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Presunti finanziamenti dal Venezuela, cosa non torna nel documento che accusa il M5s

Buchi, imprecisioni, errori evidenti: ecco tutto quello che non torna nel presunto documento dell’intelligence militare di Caracas, che dimostrerebbe un passaggio di denaro dal Venezuela di Hugo Chavez al Movimento 5 stelle, avvenuto nel 2010. Il quotidiano iberico ABC ha parlato di un finanziamento di 3,5 milioni di euro, inviati in una valigia e consegnati a Gianroberto Casaleggio. Ma il M5s nega tutto.
A cura di Annalisa Cangemi
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La vicenda di un presunto finanziamento da parte del Venezuela di Hugo Chavez – allora Nicolas Maduro era ministro degli Esteri – al Movimento 5 stelle, avvenuto nel 2010, presenta diversi punti oscuri. La notizia è stata data ieri dal quotidiano iberico ABC. Ma oggi non è stata ripresa dalla stampa spagnola, né da quella venezuelana.

Tutto ruota attorno all'esistenza di un presunto documento dell'intelligence militare di Caracas. Il M5s si è affrettato a negare tutto: "Per smentire qualcosa ed essere convincenti, conviene ripassare la propria storia": si legge in un editoriale pubblicato oggi dal giornale spagnolo Abc. "La notizia di ABC sul finanziamento del chavismo alla creazione del movimento populista di estrema sinistra in Italia, oggi nel governo progressista di Conte – scrive il quotidiano madrileno – è stata rilanciata ieri sulle prime pagine dei giornali e dei notiziari Tv italiani". Nell'editoriale si ribadisce che la notizia è provata da un "documento classificato del regime di Caracas, che chiarisce la transazione da Chavez a Gianroberto Casaleggio con date, nomi e cognomi". 

"Siamo davanti alla più grande fake news della storia. A me stupisceanzi ormai non mi stupisce più nulla della stampa italiana – l'enfasi che è stata data dai giornali a un documento palesemente falso", ha commentato il sottosegretario agli Esteri, Manlio di Stefano, intervenuto a Rai Radio1 all'interno di Radio anch'io, condotto da Giorgio Zanchini.

I media hanno "fatto 24 ore di fango: la deontologia professionale prevede che prima fai una analisi del documento, e poi, se pensi che possa essere vero, è una notizia. Ieri tutti i quotidiani, tg inclusi, sono andati avanti con una notizia che era una balla colossale", ha aggiunto Di Stefano. "Noi abbiamo rinunciato nel 2013 a 50 milioni di rimborsi elettorali, quale sarebbe il senso di prendere 3,5 milioni" dal Venezuela?

"A parte che è una tangente, una cosa che non ci appartiene", ha aggiunto. "In quella carta il simbolo del Venezuela è totalmente contraffatto, addirittura è girato al contrario, persino il nome ‘ministero della Difesa' è sbagliato perché non si chiama più così dal 2007. È una palla colossale".

Come ha scritto Fiorenza Sarzanini sul ‘Corriere della sera' la dicitura ‘Ministero de la Defensa', è sprovvista della seconda parte "del potere popolare" («del Podel Popular»), che invece sarebbe stato obbligatorio apporre sulla base di un decreto dell’8 gennaio del 2007. Ci sono forti dubbi anche sul timbro con il cavallo bianco, che dovrebbe correre verso sinistra e invece va verso destra, con la testa girata all'indietro. Anche la data desta sospetti:

un timbro in blu, con l’abbreviazione del mese di luglio («jul») per la ricezione da parte dell’Archivio generale e una firma in nero con il giorno 5 e l’anno 2010 che sembrano aggiunti.Dettagli di forma che diventano sostanza per una nota riservata proveniente dai servizi segreti. E su cui l’Aise, l’Agenzia per la sicurezza estera, ha già avviato verifiche proprio per controllare se si tratti in realtà di un report contraffatto. In attesa dei risultati sullo scritto, l’indagine si concentra dunque sulla sua veicolazione e sul suo contenuto. In gioco entra anche l’Aisi, l’Agenzia per la sicurezza interna, visto che la consegna della valigetta con il contante sarebbe avvenuta a Milano, nella sede del consolato.

Gli stessi ‘buchi' del dossier sono stati evidenziati da Valeria Pacelli sul Fatto Quotidiano:

Il documento riporta in alto: “Ministerio de la Defensa”. Secondo fonti dell’ambasciata venezuelana a Roma, questo basta per dimostrare che non si tratta di un atto “interno”: “Abbiamo cambiato i nominativi dei nostri ministeri nel 2007 –spiegano dall’Ambasciata –. Da allora tutti si chiamano ‘ministerio del poder popular ’e così via. In quella nota del 2010, fatta tre anni dopo questa modifica, non c’è il cambio del nominativo del ministero”. Insomma l’intestazione sarebbe dovuta essere “Ministerio del Poder Popular para la Defensa”.

Un altro dubbio riguarda il simbolo dello Stato riportato sul documento. “Il simbolo è statomodificato nel2006:da allora la testa del cavallo è rivolta verso sinistra. Non corrisponde neanche il timbro, quindi”. Altro aspetto, ma meno rilevante rispetto ai precedenti, spiegano dall’ambasciata, riguarda la dicitura “director general inteligencia militar ”: “Anche questa non è esatta”. E poi dei dubbi riguardano la data riportata. “Nelle prossime ore –aggiungono – sapremo di più. Stiamo aspettando l’informazione più approfondita da parte del ministero degli Esteri”. Che nel frattempo, via Twitter, annuncia azioni legali.

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