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Camere vuote per il Covid ai senzatetto: un Ostello dà l’esempio con l’aiuto di Sant’Egidio

L’ostello Yellowsquare a due passi da Stazione Termini ospita i senzatetto in questo momento di emergenza grazie a un protocollo siglato tra Sant’Egidio e Federbalberghi. “A marzo e aprile abbiamo ospitato gratuitamente chi ne aveva bisogno, ora applichiamo le stesse tariffe che applichiamo ai dipendenti”. Sant’Egidio: “I privati sono disponibili manca l’azione del Comune”.
A cura di Sarah Gainsforth
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«Il freddo ti entra nelle ossa. Se non fai una doccia calda dura tutto il giorno, e stai male».  Maurizio ha passato sei anni in strada. Ultimamente dormiva fuori dal Pertini insieme a Franco. Entrambi, a novembre, hanno chiamato Alex Moscetta, coordinatore per la Comunità di Sant’Egidio. «Non ce la facevano più per il freddo» dice lui. Oggi Franco e Maurizio sono tra le 15 persone ospitate dall’ostello Yellowsquare in via Palestro, a due passi dalla Stazione Termini.

Il nome dell’ostello, Yellowsquare, richiama la piazza pubblica. «L’idea è quella di favorire le relazioni» racconta Marco Coppola, membro del direttivo romano di Federalberghi, che insieme al fratello ha aperto l’ostello. «Nella stessa via abbiamo aperto anche un bar, un parrucchiere, spazi in condivisione e per co-working, organizziamo iniziative nel quartiere, passeggiate, lezioni di cucina, insomma esperienze che facciano entrare in contatto i turisti con il territorio». Proprio l’apertura al territorio ha spinto Coppola a mettersi a disposizione di Sant’Egidio per l’accoglienza di persone senza tetto all’inizio del lockdown. La sinergia tra Federalberghi, l’assessore alle politiche sociali del Primo Municipio Emiliano Monteverde e Sant’Egidio, ha funzionato «A marzo e aprile abbiamo ospitato gratuitamente chi ne aveva bisogno» racconta Coppola. La decisione è arrivata dopo che un piano dell’ostello era stato riadattato per ospitare 20 dei circa 75 dipendenti. «Alcuni vengono da fuori e già usufruivano di un alloggio legato al lavoro, e si sono spostati qui; altri hanno trovato più conveniente affittare una stanza nell’ostello che altrove. A questo punto ho pensato: perché non ospitare anche chi non ha una casa? Ho chiamato Moscetta e gli ho detto: noi ci siamo».

Dopo l’estate l’ostello è tornato a disposizione per l’”emergenza freddo” con le tariffe applicate ai dipendenti (350 euro al mese per una singola) specifica Marco, perché l’apertura dell’ostello comporta dei costi. Federalberghi ha siglato un protocollo con Sant’Egidio. «Ma lo facciamo ogni anno – dice Coppola – Per questo siamo rimasti male quando la Sindaca ha fatto appello a Federalberghi per aprire gli alberghi. Gli accordi tra privati già si fanno». Quello che manca è il coinvolgimento del Comune. Ogni anno per l’emergenza freddo il Comune attiva circa 200 posti oltre ai circa 1000 ordinari per l’accoglienza notturna. Ma quest’anno alla carenza di ulteriori posti letto si è sommata la necessità di posti per l’isolamento, tamponi e accompagnamento alle strutture per l’isolamento, e la macchina si è inceppata. Con il Covid molti che erano ospitati da parenti e amici o nei centro di accoglienza ordinari sono rimasti per strada.

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A dicembre Il Comune ha fissato un incontro con Federalberghi. «Ma si sarebbe potuto attivare una convenzione già a marzo. Di più, ogni anno si potrebbe sfruttare il periodo di bassa stagione, quando i prezzi per le camere in alcune zone sono molto bassi. E se ogni albergo – parliamo di 900 alberghi a Roma – mettesse una stanza a disposizione si potrebbero ospitare centinaia di persone senza dimora, gli altri ospiti degli alberghi neanche se ne accorgerebbero», sostiene Coppola, illustrano i vantaggi della mixitè.

Zero assegnazioni e tagli al sociale

Maurizio e Franco pagano puntualmente l’affitto per la stanza condivisa nell’ostello. Maurizio ha ottenuto quest’anno il reddito di cittadinanza, Franco prende una piccola pensione, poche centinaia di euro. «Ho fatto il cuoco, il cameriere, il barista, ma sempre in nero» racconta Franco, 60 anni. «Per strada non vivi, sopravvivi», dice Maurizio, invalido al 70%. Entrambi hanno fatto la domanda per una casa popolare. Maurizio l’ha fatta tre anni fa. «Mi dissero che mancava poco. Poi con il Covid non sono più potuto andare di persona al Comune per avere informazioni. Mi hanno dato un foglio con un numero da chiamare per prendere appuntamento ma non risponde mai nessuno, e non ti richiamano. Non ho più potuto parlare con l’assistete sociale. Ho mandato tre volte una email, sono passato due mesi, non ha mai riposto nessuno» racconta, frustrato, Maurizio. Franco aspetta inutilmente una risposta da 25 anni: il bando è ripartito da zero nel 2012 e solo chi aveva il massimo punteggio è rimasto in graduatoria. Moscetta lo rassicura: «la domanda per la casa si può implementare».

A ottobre erano oltre 13mila i nuclei in lista per una casa popolare a Roma. Negli ultimi tre mesi non ne è stata assegnata neanche una. Non si conosce ancora il numero di assegnazioni nel 2020. Il dato è emerso in una Commissione Trasparenza richiesta da Unione Inquilini il 22 gennaio. I nuclei singoli, come Maurizio e Franco, sono quelli che restano più a lungo in lista, anche se in cima alla graduatoria, perché gran parte del patrimonio pubblico è composto da alloggi grandi adatti a nuclei numerosi, che quindi ottengono prima le case che si liberano. Sul versante delle politiche sociali le cose non vanno meglio. Il bilancio di previsione del Comune prevede un taglio di circa 40 milioni di euro al sociale. «Un taglio consistente, spalmato sui Municipi dove i servizi sono decentrati», spiega Monteverde. Dopo le proteste il Comune ha fatto un passo indietro, promettendo lo stanziamento di circa 15 milioni di euro, 1 milione per municipio, con un emendamento.

Case da condividere: la proposta di Sant'Egidio

«Sant’Egidio porta avanti a Roma una forte battaglia per l’housing first (“prima la casa”) un percorso per aiutare le persone a trovare una casa da condividere». I progetti di housing first sono l’ultimo anello di un percorso per superare l’assistenzialismo. La casa, l’alloggio stabile, è “l’ultimo miglio” di un percorso di uscita da una situazione di disagio, ma è anche la base necessaria per poter affrontare tutte le altre problematiche legate all’essere senza dimora: mancanza di lavoro, dipendenze, problemi di salute, carenza di reti di relazione.

«A Roma sono tante le case vuote» nota Moscetta. A fonte di circa 8.000 persone che passano la notte in strada, secondo la stima di Sant’Egidio, ci sono 115.000 case vuote secondo l’Agenzia delle Entrate. «Peraltro tra IMU, rifiuti e condominio, le case sfitte sono un costo. Perché non metterle a disposizione? L’esperienza del Covid dovrebbe averci insegnato la solidarietà. Se possediamo qualcosa che non usiamo mettiamola a disposizione, diamogli una redditività sociale. La casa è qualcosa che cambia e salva la vita delle persone. La nostra è una battaglia culturale. Le persone non vogliono tornare a vivere in strada, e con quel poco hanno vogliono e possono pagare un affitto. Se lo Stato agevolasse questo meccanismo, salverebbe tante vite» conclude Moscetta.

Insieme alla Fondazione Toffee For Charity Onlus, Sant’Egidio ha dato vita al progetto "Una casa per ricominciare", per donne in precarietà abitativa. «Abbiamo cercato case da gestire in comodato d’uso con un accordo con i proprietari: la Fondazione paga le spese, che Sant’Egidio paga al proprietario della casa» racconta Moscetta. Il primo progetto di housing first avviato un anno fa da Sant’Egidio con fio.PSD e il sostegno di Cisco, di durata quadriennale, ha già assicurato una dimora stabile a 14 persone. «Negli ultimi anni Sant’Egidio è riuscita a togliere centinaia di persone dalla strada. È possibile, si può fare» conclude Moscetta.

Il Primo Municipio ha appena convertito due centri anziani per l’accoglienza notturna di persone senza dimora, perché il freddo sta tornando. A febbraio scorso, in collaborazione con Acli Roma, BINARIO 95 e Europe Consulting, il Municipio ha aperto un centro in via Sabotino per l’accoglienza rivolti a donne e persone trans. «Ma oltre i numeri – i posti letto in accoglienza notturna che non bastano – quello che manca sono le idee, l’innovazione» sostiene Monteverde, a proposito della gestione istituzionale del problema della casa. Se il Municipio non ha competenza nella gestione dell’accoglienza e dei grandi numeri, fornisce però un contributo economico ad alcuni progetti personalizzati, gestiti insieme a San’Egidio e alla Casa dei Diritti Sociali. «Lavoriamo su casi e settori specifici, con percorsi sulla persona. Le associazioni costruiscono, insieme a ognuno, un progetto personalizzato e noi forniamo un sostegno economico. Ad oggi sono 37 i percorsi avviati. Conosco personalmente uno degli utenti, lo vedevo in strada vicino casa mia. Oggi coabita in un appartamento e cerca un lavoro. L’altro giorno – racconta Monteverde – mi ha chiesto l’amicizia su Facebook». Ognuno ha la sua storia, il suo percorso. «L’altro giorno Maurizio è andato a tagliare i capelli – racconta Moscetta – per chi non lo faceva da tempo, significa riprendere in mano la propria vita».

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