Scuola, percorsi per l’abilitazione dei docenti in ritardo, caos negli atenei: “Rischiamo di perdere il lavoro”

I corsi abilitanti per gli insegnanti sono ancora un percorso a ostacoli. I vincitori di concorso, che si sono iscritti ai corsi universitari, a pagamento e con frequenza obbligatoria, sperando di poter ottenere l'abilitazione nella loro materia in tempo per la partenza del nuovo anno scolastico, in modo da avere tutti i requisiti per essere chiamati in ruolo, si sono ritrovati in un pantano.
In teoria per acquisire l’abilitazione all'insegnamento, dovrebbero appunto completare il percorso di formazione attraverso i percorsi abilitanti. Facciamo un piccolo passo indietro. I percorsi abilitanti – da 30, 36 o 60 Crediti Formativi Universitari, a seconda dei casi – sono stati introdotti dalla riforma Bianchi (legge 79/2022 entrata in vigore con il DPCM del 4 agosto 2023) e sostituiscono i 24 CFU che erano richiesti agli aspiranti docenti prima della riforma.
Ma non solo in alcune Regioni mancano i corsi di determinate classi di concorso, e i percorsi attivati sono distribuiti in modo disomogeneo nel territorio nazionale, per cui i docenti sono costretti a percorrere centinaia di chilometri a spese proprie, per seguire le lezioni in atenei lontani da casa e dal proprio luogo di lavoro (c'è l'obbligo di frequenza in presenza), ma in alcune università i corsi non sono nemmeno partiti. E trattandosi di corsi della durata di almeno due mesi, intensivi, escluso il periodo di tirocinio, è difficile che quelli non ancora attivati dalle università possano permettere ai docenti che si sono già iscritti e immatricolati di sostenere gli esami in tempi utili per ottenere l'abilitazione prima di settembre.
Per gli insegnanti, precari da anni, che magari hanno passato il concorso Pnrr1 sperando in una cattedra nelle scuole secondarie di primo o secondo grado dal prossimo anno, è un danno enorme. In questo modo rischiano di perdere l'opportunità di ottenere un posto di lavoro. Senza considerare il problema dei precari che un concorso non l'hanno ancora vinto: si tratta in molti casi di idonei ai concorsi della scuola, che sperano di ottenere l'abilitazione per passare nella prima fascia delle graduatorie GPS per l’insegnamento (dove si trova appunto il personale abilitato), prima che esca il bando del concorso Pnrr3, per il quale l'abilitazione costituisce un requisito d'accesso necessario.
Questi percorsi abilitanti poi, anche quelli che sono iniziati in tempo, e che si stanno per chiudere quindi entro il 30 giugno, non solo stanno pesando sulle tasche dei docenti – il costo è elevato, si parla anche di 2500 euro, escluso il costo dell'iscrizione, che è di 150 euro – ma stanno arrecando un danno alle scuole e agli studenti: chi ha una supplenza quest'anno infatti si trova in questi giorni a far i conti con scrutini, ultime interrogazioni e verifiche, consigli di classe. E dovendo garantire la presenza ai percorsi abilitanti, con un massimo del 30% di assenze per ogni modulo, portare avanti anche il lavoro in classe è praticamente impossibile e richiede sforzi rocamboleschi agli insegnanti, che spesso vengono anche ostacolati dai dirigenti scolastici, restii in questo periodo dell'anno a concedere permessi o ferie.
Cosa ha detto la ministra Bernini sui percorsi abilitanti per docenti
Fanpage.it ha raccolto diverse segnalazioni, testimonianze di un disagio di cui il ministero dell'Istruzione e del Merito e il ministero dell'Università e della Ricerca, che dovrebbero garantire insieme una fruizione ordinata e un'offerta adeguata di questi percorsi, non si stanno facendo carico. Anzi due giorni fa, durante un'interrogazione parlamentare del M5s, la ministra dell'Università Bernini ha rimandato al mittente le accuse, dichiarando che il governo non intende assumersi la responsabilità della disorganizzazione di un sistema ereditato dai governi precedenti, assicurando che il suo ministero e quello dell'Istruzione, che gestiscono "in condominio" questi percorsi, continueranno a coordinarsi con le università, rimanendo "a disposizione per accogliere suggerimenti". Un po' poco davanti a una situazione che effettivamente, riprendendo le parole del deputato Caso del M5s, "è nel caos più totale".
Caso ha invitato i ministri a chiedere scusa e a trovare una soluzione: "Oggi migliaia di docenti aspettavano delle scuse e delle risposte dal governo ed invece la Bernini è venuta in Aula a non dire assolutamente nulla". Per il momento però la situazione resta critica per centinaia di studenti.
La nota dei ministeri sulle scadenze dei percorsi abilitanti per docenti
Vista la situazione, Bernini e Valditara stanno provando ora, tardivamente, a richiamare gli atenei alle loro responsabilità. In data 28 maggio 2025, i ministeri dell'Istruzione e dell'Università hanno firmato una nota congiunta, con indicazioni precise sulle date per concludere i percorsi abilitanti. La nota è stata indirizzata ai rettori delle Università statali e non statali (incluse quelle telematiche), Ai Direttori delle Istituzioni AFAM e agli Uffici Scolastici Regionali. Si specifica che l'8 agosto 2025 è da considerarsi la data ultima per i percorsi per i vincitori del concorso Pnrr1, per garantire "il consolidamento della posizione degli interessati per l’anno scolastico 2025/2026" che dovrà avvenire entro il primo settembre 2025.
Mentre il 19 novembre 2025 per tutti gli altri percorsi, in modo da consentire ai docenti abilitati di partecipare al concorso docenti Pnrr3. Nella nota si chiarisce che "per conclusione del percorso si intende la formale l’attribuzione del titolo di abilitazione per i docenti che abbiano superato la prova finale".
Le promesse mancate del ministero dell'Istruzione
Il ministero dell'Istruzione, con la nota del 6 febbraio 2025, inviata ai rettori delle università, statali e non statali, comprese quelle telematiche, aveva auspicato "una collaborazione sinergica tra le istituzioni coinvolte". Per agevolare i docenti, la soluzione proposta sarebbe stata quella di "consentire l’iscrizione al percorso di formazione presso l’istituzione che ha attivato la specifica classe di concorso e di svolgere il percorso formativo in collaborazione con l’istituzione più prossima alla sede di servizio del docente", si legge nel documento.
Il ministero guidato da Valditara citava dunque nella nota il decreto legislativo 59/2017, quello appunto che ha riordinato il sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente, per la scuola secondaria, per i posti comuni e per quelli di sostegno, ricordando la possibilità di svolgere il 50% delle lezioni in modalità telematica.
La raccomandazione del ministero era quella di far "svolgere la parte di formazione specifica con modalità telematiche sincrone presso l’istituzione nella quale è iscritto e la parte generale presso un’istituzione più prossima alla sede di servizio". Ma le cose sono andate diversamente, mancando un vero raccordo tra i vari atenei.
I disagi dei docenti che frequentano i percorsi abilitanti: "Siamo tra l'incudine e il martello"
Fabio, Ilaria, Paola, Nunzio, sono alcuni dei docenti contattati da Fanpage.it. La loro vicenda è simile a quella di tanti colleghi, costretti a pagare per ottenere un posto.
Fabio è un vincitore del concorso della scuola Pnrr1, la sua classe di concorso è la A51, Scienze, tecnologie e tecniche agrarie: "Essendo vincitore, sono obbligato a fare questo corso, altrimenti perdo il mio posto in graduatoria. Inizialmente, non sono stati aperti posti per la nostra Regione, il Friuli-Venezia Giulia. Dovevamo scegliere se andare a frequentare a Viterbo, 10-12 ore di macchina, o a Bologna 8 ore. Mi sono iscritto a Bologna a fine marzo, le lezioni sono iniziate il 9 maggio. Devo completare 30 CFU, perché ho già più di 3 anni di servizio a scuola. Chi ha nel curriculum 2 anni di servizio deve farne 36, mentre chi non ha anni di servizio, oppure i vecchi 24 CFU, deve farne 60. I corsi da 24 CFU, prima dell'arrivo delle università telematica, costavano circa 500 euro, e richiedevano studio e frequenza per 8 mesi, con esami finali. Con la telematica sono diventati più facili da ottenere, il che ha portato alla decisione di eliminarli. Ora devo completare tutto entro il 18 luglio, secondo il bando".
In questo modo l'Ufficio scolastico regionale avrà il tempo di fare le convocazioni per il prossimo anno scolastico, considerata la pausa per le ferie d'agosto. Quindi per motivi burocratici e organizzativi la chiusura effettiva dei percorsi abilitanti è a metà luglio. Uno dei problemi è quello dei tempi molto compressi: un corso da 30 CFU, per essere svolto con calma, dando ai candidati il tempo di studiare e assimilare i concetti, dovrebbe durare 6 mesi, mentre quello da 60 CFU dovrebbe durare un anno. Invece questi percorsi sono stati attivati tardi, e in una finestra tra i primi di maggio e il 30 giugno o metà luglio, devono essere completati, compresi gli esami finali. Per questo motivo in alcuni casi i corsi si tengono dal lunedì alla domenica, come avviene ad esempio all'Alma Mater Studiorum di Bologna, dove frequentano i corsi abilitanti circa 3mila persone, considerando tutte le classi di concorso aperte, e dove ci sono sono state settimane con lezioni quasi tutti i giorni.
"Ci hanno messo tra l'incudine e il martello. Nel frattempo io lavoro – ci racconta Fabio – Faccio scuola dalle 8:00 alle 13:00 e il corso dalle 14:30 alle 19:30. Insegno Scienze Agrarie in provincia di Udine in una scuola professionale, secondaria di secondo grado. Sono leggermente più fortunato rispetto ad altri colleghi perché mi hanno dato i permessi studio. L'inghippo è che si possono usare solo il giorno del corso, non per gli spostamenti. E visto che il ministero ha obbligato le università a non mettere corsi la mattina, questi permessi sono poco utili e si possono usare solo il sabato mattina, se c'è lezione.Venerdì per esempio sarò a Bologna nel pomeriggio, quindi non posso usare il permesso studio la mattina per il viaggio. Devo usare altri permessi, che poi vengono decurtati dallo stipendio. La sera finisco tardi, e devo fare 3-4 ore di viaggio per arrivare a casa a Udine all'1:30-2:00 di notte. La mattina dopo devo fare le mie 5 ore di lezione".
Il capitolo costi è un'altra batosta: "Ogni viaggio a Bologna costa circa 150 euro. Per chi viene da Udine o Trieste, il costo medio totale è circa 3.500 euro, sono tre o quattro mesi di stipendio, se si calcolano i soldi per la pre-immatricolazione, più 120 euro per l'eventuale riconoscimento crediti, 1900 euro del percorso abilitante, più 150 euro di tassa d'esame, più le marche da bollo".
Nunzio è siciliano, ma insegna a Firenze. Si è iscritto all'università telematica italiana IUL, e ci parla di un clima di "confusione" tra i colleghi. "Sto seguendo un percorso abilitante da 60 CFU, la mia classe di concorso è A12, e proprio pochi minuti fa mi hanno comunicato che svolgerò l'esame finale ad ottobre. Le università e il ministero non si sono organizzati bene. Eravamo certi che affrontando questo percorso ci saremmo inseriti in prima fascia, ma questo non accadrà, e la grande beffa è il fatto che a settembre chi ha un buon punteggio come me verrà scavalcato da chi ha avuto un punteggio inferiore". Nunzio ha partecipato al concorso Pnrr1, ma è risultato idoneo non vincitore (per i concorsi Pnrr1 e Pnrr2, diversamente da quanto avviene per altri concorsi pubblici, le graduatorie non sono mai uscite).
Nunzio a breve sarà in disoccupazione, a luglio è richiesta la presenza al corso della IUL per alcuni giorni, e quindi dovrà sostenere altri costi, perché da fuori sede dovrà spostarsi dalla Sicilia a Firenze. Oltre al costo del corso, che essendo da 60 CFU nel suo caso è da 2400 euro.
Le cose non vanno meglio all'Università di Parma, dove Paola, che insegna in una scuola secondaria di secondo grado a Bologna, cerca di conseguire l’abilitazione per la classe di concorso A37, ‘Scienze e tecnologie delle costruzioni, tecnologie e tecniche di rappresentazione grafica’. L'ateneo ha pubblicato i bandi per l'ammissione ai percorsi abilitanti a metà marzo. Paola, avendo già fatto tre anni di supplenze a scuola, deve raggiungere 30 CFU. Il problema nel suo caso è che pur essendo stata ammessa al percorso abilitante, e pur essendosi già immatricolata i primi di maggio, attende ancora l'inizio delle lezioni. Paola non è vincitrice di concorso, ma vuole passare in prima fascia e abilitarsi per ottenere più facilmente una supplenza a settembre, con un contratto fino al 30 giugno. Se non riuscirà ad abilitarsi entro settembre, e visti i ritardi è molto probabile che andrà così, non riuscirà probabilmente a lavorare il prossimo anno scolastico, scavalcata da altri colleghi che sono riusciti a passare in prima fascia prima di lei, e soprattutto rischia perdere la chance del concorso Pnrr3, il cui bando dovrebbe uscire tra novembre e dicembre 2025.
Ma non è tutto: a Paola e ai suoi colleghi è stato chiesto comunque di pagare con anticipo, anche se in via informale è stato detto loro che i corsi slitteranno a settembre. All’immatricolazione Paola ha già pagato 900 euro, e entro il 30 giugno dovrebbe anche pagare una seconda quota, l’80% del totale. "Perché dovrei pagare, visto che al momento ho in mano solo un piano di studi?", si domanda giustamente.
Ilaria, che vive e insegna a Torino, è in pieno "burnout". Sta per completare il suo percorso di abilitazione con l'università telematica eCampus per la classe di concorso A22 – Italiano, storia, geografia, nella scuola secondaria di primo grado.
"Sto frequentando il corso da 60 CFU, nonostante io sia idonea al concorso e nonostante io abbia già i 24 CFU. Inizialmente ci hanno fatto iscrivere al corso da 60 CFU, assicurando che poi ci avrebbero riconosciuto tutti i crediti prima di iniziare le lezioni. E invece questo riconoscimento è arrivato dopo 20 giorni di corso. Quindi siamo stati costretti a seguire metà corso da 60 CFU, sia per quanto riguarda le presenze, sia per quanto riguarda le ore online. E questo ha portato veramente ad un aggravio di lavoro". Stiamo parlando di corsi al 50% in presenza e al 50% online. "Ci hanno fatto seguire anche le ore che non avremmo dovuto seguire in presenza. E considera che nei weekend si parla di 10 ore il sabato e 10 ore la domenica".
"Le lezioni sono iniziate il 29 marzo. Siamo stati avvisati due giorni prima dell'inizio, e il corso è partito da subito con il sabato e la domenica, ci siamo completamente annullati".
Nel caso di Ilaria l'esame è previsto tra il 16 e il 27 giugno, "ma non abbiamo ancora una data, non sappiamo ancora nulla". Tra l'altro deve svolgere anche 120 ore di tirocinio: "Lo sto facendo nella stessa scuola in cui lavoro, e anche lì è un massacro, perché facciamo il doppio delle ore che dovremmo fare normalmente. Significa che entro alle 8:00 e finisco alle 14:00 o alle 15:00 e poi scappo per collegarmi a casa e seguire i corsi online di eCampus. Se devo partecipare ai consigli di classe in presenza sono costretta a portare il computer con me".
Ilaria poi ha un'invalidità del 75% per una malattia: "L'università prima dell'iscrizione mi aveva detto che io sarei stata esonerata dalle rette, così diceva il bando. Avrei solo dovuto pagare 150 euro di iscrizione e 150 di esame finale. Peccato che dopo che mi sono iscritta, dopo che sono riuscita a entrare in graduatoria, mi hanno detto che avrei dovuto pagare almeno la prima rata da 1500 euro. Mi avevano assicurato che mi avrebbero poi rimborsata, una volta ricevuta la copia del mio certificato di invalidità. Ma ad oggi, a fine percorso, non ho ancora avuto il rimborso. Ho detto che mi rivolgerò a un avvocato, ma nessuno mi risponde".