Puglia, la Consulta boccia il ricorso del Governo: via libera al salario minimo di nove euro negli appalti pubblici

In Puglia il salario minimo diventa legge, segnando così un passaggio rilevante nel dibattito italiano sul lavoro e sulle tutele salariali. La Corte costituzionale ha infatti respinto il ricorso del Governo, confermando la piena legittimità della normativa regionale che fissa una soglia minima di retribuzione negli appalti pubblici. Una decisione che rafforza l'impianto del Consiglio regionale e che costituisce un precedente di rilievo, aprendo nuove prospettive per la definizione del salario minimo a livello nazionale.
L'ambito di applicazione della legge
Un punto centrale chiarito dalla Consulta riguarda l'ambito di applicazione della norma. La legge pugliese non introduce un salario minimo generalizzato valido per tutti i rapporti di lavoro privati presenti sul territorio regionale, materia che rimane di esclusiva competenza dello Stato. La sua efficacia è invece circoscritta agli appalti e alle concessioni affidati dalla Regione Puglia e dai suoi enti strumentali; in concreto, cosa significa? Significa che le imprese che partecipano a gare pubbliche regionali – comprese le aziende sanitarie, ospedaliere e le società collegate – sono obbligate a garantire ai lavoratori una retribuzione oraria minima inderogabile pari a nove euro.
La legittimità secondo la Consulta
Secondo la Corte costituzionale, la scelta della Regione rientra pienamente nelle sue competenze; le Regioni, infatti, possono stabilire condizioni contrattuali più stringenti per l'affidamento dei propri appalti, senza invadere le competenze statali in materia di ordinamento del lavoro. Non si tratta dunque di una forzatura istituzionale, ma di uno strumento di tutela mirato, pensato per contrastare il fenomeno del lavoro povero e per evitare il ribasso dei salari nei settori più esposti alla concorrenza al ribasso.
La soddisfazione della Regione Puglia
La decisione della Corte ha suscitato la soddisfazione del presidente uscente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che ha definito la sentenza una "vittoria importantissima". A suo avviso, la Puglia diventa la prima Regione italiana ad aver introdotto una tutela esplicita delle retribuzioni per i lavoratori impiegati, direttamente o indirettamente, negli appalti regionali. Secondo Emiliano, la legge colma un vuoto lasciato dall'assenza di una normativa nazionale sul salario minimo e rappresenta una risposta concreta alle difficoltà di migliaia di lavoratori. Emiliano ha rivendicato poi anche il carattere pionieristico dell'iniziativa, inserendola in una più ampia tradizione di politiche regionali orientate alla protezione dei diritti fondamentali. La sentenza, ha infine sottolineato, riconosce la validità di una legge pensata per difendere gli stipendi e garantire condizioni di lavoro più dignitose a chi opera nelle attività finanziate dalla Regione.
Le reazioni della politica
Oltre alla soddisfazione del presidente uscente Michele Emiliano, la sentenza ha raccolto commenti positivi e critici da parte di altre figure politiche. Il presidente eletto della Regione Puglia, Antonio Decaro, ha definito la decisione un passo importante per garantire dignità ed equità al lavoro negli appalti pubblici, sottolineando l'intenzione di sperimentare la norma nei prossimi anni, condividendone gli effetti con tutti i soggetti del partenariato socio-economico.
Dure critiche invece sono arrivate dalle opposizioni: Angelo Bonelli (AVS) ha definito il ricorso del Governo una scelta a favore di chi sfrutta i lavoratori, e ha aggiunto: "La sentenza della Consulta dimostra che si può e si deve stare dalla parte di chi lavora, non di chi sfrutta. Con noi al governo il salario minimo sarà legge"; il Partito democratico pugliese, con il segretario Domenico De Santis, ha evidenziato come la sentenza confermi la legittimità della legge regionale e dimostri che è possibile tutelare i salari nel pieno rispetto della Costituzione. Per Pd e AVS, la decisione rilancia il dibattito sul salario minimo nazionale e sul contrasto al lavoro povero, ribadendo che il lavoro non è un costo da comprimere ma un elemento fondamentale della Repubblica.
Le prospettive future
Con il via libera definitivo della Corte costituzionale, la legge regionale n. 30 del 2024 entra così a pieno titolo tra le misure di contrasto al lavoro sottopagato. Si tratta di un segnale politico forte, che riaccende il dibattito sul salario minimo in Italia e potrebbe aprire la strada a iniziative analoghe anche in altre Regioni.