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Valente (Pd) a Fanpage.it: “Uomini gestiscono il potere nel Pd, noi donne dobbiamo avere più forza”

Valeria Valente, senatrice del Partito Democratico, ha spiegato a Fanpage.it la sua opinione sulla polemica scoppiata all’interno del partito sulla nomina di tre ministri maschi su tre nel governo Draghi. “Questa decisione fotografa uno stato dell’arte: nel Pd il potere lo gestiscono gli uomini in modo esclusivo, c’è un problema nel riconoscere leadership femminili”. Serve un cambio di paradigma, ma anche le donne devono fare di più: “Il potere nessuno te lo cederà se non cerchi di prenderlo”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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La polemica interna al Partito Democratico è ufficialmente esplosa: dopo essere stato il gruppo che aveva chiesto con più forza di affrontare il tema della parità di genere, indicando la questione come una priorità assoluta del governo Draghi e in generale del nostro tempo, ha tre ministri nella squadra del nuovo esecutivo, ma neanche uno di loro è donna. A differenza di Forza Italia, due su tre, della Lega, una su tre, di Italia Viva, unica esponente al governo. Le parole scritte da Nicola Zingaretti immediatamente dopo le nomine ufficiali forse hanno anche peggiorato la situazione, quando ha scritto che si sarebbe speso per riequilibrare le cose in fase di scelta dei sottosegretari. Fanpage.it ha sentito Valeria Valente, senatrice del Partito Democratico, che ha risposto ad alcune domande su questa grande spaccatura che si è aperta all'interno del più grande partito di sinistra italiano.

Onorevole Valente, che idea si è fatta sul tema delle poche ministre donne al governo?

Io credo che il tema principale sia la difficoltà che ha la politica, e in questo momento sicuramente anche il Partito Democratico, nel riconoscere leadership femminili. Come se il potere fosse appannaggio esclusivamente degli uomini, credo che il punto sia tutto lì. Il tema adesso non è se Zingaretti avesse margine o chi ha fatto la scelta. Il tema è che questa decisione ha fotografato uno stato dell’arte, e lo stato dell’arte è che quelli che vengono riconosciuti dal Pd come leader sono soltanto uomini, perché c’è un problema nel Pd nel riconoscere e investire sulle leadership femminili.

E perché succede una cosa del genere?

Investire sulla leadership femminili significa dare opportunità, riconoscersi alla pari, sedersi a un tavolo quando bisogna decidere, condividere le informazioni. Su questo c'è ancora una difficoltà che è soprattutto di carattere culturale. Purtroppo la sinistra, in alcuni casi, in tanti passaggi della storia, ha mostrato questo limite. Poi devo dire che come donne possiamo fare anche noi un po’ di più, anche nell'interesse del Pd possiamo e dobbiamo fare di più, soprattutto nel fare squadra e nel riconoscerci tra noi, perché ciò che non ci danno gli altri dobbiamo provare a prenderlo da sole e investire sulle nostre leadership in una logica di maggiore solidarietà. È un po’ e un po’, non me la sentirei di gettare la croce né tutta sulle donne né sugli uomini, ma c’è sicuramente un problema.

Il segretario Zingaretti ha detto che con le nomine dei sottosegretari si riequilibrerà la situazione…

La storia dei sottosegretari non la vivrei e non la presenterei come un risarcimento, sarebbe la beffa dopo il danno. Le donne se vanno a fare i sottosegretari è perché ci dovevano andare, potevano fare i ministri e possono far i sottosegretari, perché hanno competenza, autorevolezza e sono capaci. Del resto la cosa più antipatica è che il Pd quando si tratta di scrivere, elaborare piattaforme, documenti, posizioni, le donne le sa valorizzare. Perciò il tema è proprio la gestione del potere, come se il potere fosse appannaggio solo degli uomini, ma nel lavoro crediamo d’essere già oggi protagoniste, e nei fatti lo siamo, quindi i sottosegretari vadano perché già ci dovevano andare, ma non può essere un risarcimento.

Non servirebbe a nulla insomma.

Sottosegretari e ministri non sono la stessa cosa. Sarebbe auspicabile che si capisca il valore del limite che abbiamo espresso, se ne capiscano a fondo le ragioni e ci si impegni collettivamente, uomini e donne, a superare questo gap. Non è problema delle donne, ma diventa un forte limite per tutto il Pd nel rappresentare quello che si muove nella società e nel mondo, proprio in questa fase dove le donne si stanno dimostrando tanto protagoniste, all’altezza e soprattutto la migliore risorsa nella quale investire per cambiare paradigmi e strategie del post pandemia.

Chiederete un confronto interno al partito per risolvere questo enorme tema che si è aperto?

Sì, lo chiederemo, sicuramente prima tra noi donne, e poi non escludo che possiamo chiedere anche un confronto agli organismi dirigenti di uomini e donne, perché crediamo che dovremmo discuterne tra noi e va bene, ma il problema non è delle donne, il problema è del partito. È il partito che paga un prezzo rispetto allo scollamento con quanto si muove fuori nel mondo, perché le donne sono protagoniste nella società. Presentare il proprio gruppo dirigente con soli uomini ti pone fuori dal contesto, fuori dal mondo, non in sintonia con quello che si muove nella società. È un limite del Pd, non è un problema di mancato spazio.

E sulla decisione dei tre ministri maschi: è stata veramente di Draghi in autonomia? 

Credo che formalmente l'abbia decise Draghi, questo dicono i gruppi dirigenti e io non lo discuto. Il tema è che loro hanno fotografato una situazione che frutto di quello che dimostra il Pd, di avere solo leadership maschili. Da giorni sui giornali c'erano nomi di soli maschi, dovevamo porci prima il problema. La scelta non capita a caso. Le responsabilità sono del gruppo dirigente maschile, ma più complessivamente di una cultura di cui il Partito Democratico è impregnato, e pure le donne devono fare di più. Il potere che gli uomini gestiscono in modo esclusivo nessuno te lo cederà se non cerchi di prenderlo, dobbiamo avere più forza ed essere più solidali tra di noi.

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