
La delegazione italiana è scesa in blocco dalla Flotilla, anzi no. La Flotilla è un ammasso di scappati di casa, ma bellino tu! La portavoce italiana Maria Elena Delia sbarca, l’hanno buttata fuori. No, rimane e guiderà le barche con la bandana in testa. No, allora le cose stanno così: ha deciso di scendere però oggi andrà a parlare con i leader dei partiti in Italia, perciò forse riuscirà a farlo prima che i droni ci sparino (di nuovo) in testa e sulle vele.
Immagino che in questi giorni ne abbiate lette e sentite di tutti i tipi. Figuratevi io, che sono qui su una di queste barche, che è stata ferma in rada, all’ancora, come tutte le barche della Flotilla negli ultimi due giorni e mezzo. Venivamo dalle immagini straordinarie delle manifestazioni nelle piazze, due giorni prima. Manifestazioni nei circoli e per le strade di tutta Italia, dibattiti nei festival e nelle parrocchie, e l’affetto che ci è arrivato e continua a non mancarci. Poi le chiacchiere ci hanno sommerso, prima quelle interne alla Flotilla, poi quelle dall’esterno. Poi il dibattito ha preso il sopravvento.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha prima smentito la premier Giorgia Meloni riconoscendo il valore politico e umanitario della missione, e poi ha chiesto alle persone partecipanti di provare in tutti i modi una trattativa per gestire gli aiuti umanitari e l’apertura di un corridoio sicuro. Infatti poco prima il governo italiano, nelle parole della stessa premier, aveva provato a mettere il cappello su un’idea – non ancora una proposta, ma un dialogo aperto – fra Yassine Lafram (presidente delle comunità islamiche in Italia, sulla mia stessa barca e vicino di letto) e il presidente della CEI Matteo Maria Zuppi (ave Zuppi, io facevo il tifo per te durante il conclave).
L’idea, nata da loro due e sostenuta anche dai due parlamentari del PD Annalisa Corrado e Arturo Scotto, anche loro su questa barca, era quella di riuscire a fare arrivare gli aiuti che trasportiamo in Palestina, senza passare per il controllo israeliano, non necessariamente però approdando con le barche nella Striscia di Gaza. E il governo, con il suo cappello maldestrissimo, ha raggiunto quello che probabilmente era il suo scopo sino dall’inizio: far fallire ogni possibilità di accordo, almeno fino a questo momento, perché sappiamo tutti che in politica il “mai” difficilmente è garantito per sempre.
A questo punto, ieri sera siamo ripartiti. La barca Zefiro non ce l'ha fatta, impossibile dopo i danni causati dai droni alla sua vela, e così l'abbiamo lasciata in Grecia. La nave Familia, nave madre partita con Greta Thumberg dalla Spagna, ha fuso il motore e il suo equipaggio è stato redistribuito sulle altre imbarcazioni. Alcune persone, e anche alcuni capitani, sono effettivamente sbarcati anche da altre barche, interrompendo la loro partecipazione alla missione quando già ci trovavamo in acque greche. Sia chiaro a tutti: è stato assolutamente legittimo e umano, perché i colpi ricevuti dai droni qualche giorno fa – quelle che abbiamo chiamato “bombe sonore” – non erano solo colpi audio, ma sono state capaci di tranciare anche alcuni cavi d’acciaio che tenevano le vele; perciò potete immaginare cosa sarebbe accaduto se quelle "bombe sonore" fossero esplose vicino alla testa di una persona invece che all’albero maestro.
No, mamma, non preoccuparti. So che stai leggendo questo pezzo, però la situazione davvero tragica, l’unica in questo momento veramente tragica, riguarda quello che sta accadendo a Gaza: un genocidio. E tra l’altro senza corridoi umanitari aperti e sicuri.
Per questo ieri sera la Global Sumud Flotilla ha infine deciso di ripartire. E per questo io sono ancora qui, come inviato di Fanpage.it, per continuare a raccontarvi quello che sta accadendo.
E allora ricomincio da qui: la notte è trascorsa bene, anche se l’avverbio è un po’ esagerato considerando le onde alte due metri. E soprattutto non dovrebbe essere normale abituarsi alla presenza di droni militari sopra la testa ed essere sollevati perché dai, ieri notte – almeno – non hanno sparato.
In questo momento la Flotilla ha rimesso le vele al vento, e io vi scrivo su un letto che balla, con lo schermo del computer mezzo rotto.
Ogni partenza porta con sé rischi, ma rimanere fermi avrebbe comportato il rischio più alto: diventare ininfluenti, smettere anche solo di provare a fare qualcosa di efficace per fermare un genocidio. Noi, qui, ci portiamo anche la responsabilità di chi, a terra, guarda a quello che facciamo con speranza.
Il nostro è un atto politico, perché dare da mangiare agli affamati è sempre una questione politica. E solo la politica, la buona politica, può risolvere i problemi a lungo termine. Per questo la missione umanitaria della Global Sumud Flotilla è per forza di cose anche una missione politica. Per questo ora stiamo continuando a viaggiare a cinque nodi e mezzo, direzione Gaza.
Fanpage.it è a bordo per dare parola e visione. Crediamo che raccontare da dentro sia un atto di liberazione, e che le parole abbiano senso solo quando vengono restituite. Per questo sono qui. Esserci non è un atto romantico, né un’avventura. E sicuramente non è un atto dannunziano, o futurista.
La Flotilla non naviga per sé stessa: naviga per ricordarci che ogni frontiera può e deve essere messa in discussione.
Personalmente, non posso guardare a questa ripartenza senza un moto di gratitudine. In un tempo in cui prevalgono la paura e il calcolo, qualcuno ha ancora il coraggio di provare a gettare il cuore oltre gli ostacoli. All’opposto del fascista “me ne frego” c'è sempre stato don Lorenzo Milano con il suo “I care”, cioè “mi appartiene”, "mi riguarda".
Il mare non tollera immobilismi, e la scelta di tornare a salpare non è solo logistica: è un gesto umano. L’ultimo possibile di fronte al genocidio del popolo palestinese.
Il mare, unione e divisione, è tornato a essere il luogo di un gesto collettivo di resistenza e di obbedienza alle leggi internazionali.
Ripartire vuol dire credere che, nonostante le difficoltà, esista ancora spazio per un’azione concreta e coraggiosa. La Flotilla non riparte per sé stessa: riparte per testimoniare, per denunciare, perché al mondo non ci siamo soltanto noi.
La Flotilla è ripartita perché l’indifferenza non può essere la nostra normalità.
In alto le penne!
