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Smart working solo al 30%: così Brunetta vuole cambiare il contratto della Pubblica Amministrazione

Prende forma il piano di Brunetta per lo smart working: nelle intenzioni del ministro potrà lavorare da casa un dipendente della Pubblica Amministrazione su tre. Ma dovrà essere garantita la produttività e l’efficienza della macchina. Per questo si pensa di investire molto sulla formazione del personale, con un aggiornamento delle competenze digitali e informatiche.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, come annunciato in precedenza, cambierà il contratto della Pubblica Amministrazione.

L'intenzione è quella di incidere sullo smartworking, cercando di evitare "un'iper-regolamentazione" legislativa, come è stato scritto nel ‘Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale', firmato appunto da Brunetta, dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro della Pubblica amministrazione, e dai  i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri.

L'idea di base è quella di lasciare spazio alla "contrattazione", cercando di "adattare alle esigenze delle diverse funzioni queste nuove forme di lavoro" che hanno permesso a molte realtà di non fermarsi durante la pandemia. Nei futuri contratti collettivi nazionali del triennio 2019-2021 saranno quindi inseriti aspetti di tutela dei diritti sindacali, delle relazioni sindacali e del rapporto di lavoro, come il diritto alla disconnessione, le fasce di contattabilità, il diritto alla formazione specifica, il diritto alla protezione dei dati personali, il regime dei permessi e delle assenze. Si investirà molto nella formazione, per un aggiornamento delle competenze digitali e infirmatiche.

All'inizio di marzo, parlando del lavoro agile, il ministro aveva detto: "Mi rendo conto che lo smart working è stato emergenziale e abbiamo tutto il tempo per rifletterci con opportune indagini esperienziali che sono in corso, ma poi bisogna valorizzare attraverso la contrattazione le migliori esperienze e le migliori pratiche. Ne dico quindi tutto il bene possibile, ma non è il toccasana per l'organizzazione del lavoro".

Il piano di Brunetta per lo smart working

Nella Pubblica Amministrazione al momento metà de personale che può svolgere le proprie mansioni da remoto sta lavorando da casa, come disposto dalle nuove misure anti Covid entrate in vigore a ottobre, e poi rinnovate. L'intenzione di Brunetta è quella di consentire lo smart working a un dipendente pubblico su tre, come scrive ‘il Messaggero' di oggi. Un cambio di passo rispetto al governo precedente, che prevedeva invece di portare lo smart working al 60% all'interno della Pa. Una percentuale considerata inapplicabile per alcuni ministeri in particolare, come Giustizia e Trasporti. Ma se i servizi non saranno garantiti al pubblico è possibile che la quota del 30% di lavoro agirle venga abbassata ulteriormente.

Al momento, e fino al prossimo 30 aprile, sono in vigore le disposizioni varate dalla ministra del Conte bis, Dadone: chi sta in smart working non deve rispettare standard precisi, non ci sono livelli minimi di performance da raggiungere, né particolari diritti per i lavoratori. Tutti elementi che rientreranno invece nel nuovo contratto.

Come sarà valutata l'efficienza del dipendente pubblico che lavora da remoto? Uno dei criteri, scrive ancora il Messaggero, potrebbe essere quello della velocità delle pratiche. Potrebbero esserci comunque figure esterne chiamate a valutare il funzionamento della macchina e la produttività, gli stessi utenti e gli imprenditori. Ma ci saranno anche controllori interni, funzionari e dirigenti pubblici.

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