oscilla tra il 30% al 50% su base annua". La riduzione, spiega Lombardi, non riguarda solo gli interventi chirurgici ma anche tutto quello che c'è prima e dopo. Anche le operazioni di pazienti oncologici considerate non urgenti. In realtà da marzo 2020 l'emergenza non è mai rientrata quindi la capacità di eseguire interventi è da quasi due anni ridotta con un ritardo che tende da accumularsi con il passare del tempo. "Ora nel pieno della quarta ondata la situazione sta peggiorando – conclude Lombardi – anche perché manca il personale. L'aumento dei positivi non risparmia infatti i sanitari, nonostante il vaccino, perciò c'è una percentuale di medici e infermieri in isolamento e questo complica ancora di più il quadro generale".

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