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CasaPound-Facebook, social presenta reclamo contro la riattivazione della pagina del movimento

Facebook presenta reclamo al tribunale di Roma, che aveva ordinato la riattivazione delle pagine social di CasaPound, oscurate a settembre: “Ci sono prove concrete che CasaPound sia stata impegnata in odio organizzato e che abbia ripetutamente violato le nostre regole. Per questo motivo abbiamo presentato reclamo”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Facebook ha presentato un reclamo contro l'ordinanza del Tribunale di Roma che il 12 dicembre scorso aveva ordinato al social di riattivare gli account di CasaPound. "Ci sono prove concrete che CasaPound sia stata impegnata in odio organizzato e che abbia ripetutamente violato le nostre regole. Per questo motivo abbiamo presentato reclamo", fa sapere un portavoce di Facebook.

"Non vogliamo che le persone o i gruppi che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono utilizzino i nostri servizi, non importa di chi si tratti. Per questo motivo abbiamo una policy sulle persone e sulle organizzazioni pericolose che vieta a coloro che sono impegnati in ‘odio organizzato' di utilizzare i nostri servizi", ha dichiarato il portavoce di Facebook. "Partiti politici e candidati, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia". Il reclamo di Facebook è contro l'ordinanza con cui il 12 dicembre il tribunale civile di Roma ha ordinato al social network la riattivazione immediata della pagina Facebook di CasaPound, oltre che del profilo personale e della pagina pubblica dell'amministratore Davide Di Stefano. In sostanza il Tribunale Civile di Roma aveva accolto il ricorso presentato dall'associazione in seguito alla disattivazione della pagina ‘Associazione di Promozione Sociale CasaPound', lo scorso 9 settembre, e aveva ordinato a Facebook la sua "immediata riattivazione".

Il giudice Stefania Garrisi aveva inoltre fissato la penale di 800 euro per ogni giorno di violazione dell'ordine impartito, successivo alla conoscenza legale dello stesso, condannando il social network al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in 15.000 euro.

"Ci cancellano perché oggi eravamo in piazza contro il governo – avevano commentato da CasaPound quando le sue pagine social erano state bloccate – Siamo di fronte ad un attacco discriminatorio dal parte dei colossi del web". L'associazione aveva anche richiamato l'articolo 21 della Costituzione italiana sulla libertà di espressione, annunciando contromisure: "Sarà ora nostra premura segnalare tale comportamento direttamente agli amministratori globali del social, direttamente alla punta più alta della piramide Zuckerberg, e portare in sede legale italiana quanto avvenuto, per rivendicare libertà di pensiero, diritti politici e diritti dei consumatori".

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