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Reddito cittadinanza, il razzismo dei pochi fortunati lavoratori contro l’uomo sul divano

Dirò di più: sono sempre dalla parte della ridistribuzione del denaro in un mondo in cui il ricco continua ad arricchirsi e i poveri diventano sempre più poveri. Sarò sempre dalla parte di uno Stato che non ti affossa perché l’età anagrafica, la condizione sociale o semplicemente i fortunati casi della vita hanno fatto di te un relitto produttivo, uno scarto del mercato e un cittadino percepito come un fastidioso costo.
A cura di Giulio Cavalli
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Ci sono centocinquanta milioni di motivi per accusare e opporsi a questo governo. C'è, di fondo, una preoccupante superficialità nell'affrontare le cose che probabilmente ritroveremo anche nell'attuazione del cosiddetto Reddito di Cittadinanza (che reddito di cittadinanza non è) ma non starò mai dalla parte, mai, di quelli che vogliono metterci all'erta dai rischi (in cui sicuramente incapperemo) che da soli dovrebbero valere come ragioni per buttare all'aria la misura.

Dirò di più: sono sempre dalla parte della ridistribuzione del denaro in un mondo in cui il ricco continua ad arricchirsi e i poveri diventano sempre più poveri. Sarò sempre dalla parte di uno Stato che non ti affossa perché l'età anagrafica, la condizione sociale o semplicemente gli sfortunati casi della vita hanno fatto di te un relitto produttivo, uno scarto del mercato e un cittadino che viene a volte percepito come un fastidioso costo. Meglio ancora: questa storia per cui chi è povero o disoccupato se l'è andata a cercare è un abominio, e viene dalle stesse persone che anni fa avrebbero diviso l'Italia in due per rifarsi della bad company di terroni ‘indavanati', mentre i prolifici nordisti facevano la locomotiva dell'Italia. È sempre quel quel razzismo di fondo. E mi fa schifo. Mi fa schifo il sovranismo applicato ai confini figurarsi se non mi possa fare schifo il sovranismo dei fortunati lavoratori che vorrebbero rinchiudersi in uno staterello tutto per loro.

Me ne frego anche di tutto questo terrorismo (avallato dal fior fiore dei razzisti per cui i terroni sono ancora i veri negri) secondo cui ci sarà qualcuno che fingerà di separarsi, qualcuno che truccherà sul domicilio o che qualcun altro che continuerà a lavorare in nero intascandosi comunque il reddito di cittadinanza. In un Paese di spaventosa evasione fiscale, in un Paese in cui l'impunità per qualsiasi lite fiscale non è propriamente una chimera, nel Paese in cui la corruzione olia da decenni diritti che invece diventano costosi benefici, quell'uomo sul divano che aspetta di ritirare l'assegno di cittadinanza trovo che sia il personaggio meno pericoloso per la salute pubblica della democrazia in cui abito. E non è un caso che anche a sinistra (Martina, ad esempio, l'ha detto in una recente intervista) chi ha governato si sia crucciato di non averci pensato prima, di non averlo messo in atto quando ne aveva la possibilità.

Lo faranno male? Sara inapplicato? Lascerà fuori una fetta consistente di popolazione? Peserà troppo sul già delicato bilancio dello Stato? Può essere, lo vedremo, lo giudicheremo. Ma dare un sostegno economico a chi è inciampato nelle sventure della vita, proprio per l'idea stessa, non potrà mai trovarmi contrario. Mai.

Piuttosto sento con preoccupazione già il mormorio di quella pancia incazzosa degli italiani pronta a scatenarsi, questa volta contro i loro stessi concittadini. E, lo ammetto, è questo che mi fa paura.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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