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Tav in Val di Susa: quando la Lega diceva no

Oggi la Lega è per l’alta velocità in Val di Susa, ma non è stato sempre così. Solamente 6 anni fa il partito di Bossi la pensava in maniera molto diversa.
A cura di Alfonso Biondi
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No tav

"Le forze dell'ordine hanno operato in modo eccezionale in un clima ad alto rischio. Senza il loro intervento avremmo perso i finanziamenti europei"- dichiara il Ministro dell' Interno Roberto Maroni. "Anche i più machiavellici debbono aver compreso che appoggiare o mostrare connivenza con i violenti è, a maggior ragione, una strada senza uscita"- aggiunge il governatore del Piemonte Roberto Cota che ribadisce l'irrinunciabilità del progetto dell'alta velocità. "A questo punto– tuona- ci costerebbe di più tornare indietro che andare avanti".

E' stata questa la reazione degli alti ambienti leghisti ai durissimi scontri in Val di Susa  tra manifestanti No Tav e forze dell'ordine. Una posizione netta, inequivocabile, sicuramente legittima. A condannare i manifestanti e il movimento No Tav è però quella stessa Lega che tempo addietro sulla questione la pensava in maniera diversa. La storia, si sa, a volte è impietosa.

Dalla fine degli anni Novanta fino al 2001 la Lega è con il movimento No Tav. Era la Lega che scendeva per strada a parlare con la gente della Val di Susa e che cercava di raccattare voti dalla base. Quando però nel 2001 sale al potere con Berlusconi, la musica cambia e il Carroccio inizia a dimenticarsi dei cittadini della Val di Susa. Berlusconi e il Ministro delle infrastrutture Lunardi hanno molto a cuore l'alta velocità e per questo è meglio non esporsi più del dovuto.

Quando nel 2002 da alcuni rappresentati locali della Lega si alza qualche voce fuori dal coro il segretario provinciale leghista Mario Demichela, come ricorda Lettera43.it, fu costretto a diramare un comunicato nel quale si evidenziava come "in alcun caso saranno ulteriormente condivise le posizioni contro il progetto Tav assunte da esponenti leghisti o, peggio ancora, l'appoggio alle organizzazioni di sinistra che operano esclusivamente contro l'attuale governo". Ma neanche questa è una posizione definitiva. Nel dicembre del 2005, quando ormai manca poco alla fine naturale della legislatura, il partito di Bossi torna a cavalcare l'onda populista del movimento No Tav.

E' il 7 dicembre del 2005 quando la Padania intervista Maroni sulla questione e titola col suo virgolettato: "Non sono i no global. La protesta della Val Susa non va ignorata, bisogna comprendere le ragioni della gente". Per l'allora Ministro del Welfare "il problema non si risolve con strumentalizzazioni o con l'intervento delle forze dell'ordine".

Ma non è l'unico nel suo partito a pensarla così. L'8 dicembre del 2005 l'allora segretario piemontese del Carroccio Roberto Cota in uno scritto di suo pugno sulla Padania parla di "due pesi e due misure".  "Se a protestare è la gente del Nord- scrive Cota- prima o dopo arriva il manganello, se invece i tumulti avvengono al Sud, i metodi per un ritorno all'ordine si fanno decisamente più leggeri e sfumati". La storia, si sa, a volte è impietosa.

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