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Tredici milioni e non sentirli: il senatore Lusi e “l’immunità” del Pd

Il Pd espelle Luigi Lusi ma nessuno parla di processi. Il senatore ex Margherita, che tuttora siede sui banchi di Palazzo Madama, ha sottratto 13 milioni di soldi pubblici per uso personale, ma il partito di Bersani non si sente in dovere di invocare l’intervento della magistratura.
A cura di Enrico Nocera
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Luigi Lusi

Due sono le cose che colpiscono della vicenda che coinvolge il senatore Lusi: da un lato la totale “inconsapevolezza” della Margherita prima e del Pd poi. Com’è possibile sottrarre 13 milioni nell’arco di 5 anni senza che nessuno apra bocca o scopra l’ammanco? “Ma quanti soldi ha il Pd – si chiedeva ieri Maurizio Crozza a Ballarò – vi sottraggono 13 milioni e voi non ve ne accorgete? Ma se a me rubano 10 euro dal portafogli io già sto lì a chiedermi come sia successo”. Dall’altro, la tiepida reazione degli ormai ex compagni di partito. Sì, perché Lusi è stato espulso dall’ufficio di presidenza del gruppo Pd al Senato, pur conservando il suo posto di senatore, in quanto il partito di Bersani non ha modo di chiedere l’allontanamento del parlamentare dagli scranni di Palazzo Madama. Questo ciò che si evince da un breve scambio di battute su Twitter, avvenuto tra Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato, e Andrea Sarubbi, deputato del medesimo partito.

Lo scambio di tweet fra Andrea Sarubbi e Anna Finocchiaro

LE REAZIONI NEL PD – La corsa alla presa di distanza è in pieno fermento. In molti, da Bersani a Civati, passando per Enrico Letta e Marta Leonori, della direzione nazionale del partito, dichiarano a gran voce il loro sdegno su Twitter e sulle principali agenzie di stampa. Eppure, forse per non subire accuse di giustizialismo ad personam, nessun esponente del Partito Democratico si è sentito in dovere di invocare un giusto processo dove Lusi avrebbe tutta la possibilità, concessa dall’ordinamento italiano, di esporre le sue ragioni. E nessuno di questi, di conseguenza, si è battuto il petto sulla proposta di patteggiamento avanzata dallo stesso Lusi nei confronti dei pm che indagano sul caso di appropriazione indebita: un anno di reclusione e cinque milioni da restituire al partito, meno della metà di quelli sottratti. Questa la proposta del senatore, che, ci perdoneranno i garantisti a oltranza, sembra l’estremo tentativo d’arrampicata sugli specchi di un ragazzino costretto a dar conto della marmellata rubata. I giudici che indagano sul caso hanno infatti mostrato le loro perplessità, rilevando come la pena massima, per tali reati, si aggiri intorno ai tre anni.

I tweet di Enrico Letta, Bersani e Civati

IL PROCESSO FANTASMA – Cosa resta, quindi, della storia del tesoriere che prende 13 milioni di soldi pubblici per acquistare ville a Roma e condurre operazioni finanziarie in Canada? L’ulteriore perdita di credibilità nel maggior partito della Sinistra italiana? Forse questo è il minore dei mali, considerata anche la già devastata considerazione di cui il Pd gode fra gli elettori. Ciò che stupisce si nasconde dietro le dichiarazioni riportate sopra. Il processo, in ogni caso, ci sarà. Ma perché nessun politico ha il coraggio di invocarlo a chiare lettere? L'ormai ex tesoriere si è macchiato di un’azione a dir poco grave nei confronti del Pd stesso, dello Stato e di chi spende i propri soldi per finanziare i partiti. Perché, soprattutto, la Margherita, pur non esistendo più da anni, continuava a percepire tali soldi pubblici contro ogni legge dettata non dallo Stato ma dal buon senso? A queste domande resta, per ora, una sola risposta: il senatore Lusi continua tuttora a essere un parlamentare in carica, che gode delle relative immunità e indennità. Come scrive Alessandro Gilioli nel suo blog: “A questo punto il problema non è più questo o quel partito. È che a forza di antipolitica – quella che fanno loro, si intende – della democrazia rischiano di restare solo macerie”.

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