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Tunisia, Boldrini: “Ue e Meloni hanno legittimato un dittatore, senza preoccuparsi dei diritti umani”

“Abbiamo già visto in passato che sostenere i dittatori della sponda Sud del Mediterraneo è molto rischioso e non funziona. Il Memorandum con la Tunisia va rivisto, mancano i presupposti. Si è firmata una cambiale in bianco”: lo dice a Fanpage.it la deputata del Pd Laura Boldrini, appena rientrata da una missione in Tunisia.
A cura di Annalisa Girardi
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"Abbiamo trovato un Paese molto impaurito, che soffre e non trova la via d'uscita a questa crisi". Lo racconta Laura Boldrini di ritorno, insieme al collega di partito Peppe Provenzano, da una missione in Tunisia. La deputata del Partito ed ex presidente della Camera, parlando con Fanpage.it, descrive una situazione complicatissima nel Paese, che nell'ultimo anno è diventato snodo principale nella rotta migratoria dal continente africano a quello europeo. "C'è una crisi economica fortissima, con un impatto sociale importante, ma che nasce da una crisi politica. Il presidente Kais Saied a un certo punto ha deciso di interrompere in modo drastico il processo democratico, accentrando su di sé tutti i poteri e usando dei decreti presidenziali per limitare le libertà, politiche e civili", afferma.

Un Memorandum senza condizioni

Boldrini è appena rientrata dalla Tunisia. Ciò che raccontano i tunisini e le tunisine, afferma, è molto chiaro: chiunque metta in discussione il potere di Saied è considerato un traditore. "Chiaramente, chi vuole fare investimenti nel Paese, difronte a questa situazione di repressione, con un presidente che non ha neanche un piano economico, ci pensa due volte e, nella stragrande maggioranza dei casi, fa un passo indietro. Va detto che la crisi economica nasce prima dell’arrivo di Saied che, sfruttando il malcontento generale, ha potuto affermarsi e accusare indistintamente tutti i partiti e i corpi intermedi di corruzione. Cosa che continua ancora a fare e questo gli garantisce un qualche seguito nell' opinione pubblica. La situazione sociale è talmente grave che, ci ha spiegato un sindacato, il 90% dei giovani se ne vuole andare, perché non riesce a vedere un futuro".

Nonostante questo sia lo scenario sotto gli occhi di tutti, quest'estate la Commissione europea ha stretto un Memorandum d'intesa con il Paese, promettendo aiuti economici in cambio di un serrato controllo dei flussi migratori: "Come può la Commissione europea sottoscrivere un Memorandum, fortemente voluto da Giorgia Meloni, senza porre ancora condizione sul ripristino dei processi democratici? Come si può, con l'unico obiettivo di fermare i migranti, firmare una cambiale in bianco con un autocrate che sta trascinando il Paese verso una dittatura? E se bloccare gli sbarchi era l'intento, l'obiettivo è stato clamorosamente mancato e lo vediamo a Lampedusa", afferma la deputata.

La campagna d'odio contro i migranti subsahariani

Lo scorso febbraio il presidente Saied ha tenuto un discorso in cui ha accusato i migranti subsahariani di aggressioni, crimini e di cambiare, con la loro presenza, la composizione demografica della Tunisia per farne "un altro stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico". Queste parole hanno innescato odio e vera e propria caccia alle streghe nei confronti delle persone che, arrivate dai Paesi dell'Africa subsahariana, si trovavano in Tunisia per lavorare o di passaggio.  "Il discorso di febbraio di Saied ha incendiato gli animi di molti contro i migranti africani diventati capro espiatorio di una difficile situazione – afferma Boldrini – Ci hanno raccontato di persone bastonate per strada e addirittura scacciate dalle abitazioni dove vivevano. Non hanno altra scelta: non possono tornare a casa, perché le famiglie hanno investito i risparmi di una vita per farli andare a lavorare all'estero sperando poi di ricevere un aiuto economico, e non possono restare in Tunisia, in queste condizioni. L'unica alternativa che hanno è attraversare il mare".

Saied è il problema, non la soluzione

"Solitamente l'Unione europea, quando fa accordo con Paesi terzi, pone sempre come clausola dell'accordo il rispetto dei diritti umani: in questo caso non l'ha fatto", denuncia Boldrini.

Qual è allora la soluzione? "La Tunisia ha bisogno di essere aiutata, certo. Ma non si aiutano i tunisini e le tunisine facendo accordi con Saied senza porre condizioni sul ripristino dello stato di diritto. La Tunisia è stata il fiore all'occhiello delle rivoluzioni arabe. Negli anni successivi, però, le cose non sono andate nel verso giusto: i partiti al governo hanno deluso le aspettative, ci sono stati scandali e Saied ha cavalcato l’onda per arrivare a soffocare la libertà di espressione, reprimere l'opposizione politica e riscrivere la Costituzione accentrando i poteri su di sé", dice la deputata.

La storia di Chaima Issa

Nella sua missione in Tunisia Boldrini ha incontrato Chaima Issa, una donna di 43 anni che è stata perseguitata dal regime per essere un'attivista: "È stata accusata di tradimento ai danni dello Stato e di diffamazione per aver criticato, intervenendo in una trasmissione alla radio, le misure del presidente Saied. È stata cinque mesi in carcere, in detenzione in condizioni terrificanti, e da quando è stata liberata le è stato vietato di stare nei luoghi pubblici. Quindi è confinata in casa sua, non può lavorare né partecipare a nessuna iniziativa. Il suo è un caso emblematico di un'attivista che non rappresenta un pericolo, ma diventa bersaglio di persecuzione".

Boldrini e Provenzano, durante la loro missione nel Paese, nonostante le difficoltà, sono riusciti a parlare con esponenti di associazioni e sindacati, con politici di opposizione, magistrati e avvocati. "Abbiamo incontrato anche le Ong e gli organismi internazionali che lavorano nel Paese e chi si occupa di diritti umani. Insomma, abbiamo avuto tanti scambi e molti ci hanno detto che incontrandoci correvano rischi", ci racconta Boldrini, precisando che per queste ragioni va tutelata l'identità di quanti hanno denunciato ciò che sta accadendo.

Legittimare un dittatore

La deputata aggiunge: "L'Europa deve certamente aiutare la Tunisia, ma anziché facilitare la trattativa con il Fondo Monetario Internazionale, che applicherebbe condizioni di forte impatto sociale – venir meno delle sovvenzioni per i beni di prima necessità, tagli alla spesa pubblica, alle pensioni e ai servizi -, dovrebbe stanziare risorse negoziando con Saied alcune condizioni: il rilascio delle prigioniere e dei prigionieri politici, il ripristino dei diritti fondamentali, della divisione dei poteri e della libertà di espressione. Si sta parlando di un presidente – sottolinea la deputata –  che da un giorno all'altro ha chiuso il Parlamento con l'esercito, ha destituito il governo e il Consiglio superiore della magistratura e ha riscritto la Costituzione di suo pugno. Tutto questo non è accettabile".

La Tunisia di Saied non è un paese sicuro

Insomma, la Tunisia oggi non può più essere considerata un Paese sicuro, come ritiene invece il governo italiano. Mentre Boldrini e Provenzano si trovavano in missione nel Paese, il governo tunisino ha negato l'accesso a una delegazione del Parlamento europeo. Non è chiaro, quindi, se i due deputati dem saranno gli ultimi politici europei ad essere entrati nel Paese e vedere con i propri occhi quale sia la situazione reale. "I nostri colleghi a Bruxelles, i Socialisti & Democratici, hanno chiesto che – a maggior ragione dopo questo diniego – il Memorandum sia rivisto radicalmente. Mancano i presupposti, si è firmata una cambiale in bianco".

Boldrini sottolinea inoltre che appoggiare Saied non significhi nemmeno contenere l'immigrazione. Ma il contrario: "Saied non ha una ricetta economica per la ripresa del Paese. Il suo gradimento, che è comunque in calo, si nutre di odio e propaganda. Più lui resterà al suo posto, più i giovani tunisini cercheranno di andarsene per avere un futuro altrove. Solo quando in Tunisia si avrà la possibilità di un lavoro dignitoso e il rispetto delle libertà e dei diritti, le persone smetteranno di rischiare la vita per attraversare il Mediterraneo".

La questione tunisina in Parlamento

L'ex presidente della Camera pensa a possibili risvolti parlamentari della visita: "Vogliamo che questo tema sia al centro del dibattito. In commissione Esteri a Montecitorio abbiamo audito esperti e analisti, anche deputati tunisini che dopo la chiusura del Parlamento sono stati costretti a scappare all'estero. Tutti ci hanno detto quello che poi abbiamo ascoltato dai nostri interlocutori in Tunisia: finché ci sarà Saied il problema non si risolverà".

Boldrini quindi conclude: "Abbiamo già visto in passato che sostenere i dittatori della sponda Sud del Mediterraneo è molto rischioso e non funziona. E il costo è altissimo in termini di vite umane, di sofferenze, di diritti negati. Oggi, in Tunisia, in molti sono delusi dal governo italiano. Pensavano che il nostro Paese avrebbe contribuito alla soluzione dei problemi economici e al ripristino delle regole democratiche. Invece l'Europa e Meloni hanno legittimato un personaggio che sta trascinando la Tunisia verso la dittatura".

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