Violenza sessuale, perché Lega, Forza Italia e FdI hanno bloccato il ddl sul consenso

Nel giorno simbolo della lotta contro la violenza di genere il Parlamento si sarebbe dovuto muovere in modo unitario. L'accordo politico prevedeva un doppio passaggio: alla Camera il via libera alla nuova fattispecie di reato di femminicidio con l'ergastolo; al Senato il voto definitivo sulla riforma della violenza sessuale che introduce il principio del "consenso libero e attuale". Ma a Palazzo Madama tutto si è bloccato.
A denunciare il dietrofront è stata, per prima, Debora Serracchiani (Pd), intervenuta in Aula alla Camera durante il dibattito sul ddl Femminicidio: "Oggi l'accordo politico prevedeva l'approvazione della legge sul consenso anche al Senato. Invece la maggioranza ha bloccato tutto, chiedendo audizioni e senza dare alcuna data di rinvio. È un comportamento inaccettabile, soprattutto per le donne che soffrono", ha detto l'esponente dem, ricordando come lo stesso testo fosse stato votato all'unanimità a Montecitorio, dalla maggioranza compresa. A unirsi alla protesta è stata anche Maria Elena Boschi (Iv), che ha parlato di "voltafaccia evidente" e annunciato che il suo gruppo non accetterà più alcuna riformulazione sugli ordini del giorno del dl Femminicidi. "Dopo l'impegno solenne di tutte le forze politiche, oggi la maggioranza ha sospeso l'esame in commissione Senato, rinviando il voto sine die. Avevamo ritirato gli emendamenti per garantire un voto unanime: scoprire che la maggioranza rinnega l'intesa è un segnale pessimo per il Paese", ha dichiarato.
Schlein: "Grave fare rese dei conti elettorali sulla pelle delle donne"
Proprio mentre alla Camera si concludeva il percorso del ddl Femminicidio, la segretaria del Pd Elly Schlein ha commentato la notizia del dietrofront: "Ho sentito la presidente Meloni, le ho chiesto di far rispettare l'accordo raggiunto", ha dichiarato Schlein, ricordando che la riforma del 609-bis, frutto di un lavoro bipartisan e già votata all'unanimità a Montecitorio. "Abbiamo raggiunto un compromesso così come fatto su quella sul consenso. Auspico che anche la premier faccia rispettare quell'accordo perché sarebbe grave se sulla pelle delle donne si facessero rese dei conti post elettorali all'interno della maggioranza".
Cosa è successo al Senato: Lega, FdI e FI chiedono "approfondimenti" e audizioni
La rottura arriva nel primo pomeriggio. La commissione Giustizia del Senato, che avrebbe dovuto dare il via libera finale al ddl già approvato dalla Camera, si blocca. Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia chiedono infatti un supplemento di valutazione sul testo, con un ciclo di audizioni. Il tema contestato è soprattutto la definizione di "consenso libero e attuale" all'interno della riforma del 609-bis. Le opposizioni, Pd, M5s, Avs, Iv, abbandonano i lavori in segno di protesta: "È un fatto gravissimo", denuncia Devis Dori (Avs), "la ministra Roccella intervenga qui e spieghi perché si rompe un accordo raggiunto perfino su impulso della premier Meloni".
Il presidente del Senato Ignazio La Russa, che in conferenza dei capigruppo si era detto favorevole a portare subito il testo in Aula proprio per il valore simbolico del 25 novembre, ammette che nella maggioranza "si chiedono valutazioni nel merito" e che "se passano pochi giorni non cambia nulla". Una posizione che alimenta ulteriormente la tensione.
La risposta della presidente della commissione Bongiorno: "Il testo non sarà affossato"
Dopo ore di scontro politico, interviene la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno (Lega), che prova a rassicurare: "Chi vuole far passare l'idea che si voglia affossare la legge si sbaglia. Il provvedimento è arrivato oggi in commissione: ho verificato se ci fosse unanimità nel rinunciare agli emendamenti, ma non c'era. Il centrodestra chiede correzioni alla luce di alcune audizioni. Ci sarà un ciclo mirato, breve. La norma è importantissima e va fatta".
Michela Di Biase (Pd): "Se non c'è consenso, c'è stupro"
Per Michela Di Biase (Pd), relatrice del testo alla Camera, si tratta invece di "un voltafaccia inspiegabile e gravissimo". Sarebbe grave rimettere in discussione un testo approvato all'unanimità appena una settimana fa. È un messaggio politico alla presidente Meloni, che aveva lavorato con la segretaria Schlein per favorire la convergenza", sostiene.
"Siamo davanti a un cambio di paradigma epocale che introduce nel nostro ordinamento penale un principio semplice e fondamentale: se non c'è consenso, c'è stupro. Sarebbe davvero grave se polemiche e diatribe interne alla maggioranza – o veri e propri messaggi politici, tutti interni alla destra – impedissero al nostro Paese di compiere un passo così importante verso la tutela dei diritti e della dignità delle donne".
Le opposizioni promettono "battaglia" in Aula. La maggioranza assicura che il provvedimento non verrà archiviato. Nel mezzo, ancora una volta, le donne, che questa legge l'aspettano da tempo.