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Sindaco De Magistris, non esistono né morti né tragedie di serie B

Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris annuncia che non andrà ai funerali di Salvatore Giordano, il 14enne morto sotto ai calcinacci della Galleria Umberto. Una scelta sbagliata e inspiegabile, visto il comportamento adottato per un’altra tragica morte, quella del tifoso del Napoli Ciro Esposito. Il primo cittadino dice che la città non si sta sgretolando. E intanto i crolli, fra psicosi e allarmi concreti, continuano.
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Non può essere tutto poteri forti e massomafie, non può essere tutto «o con noi o contro di noi»: una città come Napoli, a tinte forti, non può essere amministrata a botte di dicotomie e dualismi. E un sindaco, per quanto amareggiato poiché accusato di tutto e del contrario di tutto ha un ruolo cui non può abdicare a suo piacimento, un ruolo che non può decidere di esercitare a giorni alterni, a seconda della situazione. Luigi de Magistris, il sindaco di Napoli, ha annunciato oggi a mezzo stampa che non parteciperà ai funerali di Salvatore Giordano, il 14enne morto a seguito delle ferite procurate dalla caduta di pesanti pietre dalla Galleria Umberto I in via Toledo. «Saremo vicini spiritualmente alla famiglia di Salvatore – ha affermato – daremo il massimo contributo alla magistratura perché chiarisca al più presto le responsabilità». De Magistris ha poi aggiunto di voler «lasciare alla famiglia di Salvatore e alla comunità di Marano, il momento del lutto» e allo stesso tempo di «voler prendere le distanze da tutto il veleno immesso contro la nostra città in queste ore». «Ho assistito – ha aggiunto indignato – ad un killeraggio politico e a una miseria umana che come sindaco, napoletano, magistrato e padre non avevo mai visto».

Ma parla la stessa persona che il 27 giugno scorso, a Scampia, ai funerali di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli morto prima della partita di Coppa Italia a Roma, davanti a migliaia di tifosi e ad una famiglia distrutta aveva urlato, pigiando sul pericoloso pedale dell'indignazione: «Qualcosa non ha funzionato dal punto di vista dell’ordine pubblico. Ed è per questo che chi ha sbagliato dovrà pagare». È storia, sono fatti verificabili da chiunque: De Magistris pronunciò queste parole davanti ad una folla tesa, infuriata, in alcuni – fortunatamente pochi – casi assetata di vendetta e su questo punto frenata solo dall'enorme saggezza, compostezza e onestà morale e materiale della famiglia della giovane vittima.

Ha ragione, il primo cittadino, quando individua come deleteria la «caccia al capro espiatorio» che si respira in città, attività in alcuni casi pilotata politicamente. È però incredibile che un amministratore pubblico possa pensare di far spallucce e semplicemente archiviare una tragedia avvenuta sotto gli occhi di centinaia di persone, in pieno giorno, nel cuore della città, come evento rispetto al quale «il Comune di Napoli è parte offesa» (cosa fra l'altro smentita dalla Procura di Napoli che ha emesso 45 avvisi di garanzia che coinvolgono anche dirigenti di Palazzo San Giacomo). Luigi de Magistris doveva andare ai funerali di Salvatore Giordano. E, nel caso, doveva pure incassare le contestazioni: è il suo ruolo. Altri prima di lui ci sono passati. Non esistono tragedie né morti di serie B.

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L'allerìa perduta di Napoli, viaggio nella città incerottata

«Pe' ‘nu mumento te vuo' scurdà / che hai bisogno d'allerìa / quant'e sufferto ‘o ssape sulo Dio»
La canzone di Pino Daniele viene in mente guardando la scritta, oggi monca, della Galleria Umberto I di Napoli: il nome della struttura ottocentesca, nel cantiere messo frettolosamente in piedi dopo la tragedia di Salvatore Giordano, ha perso una "G" ed è diventato "alleria", ovvero allegria in dialetto partenopeo. Un luogo da sempre di incontro e oggi tetro, segnato da transenne grigie a sbarrare, nastri rossi a delimitare e fiori bianchi a ricordare la tragedia; è il monumento alla leggerezza perduta della città, ad una estate con la paradossale paura della pioggia, a giorni cupi, segnati da da funerali e rabbia espressa a mezzo social network e per questo ancora più dura e al tempo stesso sterile. «Napoli non si sta sbriciolando» dichiara sicuro il sindaco di Napoli. E qualche ora dopo un'altra pietra caduta da un palazzo sgarrupato colpisce un uomo che si dice «vivo per miracolo». Ecco, la città a tinte forti che si prende la sua vendetta con chi tenta di domarla a suon di dicotomie e di dualismi, senza saper gestire i toni intermedi, la ciclicità, le trasversalità, la porosità di un tessuto sociale che del corpo della città antica ha ereditato le caratteristiche fisiche e meccaniche del tufo.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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