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Stop al gas russo, accordo storico in Europa: dal 2027 scatta il divieto totale

Consiglio, Parlamento e Commissione hanno raggiunto un’intesa per eliminare del tutto il gas russo dall’approvvigionamento europeo. Tra GNL e gas via tubo, lo stop sarà graduale ma giuridicamente vincolante, con la chiusura definitiva entro l’autunno 2027.
A cura di Francesca Moriero
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L'Unione europea ha messo nero su bianco la scelta che rincorre dal 2022: liberarsi dell'energia russa e chiudere definitivamente uno dei canali più delicati della dipendenza strategica da Mosca. Dopo mesi di negoziato, Consiglio, Parlamento e Commissione hanno trovato un accordo politico per vietare completamente le importazioni di gas russo, sia liquefatto sia via gasdotto. Una decisione che viene definita "storica" a Bruxelles, perché rende giuridicamente vincolante la fine di un rapporto energetico che per anni ha garantito quasi la metà del fabbisogno europeo.

Il percorso sarà graduale, per evitare shock ai mercati, ma con date precise e non più modificabili: entro il 31 dicembre 2026 saranno vietate le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL), mentre il gas via tubo sarà bloccato dal 30 settembre 2027. In casi eccezionali, se gli stoccaggi nazionali risultassero insufficienti, gli Stati potranno ottenere una proroga tecnica fino al 1° novembre 2027, data oltre la quale ogni flusso dovrà comunque essere interrotto.

Per Ursula von der Leyen quella del gas è "una giornata storica", la prova che l'UE "ha spezzato una dipendenza che molti credevano insuperabile". La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola parla di "decisione che colpisce al cuore la macchina bellica russa", mentre il commissario Dan Jorgensen sottolinea che "non ci sarà mai più un ritorno alla vulnerabilità energetica verso Mosca".

Le scadenze: cosa succede e quando

L'accordo prevede una sorta di "doppio binario":

  • Contratti a breve termine firmati prima del 17 giugno 2025 → stop dal 25 aprile 2026 (GNL) e dal 17 giugno 2026 (gas via tubo).
  • Contratti a lungo termine → chiusura entro 1° gennaio 2027 per il GNL e 30 settembre 2027 per il gas attraverso gasdotto (con la già citata estensione al 1° novembre in caso di problemi negli stoccaggi).

Per tutto il periodo transitorio sarà attivo un regime di autorizzazione preventiva su ogni importazione, anche non russa, per evitare triangolazioni e operazioni di elusione. Sarà poi anche  vietato modificare i contratti esistenti in modo da aumentarne volumi o prezzi.

Monitoraggio rafforzato e deroghe limitate

Accanto al divieto, il regolamento introduce poi un sistema di controllo mai visto prima nel settore energetico:

  • Cooperazione obbligatoria tra Stati membri, Commissione, ACER, Procura europea ed OLAF;
  • Tracciabilità delle forniture e obbligo di dichiarare l'origine del gas;
  • Sanzioni per chi non rispetta i limiti;
  • Possibilità di sospensione temporanea del regolamento solo se uno o più Paesi si trovassero di fronte a una minaccia alla sicurezza energetica.

Ogni governo dovrà inoltre presentare, entro marzo 2026, un piano nazionale di diversificazione per spiegare come sostituirà i volumi perduti e con quali partner.

L'Ungheria annuncia battaglia

C'è però un fronte aperto. Nel momento stesso in cui l'accordo veniva chiuso a Bruxelles, infatti, l'Ungheria di Viktor Orbán ha fatto sapere di voler portare il regolamento davanti alla Corte di giustizia dell'Ue. Budapest sostiene che l'Unione stia invadendo un terreno che rientra nella sua "autonomia energetica" e ritiene che un divieto imposto dall'alto possa danneggiare la sua sicurezza energetica. Il ricorso non sospende automaticamente il regolamento, ma apre un contenzioso che rischia di accompagnare tutto il percorso verso il 2027. La questione si incrocia anche con il dossier petrolio: Ungheria e Slovacchia restano gli unici Stati membri che importano ancora la gran parte del loro greggio da Mosca, e per loro la Commissione dovrà disegnare un percorso personalizzato.

L'impatto sull'Europa: costi sotto controllo e mercato già cambiato

Da Mosca sono arrivate reazioni prevedibili: il Cremlino ha accusato l'Europa di "auto-sabotaggio" e ha previsto costi energetici più alti e perdita di competitività. Anche alcuni gruppi politici europei, come gli eurodeputati della Lega, parlano di un rischio di rincari per famiglie e imprese, sostenendo che il bando non indebolirà davvero l’economia russa.

Il quadro reale è però più complesso. Il gas russo pesa ormai poco sulle forniture europee: la quota è scesa al minimo storico, e in diversi Paesi, Italia inclusa, è diventata marginale. Allo stesso tempo, l'offerta di GNL sul mercato internazionale è molto alta, soprattutto dagli Stati Uniti, con cui l'Ue ha già incrementato i contratti di acquisto. I prezzi restano volatili, ma non esplosivi: gli scambi al TTF oscillano intorno ai livelli moderati delle ultime settimane, segno che i mercati non si aspettano allo stato attuale una tensione immediata.

L'impatto sulla Russia: effetti limitati ma in un quadro già in crisi

È sul fronte russo che l'effetto potrebbe sembrare meno immediato. Già oggi i principali clienti di Mosca non sono più europei, ma Cina, India e Turchia, che hanno sostituito rapidamente i volumi perduti in Europa. Per questo l’embargo europeo incide relativamente sulle entrate complessive della Russia.

Ma un altro dato pesa: i ricavi energetici di Mosca sono in forte calo, non tanto per la politica europea quanto per la discesa dei prezzi internazionali, per gli attacchi ucraini agli impianti e per le nuove sanzioni americane contro i giganti Rosneft e Lukoil. Le entrate petrolifere e del gas russe sono scese a circa 6,8 miliardi di dollari in ottobre, un livello inferiore del 30–35% rispetto ai mesi precedenti. Gli analisti prevedono ulteriori riduzioni nei prossimi mesi, disegnando una traiettoria sempre più preoccupante per il bilancio del Cremlino.

Cosa cambia per l'Italia

Per l'Italia, lo stop europeo al gas russo non comporterà un grande shock. Negli ultimi due anni il governo ha infatti riorientato quasi del tutto le forniture: oggi il metano che arriva in Italia è in larga parte GNL da Stati Uniti, Qatar e Algeria, con volumi russi ormai marginali; proprio per questo Roma non figurerebbe tra i Paesi maggiormente esposti al nuovo divieto.

Nonostante ciò, la Lega di Matteo Salvini è stata comunque tra i primi a contestare l'intesa raggiunta a Bruxelles. I suoi eurodeputati sostengono che il bando non cambierà gli equilibri della guerra né indebolirà davvero l'economia russa, mentre potrebbe tradursi, almeno a loro giudizio, in costi più elevati per famiglie e imprese e in una minore sicurezza energetica per l'Ue. Una linea che riecheggia quella del Cremlino, convinto che l'Europa stia penalizzando proprio sé stessa.

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