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News su migranti e sbarchi in Italia

Un nuovo dossier ci spiega perché abbiamo bisogno degli immigrati

I lavoratori immigrati in Italia generano il 9% dell’intero Pil del Paese: una cifra non solo in aumento, ma anche sensibilmente maggiore di quella destinata dall’Italia ai fondi internazionali per lo sviluppo. E un dato che il Dossier statistico sull’immigrazione nel 2019 realizzato da Idos utilizza per rispondere “all’inconcludente retorica dell’aiutiamoli a casa loro”.
A cura di Annalisa Girardi
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"Tra le estati 2018 e 2019 è indubbiamente trascorso un annus horribilis per l’immigrazione, con ben due decreti sicurezza, immediatamente convertiti in legge, che hanno colpito sia gli immigrati già presenti in Italia, il primo, sia quelli diretti verso il Paese, il secondo": con queste parole si apre il Dossier statistico sull'immigrazione nel 2019 realizzato da Idos. Un report che chiarisce attraverso i dati il panorama del nostro Paese in tema di immigrazione e presenza straniera sul territorio, per "una società che, senza paure infondate e chiusure preconcette, resti aperta al futuro e all’incontro con gli altri".

L'analisi parte dal primo nodo critico che ha interessato negli ultimi anni il dibattito politico e sociale, cioè la questione degli arrivi via mare dei migranti. E avverte: mentre si alimentava una retorica dell'invasione, "in realtà, a seguito dei discutibili e onerosi accordi che l’Italia ha stretto con la Libia, non solo già nel 2017 il numero dei migranti sbarcati nel Paese era diminuito di oltre un terzo rispetto al 2016". A pagare il prezzo delle politiche risultate nel crollo degli arrivi via mare, sottolinea il dossier, sono stati i migranti, o fermati dalla Guardia costiera libica e riportati nei campi di detenzione ("dove sono tornati a subire sevizie, stupri e torture"), oppure sono annegati nel Mediterraneo.

L'altro bersaglio delle politiche di contrasto alle rotte nel Mediterraneo sono state le navi delle Organizzazioni non governative. "A queste ultime, prima che una insistente campagna di criminalizzazione – spesso basata su accuse giuridicamente inconsistenti – ne riducesse di fatto il numero e la capacità di intervento, erano ascrivibili il 35% di tutti i salvataggi effettuati. Una percentuale scesa a meno del 10% nel 2019, per effetto della pratica dei porti chiusi, poi normata nel secondo decreto sicurezza, in base al quale oggi sono a rischio di confisca e di multa fino a 1 milione di euro tutte le imbarcazioni che, pur avendo a bordo persone soccorse in mare, non rispettino il divieto nazionale disbarco. In tale contesto, è sorprendente constatare che i 20 casi mediatici delle navi umanitarie cui il governo precedente ha vietato l’attracco, tenendole bloccate in mare per una media di circa 10 giorni ciascuna, hanno riguardato, nel complesso, una quota di migranti minoritaria a fronte delle migliaia che nel frattempo, a dispetto della propaganda dei “porti chiusi”, sono state lasciate approdare con i cosiddetti barchini fantasma". 

Tenendo quindi conto della drastica riduzione degli arrivi via mare e aggiungendovi la sostanziale chiusura dei canali regolari di ingresso per i cittadini non comunitari che tentano di arrivare nel nostro Paese per opportunità lavorative, rimane evidente che "da almeno sei anni la popolazione stranienra in Italia non è in espansione".

Quanti sono davvero gli stranieri in Italia

Quanti sono quindi davvero gli stranieri in Italia? Per prima cosa, sottolinea il report, "nel contesto dell'Unione europea, l'Italia (con 5.2 milioni) si colloca al terzo posto per numero di stranieri residenti, dopo la Germania (9,7 milioni) e il Regno Unito (6,3 milioni), precedendo la Francia e la Spagna (rispettivamente con 4,7 e 4,6 milioni)". Se si esamina, invece, l'incidenza della popolazione straniera su quella complessiva, allora il nostro Paese scende nella graduatoria, in quanto ci sono diversi Paesi dell'Unione, anche molto più piccoli, in cui vive una percentuale molto più altra di stranieri rispetto alla popolazione totale.

Inoltre, sottolinea Idos, fra gli stranieri residenti in Italia vengono contati anche i bambini nati da coppie straniere residenti nel Paese: è quindi importante sottolineare, quindi, che non si tratta di immigrati. Anche per questa categoria, tuttavia, pesa "l'inesorabile declino demografico dell’Italia, prossima ad avere oltre un terzo della popolazione complessivacon più di 65 anni e giovani minorennisolo ogni 8 abitanti". Si tratta di un punto fondamentale del dossier: "La mancata risoluzione della questione della cittadinanza per chi nasce in Italia, in un Paese in cui iniziano ad affacciarsi addirittura le terze generazioni di immigrati, costituisce uno di quei fattori che stanno contribuendo ad avviare processi didisaffezione e – soprattutto tra i più giovani e qualificati – anche di abbandono dell’Italia. Un fenomeno che sta assumendo proporzioni preoccupanti anche tra gli italiani, sia nativi che per acquisizione, i quali hanno ripreso a emigrare massicciamente, spopolando soprattutto le regioni meridionali".

Un ritmo di abbandono del Paese che ha anche ripercussioni sull'economia dello stesso e che, sommato al blocco degli ingressi e al calo della natalità, "sta inesorabilmente condannando l’Italia a diventare un Paese sempre più anziano, meno produttivo, più povero e meno competitivo a livello internazionale".

Chi sono gli stranieri in Italia

La metà degli stranieri che vivono in Italia sono di cittadinanza europea, mentre solo poco più di un quinto è di origine africana. Nella stessa percentuale sono presenti cittadini asiatici, mentre i provenienti dal continente americano sono 1 straniero ogni 14. "I più numerosi sono i romeni, che con 1.207.000 residenti continuano a rappresentare la prima collettività estera in Italia, precedendo di gran lunga i 441.000 albanesi, i 423.000 marocchini e, a maggiore distanza, i 300.000 cinesi e i 239.000 ucraini".

Inoltre, "a smentire la falsa credenza di un fanatismo e radicalismo religioso particolarmente diffuso tra gli immigrati", va notato che la presenza di musulmani, "sebbene sia la più stigmatizzata, sia bel lungi dall'essere quella maggioritaria". Infatti si tratta di un terzo degli stranieri presenti in Italia, mentre la maggioranza è di religione cristiana.

Il decreto sicurezza e l'aumento degli irregolari

Questi sono i dati emersi per quanto riguarda le persone regolarmente registrate. Tuttavia, rimarca il documento, bisogna tenere conto del fatto che "a causa del primo decreto sicurezza siano sensibilmente aumentati gli stranieri irregolari: questo decreto, infatti, da un lato ha abolito i permessi per protezione umanitaria, rendendone impossibile rinnovi e nuovi rilasci, dall’altro, istituendo permessi “speciali” più labili e difficilmente rinnovabili, ha ridotto e reso più precaria la platea dei beneficiari. Anche a seguito di tali revisioni, dai 530.000 stranieri irregolari stimati a inizio 2018, si è calcolato che entro il 2020 possano arrivare a oltre 670.000: un numero secondo solo a quello emerso nella grande regolarizzazione del 2002".

Ma i decreti sicurezza dell'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, non hanno penalizzato solo gli stranieri in Italia. Infatti, "il taglio dei fondi ha reso disoccupati migliaia di professionisti, tra operatori, psicologi, educatori, formatori, consulenti ecc. che lavoravano nei Cas per offrire assistenza, tenere corsi di italiano e gestire servizi di inserimento per i migranti ivi accolti". Con tutte le ritorsioni del caso sulla situazione, già di per sè vulnerbile dei migranti: "Nel confinare migliaia di richiedenti asilo in strutture prive di queste figure e senza possibilità di fruire di tali percorsi, destinandole a rimanerci per mesi e anni, le ha ancor più esposte, in questo ozio forzato, al reclutamento della criminalità organizzata, che ancor più agevolmente trova in questi centri la disponibilità di manodopera da sfruttare illegalmente".

Il risvolto economico

I migranti in Italia, vista la generale condizione avversa descritta, si inseriscono nel mercato del lavoro in posizione di svantaggio: ciò nonostante, "ai lavoratori immigrati è ancora ascrivibile il 9% del Pil nazionale (pari a un valore aggiunto di 139 miliardi di euro annui) e l’entità delle loro rimesse non solo è aumentata sensibilmente, passando dai circa 5 miliardi di euro del 2017 ai ben 6,2 miliardi
del 2018, ma ha ancor di più sopravanzato quanto l’Italia destina agli aiuti internazionali allo sviluppo
". Un dato che il dossier utilizza per rispondere "all'inconcludente retorica dell'aiutiamoli a casa loro".

Se si guarda ai dati, conclude l'analisi, "colpisce che il dibattito politico sia stato incanalato per mesi sui 5 miliardi di euro annualmente spesi dallo Stato (in realtà in parte coperti da fondi dell’Ue) per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti invasori, quasi a giustificare, davanti all’opinione pubblica, l’opportunità di decurtare tali fondi per spostarli piuttosto sui rimpatri degli irregolari trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), e molto poco si dice sui 109 miliardi di euro annualmente persi dallo Stato (una cifra quasi 22 volte superiore alla prima) a causa degli evasori fiscali e contributivi, in stragrande maggioranza italiani".

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