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Adelina Sejdini suicida per non aver avuto cittadinanza, l’amica: “Sulla bara vogliamo quel foglio”

Adelina Sejdini aveva fatto arrestare decine di persone appartenenti alla mafia albanese. “Le istituzioni l’hanno abbandonata”, denuncia l’amica.
A cura di Natascia Grbic
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"Era sola, ha dato la vita per lo Stato italiano e le istituzioni l'hanno abbandonata. L'unica cosa che chiedeva era la cittadinanza italiana. Vogliamo e pretendiamo dalla prima carica italiana che sia pagato il funerale e che sulla bara ci sia quel foglio". A parlare, a Fanpage.it è Marina Brasiello, presidente dell'Associazione Vittime di violenza – IO NO e amica di Adelina Sejdini,la donna di 46 anni che lo scorso sabato si è lanciata da Ponte Garibaldi, morendo sul colpo. "Voleva solo la cittadinanza, abbiamo lottato come lupi, ma non ci siamo riusciti. Aveva avuto un coraggio estremo, ha denunciato i suoi aguzzini e li ha fatti arrestare. Poi è arrivato il cancro, un'altra battaglia da combattere. Adelina, che ha dato la vita per l'Italia, è stata lasciata sola dalle istituzioni. Un prete le aveva dato una stanza, noi le pagavamo il taxi per andare a fare la chemioterapia perché non poteva muoversi. Ha sgominato con la sua determinazione la banda che gestiva il racket della prostituzione, era giusto che avesse almeno il riconoscimento della cittadinanza italiana".

Adelina era stata rapita in Albania quando era solo un'adolescente: arrivata in Italia nel 1996, è stata costretta a prostituirsi da una banda di persone appartenenti alla mafia albanese. Grazie a lei quaranta di queste erano state arrestate, altre ottanta denunciate. Sul suo corpo, portava i segni di quegli anni: le cicatrici lasciate dalle percosse, dagli stupri, dalla violenza che era stata costretta a subire. Avrebbe voluto solo la cittadinanza italiana: ma Adelina, così importante per aver contribuito a smantellare buona parte della mafia albanese, è stata dimenticata tra le pieghe della burocrazia. All'ultimo rinnovo del permesso di soggiorno le hanno tolto lo stato di apolide e riconosciuto la cittadinanza albanese: uno schiaffo in faccia per la 46enne, che aveva il terrore di tornare nel suo paese natale. "Adelina amava l'Albania – continua Brasiello – ma quello era per lei il paese che l'aveva distrutta. Senza la cittadinanza italiana, inoltre, non poteva fare richiesta per la 104 (era invalida al 100%, N.d.R.), né fare la richiesta per una casa popolare o altri aiuti".

Sabato 28 ottobre Adelina era andata al Viminale e si era data fuoco in segno di protesta. "Mi hanno chiamata per dirmi cosa era successo, sono andata in ospedale a vedere come stava ma per la questione del covid non sono potuta andare a parlare con lei. Pensavo che la sua fosse solo una dimostrazione. E invece poi si è tolta la vita. Noi, amiche di Adelina, siamo arrabbiate, furiose: aveva diritto alla cittadinanza, ha dato la vita per far arrestare quegli assassini. Ha lottato, e ora che non può più noi lotteremo per lei. Su quella bara vogliamo il foglio dal presidente della Repubblica, come simbolo di giustizia per le donne abbandonate dallo Stato". L'Associazione e tutte le donne che in questi anni hanno sostenuto Adelina hanno scritto a Sergio Mattarella per farle ottenere la cittadinanza, anche se postuma. Per il 20 novembre, invece, è stata organizzata una commemorazione a Ponte Garibaldi, dove Adelina è morta. "Andremo avanti per lei e per tutte le ragazze che passano l'inferno – conclude Brasiello – Non vogliamo più sentire scuse. Adelina non meritava questa fine".

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