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Salvini su sostegno a Kiyv: “Niente soldi all’Ucraina se invece di aiutare bambini si pagano mignotte e ville all’estero”

Nel giorno dei colloqui a Ginevra sul piano Trump e proprio mentre Roma chiede una “pace giusta”, Salvini apre un fronte interno sul sostegno a Kyiv. Meloni prova a ricucire: “Corruzione? L’Ucraina ha gli anticorpi”.
A cura di Francesca Moriero
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Mentre a Ginevra proseguono i colloqui sul piano di pace a firma Donald Trump e a Roma la comunità ucraina manifesta per una soluzione che non punisca la resistenza di Kyiv, Matteo Salvini sceglie un'altra strada. Dal palco della festa della Lega Lombarda a Castelcovati, in provincia di Brescia, il vicepremier ha attaccato frontalmente la gestione degli aiuti internazionali: "Abbiamo sempre votato i pacchetti di aiuti per l'Ucraina ma hanno scoperto un giro di mazzette, e almeno 100 milioni di dollari pare siano finiti in conti all’estero, in bagni d’oro e giri di prostituzione". E ha poi aggiunto: "La Lega ha chiesto chiarezza e dicono che siamo pagati da Putin. Ma se invece di aiutare i bambini si pagano le mignotte e le ville all'estero, io non ci sto". Parole esplosive, pronunciate proprio mentre il negoziato internazionale si trova in una fase cruciale e l'Unione Europea cerca di capire quale spazio potrà ritagliarsi se la Casa Bianca dovesse davvero ridurre il suo sostegno all'Ucraina.

La piazza romana e una politica a ranghi sparsi

Mentre il leader leghista arringava i militanti, all'Esquilino la comunità ucraina si radunava per ricordare l'Holodomor e, soprattutto, per lanciare un messaggio preciso a Washington: "Presidente Trump, non abbandonare l'Ucraina e il suo popolo. Non essere complice di Putin", si leggeva sui cartelloni. Una piazza sincera ed eterogenea, dove la politica italiana sembra essere arrivata scomposta: il Pd ha partecipato con una delegazione riformista, insieme ai rappresentanti di Italia Viva, Azione con Carlo Calenda e +Europa con Riccardo Magi. Assenti M5S e Avs. Dal centrodestra, solo Forza Italia ha mandato due parlamentari, Paolo Emilio Russo e Alessandro Battilocchio. La Lega, alla finestra.

Gentiloni: "Siamo a un bivio"

Il primo ad arrivare è stato Paolo Gentiloni, che ha parlato di un bivio strategico: i 28 punti del piano Trump sono "una base molto scivolosa" e rischiano di imporre "condizioni draconiane" a un Paese che "non è sconfitto". Se davvero gli Usa dovessero arretrare, ha insistito, "l'Europa dovrà continuare a sostenere Kyiv", perché "la resa ucraina non porta la pace: porta la guerra in Europa". Sul palco anche Pier Ferdinando Casini, che ha sintetizzato il sentimento della giornata con uno slogan: "L'Ucraina non si vende, l'Ucraina si difende". Calenda è stato altrettanto netto: "Questo è il piano di Putin, che Trump, un asset di Putin, sta cercando di imporre". Magi ha poi allargato lo sguardo: "Qui si decide il futuro della sicurezza europea".

In questo quadro, la sortita di Salvini appare insomma come una deviazione improvvisa, più politica che contabile.

La replica di Meloni: smussare senza smentire

A chiudere il giro è arrivata in serata Giorgia Meloni dal G20 sudafricano. La premier non ha smentito Salvini, ne ha ridisegnato i contorni: "Il tema della corruzione in Ucraina incide, anche sulla nostra opinione pubblica, ed è legittimo", ha detto. Ma ha poi subito rilanciato: gli arresti arrivano "da iniziative delle istituzioni ucraine", segno che Kyiv "ha gli anticorpi per affrontare i problemi". Poi, la frase che ricuce senza sconfessare: "I soldi degli italiani non possono finire nelle mani di persone corrotte e noi dobbiamo vigilare. Ma mi pare che l'Ucraina abbia dimostrato di avere la volontà di combattere la corruzione".

Un tentativo di rimettere in equilibrio la linea della maggioranza, mentre la guerra entra nel suo quarto anno e la posta in gioco, tra Europa, Stati Uniti e Russia, non è mai stata così alta.

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