Referendum abrogativi 2025

Referendum, Donzelli (Fdi): “È una resa dei conti a sinistra”, Scotto (Pd): “Politica è partecipare”

Continua lo scontro tra maggioranza e opposizione sul referendum su Jobs Act e cittadinanza dell’8 e 9 giugno, tra inviti all’astensionismo e accuse di boicottaggio da parte delle forze di minoranza. Arturo Scotto (Pd): “È diseducativo che chi ci governa anziché incentivare la partecipazione dice alle persone statevene a casa”
A cura di Redazione
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Di Marco Billeci e Annalisa Cangemi

Il referendum del prossimo 8 e 9 giugno, per il superamento del Jobs Act e sulla cittadinanza, promosso da sindacati e associazioni, deve essere ignorato. Il governo ha invitato esplicitamente i cittadini a non andare alle urne, nel giorno in cui si voterà anche per il secondo turno delle amministrative, in modo da boicottare la consultazione referndaria, per la cui validità è necessario raggiungere il quorum, e quindi occorre il voto del 50% più uno degli aventi diritto. Il tentativo palese dell'esecutivo è non solo quello di non parlare affatto dell'importante appuntamento elettorale, ma di scoraggiare apertamente la partecipazione al voto, di fatto sabotando la consultazione.

Su questo la maggioranza sta facendo fronte comune, come hanno dimostrato la dichiarazione di ieri del ministro degli Esteri Antonio Tajani, con il suo invito all'astensione, e l'indicazione dei vertici Fdi per la non partecipazione al voto, attraverso un dossier informativo inviato ai parlamentari del partito di via della Scrofa. Il titolo del dossier è inequivocabile, ‘Referendum, scegliamo l'astensione', e racchiude appunto la posizione espressa dai vertici del partito della premier Meloni.

Manca appena un mese all'apertura delle urne, e lo scontro tra opposizioni, che parlano di "sabotaggio" del referendum, e l'esecutivo, è già accesissimo.

A nome di Fratelli d'Italia, intercettato dai microfoni di Fanpage.it, è intervenuto nel dibattito il responsabile organizzazione del partito, Giovanni Donzelli: "È una conta interna alle sinistre, credo un po' troppo costosa perché la fanno pagare agli italiani. Si tratta delle varie correnti del Pd che sul lavoro, dopo aver fatto il Jobs Act, sono contro il Jobs At. E si stanno scontrando sulle spalle degli italiani con un referendum. Potevano fare un Congresso di partito. Se partecipo? Non credo che andrò a votare, non ho mai partecipato ai Congressi della sinistra. Mentre la sinistra litiga su quello che hanno fatto loro, l'occupazione è aumentata grazie al governo Meloni, è aumentato anche il potere reale dei salari, rispetto all'inflazione".

Secondo Donzelli ci sono elezioni in cui "andare a votare è un dovere, ed elezioni in cui è previsto il quorum, e in tal caso andare a votare è un'opzione legittima esattamente come votare sì o no".

Dal Pd ribatte il deputato Arturo Scotto: "È diseducativo che chi ci governa anziché incentivare la partecipazione dice alle persone statevene a casa. Non c'è nessuna resa dei conti, non si chiedono abiure ma di guardare avanti. Oggi l'emergenza del Paese sono i bassi salari e l'eccessiva precarietà. Per questo la collocazione naturale del Pd è quella a sostegno del referendum. La destra dica piuttosto come la vede".

"La destra ha sabotato il salario minimo, non ha fatto nulla. Queste proposte di referendum introducono dei diritti in più, non bisogna averne paura", aggiunge. "Il ministro Tajani ha sdoganato un neologismo ‘astensionismo politico', che è un ossimoro. La politica significa parteggiare, partecipare, non astenersi".

Bonino replica a Tajani: "Io andrò a votare al referendum"

"L’invito all’astensione di Tajani? Un triste deja-vu", commenta in un post sui social Emma Bonino, che aggiunge: "Io di certo andrò a votare".

"È sempre la stessa storia – prosegue – in Italia se si parla di diritti e libertà il Parlamento promette e non mantiene per decenni, poi i cittadini si organizzano e ottengono un Referendum e solo a quel punto i partiti dicono che devono essere loro ad occuparsene. Peccato che la legge sulla Cittadinanza risale al 1992, un’altra era e un’altra Italia. Peccato che il Parlamento abbia proposto tantissime volte una riforma senza mai trovare il coraggio di farla davvero. Peccato che lo stesso Tajani la definiva ‘urgente' solo pochi mesi fa. E invece ora invita all’astensione che certo è un diritto dei cittadini ma di certo non un esercizio di civiltà in un Paese con un tasso di astensionismo sempre più alto e non certo se a promuoverlo è il vicepresidente del Consiglio. Usiamo invece queste settimane per aprire un dibattito vero su un referendum di buonsenso che allinea l’Italia ai grandi Paesi europei. Chi parla italiano, lavora stabilmente e manda i figli a scuola perché dovrebbe essere trattato come straniero quando ha scelto il nostro Paese per il suo futuro? I referendum servono a questo: permettere ai cittadini di scegliere quando il Parlamento non trova il coraggio".

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