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La morte dell'ultras Fabrizio Piscitelli a Roma

Gli ultimi minuti di vita di Diabolik: “Ho visto la pistola alla sua testa ed è caduto a terra”

Parla l’autista cubano seduto accanto a Fabrizio Piscitelli quando è stato ucciso al parco degli Acquedotti: “Ho visto Fabrizio accasciarsi, mi sono alzato, ho visto una persona che correva con la pistola in mano”.
A cura di Natascia Grbic
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"Era tranquillissimo. Ci siamo seduti sulla panchina con le spalle al parco. Ad un certo punto ho sentito tre passi che si avvicinano da dietro, di una persona che corre, e ho visto la pistola alla testa di Fabrizio. Poi il colpo esploso, un solo colpo. Mi è caduto il mondo addosso, nessuno si aspettava una cosa del genere". Sono queste le parole con cui Eliobe Creagh Gomez, l'autista cubano di Fabrizio Piscitelli, ha descritto l'omicidio dell'ultras laziale avvenuto il 7 agosto 2019 al parco degli Acquedotti a Roma.

Gomez è il teste chiave nel processo che vede come unico imputato Raul Esteban Calderon, ritenuto il sicario dell'omicidio: ha descritto la dinamica, ma spiegato di non aver visto in volto l'assassino e non riuscire quindi a riconoscerlo. "Ho visto Fabrizio accasciarsi, mi sono alzato, ho visto una persona che correva con la pistola in mano", ha aggiunto.

Subito dopo l'omicidio, Gomez è scappato in preda al panico. "Ero molto spaventato ho pensato ‘se l'hanno fatto a lui potrebbero farlo anche a me'". Ha gettato il terzo telefono di Piscitelli e la sua sigaretta elettronica, ma ha spiegato di aver poi detto alla polizia dove li aveva gettati. Poco dopo "ho riconosciuto una persona nelle foto che mi sono state mostrate dagli investigatori ma il giorno stesso sono tornato a ritrattare e ho detto che non era vero quello che avevo detto, perché non stavo bene con la testa in quel momento".

In zona quel giorno c'era anche Fabrizio Fabietti, l'ex braccio destro di Diabolik recentemente condannato a trent'anni di carcere con l'accusa di essere a capo di un'associazione di narcotrafficanti. Si era visto con Piscitelli verso l'ora di pranzo, per "parlare con una persona". "Poi siamo usciti e siamo andati al parco degli Acquedotti solo io e Fabrizio. Siamo arrivati al parco verso le 18-18.10, io non dovevo scendere ma lui mi ha detto di tenergli compagnia e sono andato con lui. Non mi aveva detto il perché doveva andare lì".

Dopo l'omicidio, "non sapevo che fare, la macchina di Fabietti non c'era più.. Ho ripreso l'auto, volevo parlare con qualcuno, e al semaforo di via Tuscolana ho visto Fabietti e gli ho detto ‘è morto, è morto'. Fabietti aveva la faccia di uno quasi morto, era in macchina con un ragazzo soprannominato ‘il Freddo'. Io gli ho detto che tornavo indietro e a quel punto ho buttato via il cellulare di Piscitelli e la sigaretta elettronica. Ma appena ho fermato la polizia gli ho detto dove li avevo gettati".

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