
Il generale Vannacci, da poco nominato vicesegretario della Lega, questa volta l'ha sparata davvero grossa. Non è la prima volta che l'europarlamentare si cimenta in riflessioni strampalate, razziste e discriminatorie – per citare un esempio su tutti basta ricordare i "tratti somatici" della campionessa olimpica dell'Italvolley femminile Paola Egonu che non rappresenterebbero "la maggioranza degli italiani" – affermazioni violente che lo hanno aiutato ad accrescere il suo consenso solleticando gli istinti più beceri. Il suo ultimo post sui social non è da meno.
"Quando un uomo uccide una donna qualcuno lo vorrebbe chiamare femminicidio e si tira in ballo la mascolinità tossica e il patriarcato. Ma quando una donna uccide una donna a causa di una relazione sentimentale (per così dire) come mai nessuno fa paragoni e promuove l'espressione di femminilità tossica e il matriarcato? Quando io dico che una delle cause più accreditate di questo genere di crimini è l'aver educato dei giovani deboli e l'aver elevato la debolezza ad una virtù vengo confermato da queste purtroppo tragiche vicende". Vediamo intanto da dove parte questo capolavoro di controsenso e perché il generale ha detto un'imbarazzante castroneria.
Vannacci prende spunto dall'episodio di cronaca avvenuto il 23 maggio scorso alla periferia est di Napoli, che ha visto la 35enne Ilaria Capezzuto sparare alla sua compagna, la 31enne Daniela Strazzullo (deceduta il giorno dopo) per poi togliersi la vita con la stessa arma. Ma il suo ragionamento e il paragone tra "femminilità tossica" e "mascolinità tossica" non reggono, anzi traballano vistosamente.
Quando parliamo di "mascolinità tossica" ci riferiamo a un concetto ormai entrato da tempo nel dibattito sulla violenza di genere, e analizzato anche in ambiti accademici: ci si riferisce a quell'esasperazione di tratti legati alla virilità e portati all'eccesso, un insieme di criteri all'interno dei quali si ritiene debba muoversi il vero uomo per essere ritenuto tale, comportamenti stereotipati e credenze distorte che identificano il ruolo maschile, che il maschio declina in vari modi per esercitare il suo potere e mantenerlo, negando qualsiasi vulnerabilità o fragilità.
Uno studio pubblicato sul Journal of School Psychology definisce la "mascolinità tossica" come "La costellazione di tratti socialmente regressivi [maschili] che servono a favorire il dominio, la svalutazione delle donne, l'omofobia e la violenza gratuita" (Kupers, 2005). Molto sinteticamente, la mascolinità tossica, che oltre a essere nociva per gli stessi uomini può tradursi a volte in atteggiamenti anti-femminili e misogini, è un pilastro su cui poggia la società patriarcale, spesso alla base dei femminicidi, cioè gli omicidi di donne per motivi legati al genere.
Il femminicidio è un fenomeno a sé, ben circoscrivibile, per il quale è stato non a caso introdotto un reato specifico "qualificando come tale il delitto commesso da chiunque provochi la morte di una donna per motivi di discriminazione, odio di genere o per ostacolare l’esercizio dei suoi diritti e l’espressione della sua personalità", come spiegava un comunicato del ministero dell'Interno dopo l'approvazione dello schema di disegno di legge recante "Introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime".
Secondo l'Osservatorio Femminicidi Lesbicidi Transcidi (FLT) in Italia di Non Una Di Meno (NUDM), che aggiorna i suoi dati l'8 di ogni mese, nel 2025 ci sono stati già 27 femminicidi, 3 suicidi di donne, 1 suicidio di un ragazzo trans, 1 suicidio di una persona non binaria, 5 casi in fase di accertamento, morti imputabili alla violenza di genere e eterocispatriarcale. A questi si aggiungono altre 21 tentati femminicidi.
Vannacci parla di "femminilità tossica", un concetto che non ha coniato lui, ma di cui si parla in psicologia quando ci si vuole riferire a uno schema di comportamento che danneggia innanzi tutto le stesse donne, e che può provocare effetti negativi anche all'esterno: le donne possono essere portate all'esasperazione dei propri tratti femminili, per raggiungere determinati scopi. Gli effetti possono essere una smodata competizione con le altre donne, o l'utilizzo della manipolazione nelle relazioni sentimentali. Oppure alcune donne possono aderire in modo rigido a ruoli subordinati rispetto agli uomini, rispettando determinati stereotipi di genere, nel tentativo di rientrare all'interno di aspettative culturali e sociali. Ma in che modo questo può avere a che fare con la morte di Daniela Strazzullo a Napoli il generale Vannacci non lo dice.
L'europarlamentare però mette sullo stesso piano la femminilità tossica e la mascolinità tossica, come se fossero un po' due facce della stessa medaglia, fingendo di ignorare che in Italia, il numero di donne che uccidono i loro partner (uomini o donna che sia non importa) è di gran lunga inferiore rispetto a quello degli uomini che uccidono le loro partner. Nel 2023 per esempio (elaborazione del Sole24 Ore su dati Istat), delle 69 persone uccise dal partner, ben 64 erano donne, stiamo parlando del 92,75% dei casi. Una evidente sproporzione.
Vannacci finge soprattutto di non sapere che la cultura patriarcale produce la violenza di genere contro le donne. Ma non esiste, e lo dicono i numeri, una violenza di genere codificata contro gli uomini che poggi su una matrice culturale, come prodotto derivato di una cultura del possesso e della sopraffazione femminile a scapito degli uomini. Non stiamo dicendo ovviamente che gli uomini non subiscono violenza (anche psicologica) da parte delle donne. Ma non parliamo di un allarme sociale o di un diffuso e stratificato problema culturale. Il patriarcato, che ha come effetto l'oggettificazione della donna, e il tentativo dell'uomo di schiacciarla in ruoli subalterni, purtroppo esiste ancora, con buona pace del ministro Valditara (stesso partito di Vannacci), secondo cui il patriarcato sarebbe invece morto 200 anni fa, per lasciare spazio solamente a "residui di maschilismo", e di "machismo".
Infine Vannacci nel suo post fa un'insalata, citando l'espressione "matriarcato", che non è altro che un'istituzione sociale in cui la donna ha il predominio e il potere in quanto madre e capo di famiglia. Matriarcali sono quelle società in cui le donne occupano le sfere più alte della vita pubblica. E ancora una volta il generale sembra riferirsi a una realtà e a un Paese completamente diversi da quello in cui viviamo. Come possa essere definita una società ‘matriarcale' l'Italia, dove le donne nelle istituzioni sono ancora sottorappresentate è davvero un mistero. Qualche dato potrebbe essere utile anche al generale Vannacci: in totale nei Palazzo ci sono 623 persone, tra esponenti di governo e Parlamento: di questi solo 209 sono donne, cioè il 33,6%; nel governo, il primo guidato da una donna, la componente femminile è il 30,2%, a Montecitorio il 32,3%. Valore più alto a Palazzo Madama, dove le donne rappresentano il 36,1% degli eletti. La conseguenza di queste percentuali è che le donne avranno meno possibilità di incidere sull'agenda politica e nel processo decisionale.
