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Camilla morta a 9 anni mentre sciava: niente carcere per 3 imputati, pagheranno 45mila euro

“Me l’hanno ammazzata un’altra volta” è il commento pieno di dolore del padre di Camilla Compagnucci, dopo la sentenza del giudice che ha condannato tre su quattro imputati nel processo per la morte di sua figlia a pagare 45mila euro ciascuno, ma niente carcere. Il quarto sarà processato con il rito abbreviato.
A cura di Alessia Rabbai
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Sei mesi di reclusione divenuti un risarcimento di 45mila euro ad imputato. Questa la decisione del giudice nei confronti di tre dei quattro imputati a conclusione del processo per la morte di Camilla Compagnucci, la bambina romana di nove anni di Monteverde deceduta in un incidente sulle piste della via Lattea tra il Sestriere e Sauze d'Oulx, il 2 gennaio del 2019. I responsabili della società Sestriere Spa avrebbero dovuto occuparsi della corretta manutenzione. La piccola è infatti uscita fuori pista, andandosi a scontrare e battendo la testa contro una barriera frangivento irregolare ed è morta, dopo alcune ore dall'arrivo all'ospedale di Torino, per le gravissime ferite riportate. "Me l’hanno ammazzata un’altra volta" ha detto il papà di Camilla, Francesco, rimasto profondamente deluso dalla sentenza e pieno di dolore. Come riporta Il Messaggero ieri il giudice si è espresso sulla richiesta di patteggiamento avanzata da tre dei quattro imputati per omicidio colposo, mentre per la quarta si svolgerà il rito abbreviato.

Camilla Compagnucci morta  a nove anni mentre sciava

Fino all'ultimo i genitori di Camilla hanno sperato in una giustizia diversa, ma tre dei quattro responsabili della morte della loro figlia, che avrebbero dovuto occuparsi di una corretta manutenzione della pista da scii e invece non l'hanno fatto, non andranno mai in carcere, ma pagheranno una multa di 45mila euro ciascuno alla famiglia. Le quattro persone iscritte nel registro degli indagati dalla Procura di Torino per la morte di Camilla sono le stesse che erano stati indagati per un procedimento simile, per la morte del trentunenne Giovanni Bonaventura, deceduto il 20 gennaio del 2018 sull'altro versante della Val di Susa. Un'unica inchiesta che ha visto sotto accusa l'uso delle barriere frangivento.

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