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Chi era la brigatista Anna Laura Braghetti: il sequestro Moro, l’omicidio Bachelet e il lavoro con i detenuti

A casa sua fu sequestrato Aldo Moro, lo ha visto morire. Negli anni successivi ha preso parte al blitz di piazza Nicosia e all’omicidio di Bachelet. Dopo, in carcere, l’attività letteraria e sociale.
A cura di Beatrice Tominic
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Anna Laura Braghetti.
Anna Laura Braghetti.

Anna Laura Braghetti è morta oggi a 72 anni dopo una lunga malattia. È nota soprattutto per l'attività svolta da brigatista. Ha preso parte, con le Brigate Rosse, al sequestro di Aldo Moro ed era presente quando il presidente della Democrazia Cristiana è stato ucciso. "Prima di morire ci ha salutato. Tutti, indistintamente", ha raccontato nel corso del processo. Ma la sua attività criminale non si è fermata al ritrovamento in via Caetani. Da quel momento ha iniziato a vivere in clandestinità per poco più di due anni.

In questo periodo la sua attività da brigatista non è fermata. Il 3 maggio del 1979 ha preso parte all'azioen armata a piazza Nicosia, dove si trovava la sede della Democrazia Cristiana e in cui sono rimasti uccisi due agenti della polizia di Stato. Il 12 febbraio 1980, invece, insieme a Bruno Seghetti, ha scagliato sette colpi calibro 32 Winchester contro il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet, uccidendolo.

Dopo i primi anni di prigione, il grande pubblico l'ha conosciuta per aver scritto, insieme alla giornalista Paola Tavella, Il prigioniero, che ripercorre i giorni del sequestro Moro e da cui è tratto il noto film Buongiorno, notte. Poi ha avuto inizio il suo periodo di volontariato nei confronti dei detenuti, insieme anche a Francesca Mambro, ex militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari. Scritto a quattro mani, nel 1995, è stato pubblicato il libro Nel cerchio della prigione che porta la firma di entrambe.

È morta a Roma, dove viveva lontano dai riflettori, dedicandosi alla sua attività di volontariato rivolto soprattutto a detenuti, ex detenuti e alle loro famiglie. A rendere nota la sua morte è stata la famiglia e gli amici che l'hanno salutata con poche righe: "Ci ha lasciati la nostra cara Anna Laura, circondata dall’amore dei familiari e degli amici. I funerali si svolgeranno in forma strettamente riservata, nella sua comunità degli affetti", hanno scritto.

Chi era Anna Laura Braghetti

Anna Laura Braghetti è nata il 3 agosto del 1953 a Roma. Negli anni Settanta lavorava come impiegata, quando si è avvicinata alla politica. Dapprima vicina alla sinistra extraparlamentare, è poi entrata nelle Brigate Rosse. "La mia scelta di entrare in un'organizzazione armata è stata il frutto di un lungo, lento corteggiamento, un avvicinamento graduale, come un meccanismo che scatta clic dopo clic, fino al momento finale in cui la macchina è avviata in tutta la sua potenza", ha raccontato poi nel suo libro dedicato alla sua testimonianza sul sequestro Moro che vive ancora da incensurata.

Anna Laura Braghetti.
Anna Laura Braghetti.

Il sequestro Moro: gli ultimi giorni del presidente della Dc nella casa intestata a lei

Quando il presidente Moro è stato sequestrato, Braghetti era ancora incensurata sebbene fosse parte attiva delle Brigate Rosse di Roma. Aveva 25 anni. Faceva da copertura ai giovani rapitori di Moro fingendosi la compagna di una di loro, Germano Maccari, l'"ingegner Altobelli". Si occupava di portare provviste nell'abitazione ed era l'intestataria dell'appartamento di via Montalcini 8, alla Magliana, dove si ritiene che Moro sia stato tenuto prigioniero.

"Moro non mi ha mai visto e non ha mai sentito la mia voce – ha riportato nella sua testimonianza a processo – Perché da quella casa sarebbe potuto uscire vivo e non doveva riconoscere nessuno dei suoi sequestratori, indossavamo un passamontagna". Non a caso, alcuni dei brigatisti si sono sempre detti contrari all'omicidio: "Fra i sequestratori una persona non era d'accordo ad uccidere l'onorevole Moro, aveva già subito un lungo periodo di prigionia che lo aveva segnato. Condannarlo a morte era un aggravio. Per questo fino all'ultimo ci furono tentativi per trovare una strada verso una soluzione differente, alla ricerca di una trattativa".

La morte di Aldo Moro: "Ha salutato tutti"

Durante la sua testimonianza, ha ricordato i giorni dell'inzio di maggio 1978. "Nei giorni precedenti gli fu detto che le Brigate Rosse avevano emesso una sentenza di morte nei suoi confronti. Nessuno si è occupato della confessione di Moro. Se anche la chiese non gli fu accordata la possibilità di averla. Ma io non so se la chiese".

Braghetti era presente anche quel 9 maggio: "Credo di averlo visto, quella mattina, verso le 6.30. Ho sentito dei colpi con il silenziatore, non saprei dire quanti con precisione, sicuramente più di cinque. In quel garage non c'era nessuno – ha spiegato, rispondendo alle domande in aula – Moro non disse niente, non urlò neanche. Ma andando via ci salutò. Non salutò in particolare qualcuno, salutò tutti". Da quel momento è iniziata la sua vita da clandestina.

L'azione in piazza Nicosia e l'assassinio dei due poliziotti

Nel corso del suo periodo di latitanza, Anna Laura Braghetti ha preso parte ad altre azioni armate. Fra le più note il blitz in piazza Nicosia del 3 maggio 1979 quando il gruppo ha fatto irruzione alla sede della Democrazia Cristiana. L'allarme è scattato immediatamente e sul posto è arrivata una volante della polizia di Stato con, a bordo, il maresciallo di polizia Antonio Mea, l'appuntato di polizia Pierino Ollanu e la guardia Vincenzo Ammirata.

A sparare, verso gli agenti, Francesco Piccioni, conosciuto con il nome di battaglia "Michele" e Braghetti, come appurato nel corso delle indagini della Digos. Per il maresciallo Mea e l'appuntato Ollanu non c'è stato niente da fare. Raggiunti dai colpi di arma da fuoco hanno perso la vita. Rimasto ferito gravemente Ammirata. Quel giorno è passato alla storia come l'eccidio di piazza Nicosia e viene ricordato ogni anno dalle forze dell'ordine.

L'omicidio a Vittorio Bachelet alla Sapienza

Ancora latitante, l'anno dopo, il nel maggio del 1980, Braghetti ha partecipato all'attentato a Vittorio Bachelet, all'epoca  vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet. Bachelet era docente all'università degli studi di Roma La Sapienza quando è stato raggiunto dagli spari. Aveva appena finito la lezione, il 12 febbraio del 1980. Con lui si trovava la sua assistente, Rosy Bindi e dietro di loro alcuni studenti.

"In quel momento dietro di lui ho visto il volto di Braghetti, il professore ha cambiato espressione e ho capito – ha poi raccontato in tempi recenti Rosy BindiHo sperato in una gambizzazione, ma sapevo che non succedeva da tempo. Braghetti ha sparato. E poi è arrivato il colpo alla nuca", quest'ultimo esploso da Bruno Seghetti. In totale sono stati sette i proiettili calibro 32 Winchester verso Bachelet. "Non è venuto nessuno ad aiutarci, siamo rimasti parecchio tempo in attesa perché la facoltà era deserta: qualcuno aveva messo in giro la voce che in università ci fosse una bomba", ha poi concluso.

La nuova vita dedicata al sociale dopo l'arresto

Il 27 maggio dello stesso 1980 Braghetti è stata arrestata. Dopo il processo è stata condannata all'ergastolo. Nel periodo di detenzione, nel 1981, ha sposato in carcere Prospero Gallinari, uno dei dirigenti storici delle Brigate Rosse, da cui poi si è separata. Non ha mai chiesto benefici o sconti di pena e ha ottenuto la libertà condizionale soltanto dopo 22 anni di carcere, nel 2002. Da quel periodo la sua vita è cambiata. All'attivo aveva due pubblicazioni di libri, come anticipato, uno scritto con Francesca Mambro. Poi ha iniziato il suo impegno nel sociale.

Ha lavorato con l'Arci, poi ha proseguito con il volontariato per supportare le persone più svantaggiate: da vittime di violenza di genere, a persone con disagi lavorativi. Ha lavorato soprattutto con detenuti, ex detenuti e con le loro famiglie, prestando assistenza e aiuto.

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