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Recitare le preghiere a voce alta è reato: lo dice la Cassazione

Chi recita ad alta voce le preghiere solo per dare fastidio al sacerdote commette il reato di “turbamento di funzione religiosa”. A stabilirlo è la Cassazione con la sentenza numero 3072/2017 che conferma la condanna nei confronti di alcuni fedeli del culto cristiano evangelico.
A cura di B. C.
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Chi, durante la messa, recita le preghiere ad alta voce, tanto da coprire la voce del parroco commette il reato di “turbamento di funzione religiosa”. A sancirlo è la Cassazione chiamata a decidere quello che sicuramente è un originale all’interno di una comunità di cristiani evangelici. E’ stata la sentenza numero 3072/2017 a confermare la condanna nei confronti di alcuni fedeli del culto cristiano evangelico che prendevano assiduamente parte alle funzioni e il cui comportamento degli imputati era considerato “volutamente ostruzionistico e nascente da un conflitto interno” alla comunità religiosa stessa.

Secondo quanto scrive il sito di informazione legale ‘Studio Cataldi’ nella condotta del gruppo di fedeli era emerso il "disegno" finalizzato ad "impedire e turbare l'esercizio delle funzioni, delle cerimonie e delle pratiche di culto celebrate dai ministri competenti". Insomma, si legge, "i contestatori pregavano a voce così alta da coprire quella degli altri, oltre ad insultarli e minacciarli". I giudici di merito non hanno avuto quindi nessun dubbio "nel considerare legittima la condanna, confermata ora anche dai giudici di piazza Cavour per i quali la motivazione della sentenza impugnata è esente da critiche". "Ad inchiodare i fedeli – conclude il sito di consulenza legale – ci sono, peraltro, le dichiarazioni convergenti di alcuni testimoni. Da qui l'inammissibilità del ricorso".

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