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Pnrr, Paita (Iv) a Fanpage: “Governo ha ammesso che ci sono ritardi gravissimi, ora basta propaganda”

Dopo l’informativa del ministro Fitto sul Pnrr, alcuni punti della gestione del Piano da parte del governo sono più chiari, mentre su altri resta un punto interrogativo. Raffaella Paita, capogruppo di Italia viva e Azione al Senato, ha commentato a Fanpage.it le parole del ministro e la linea dell’esecutivo.
A cura di Luca Pons
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Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, o Pnrr, è uno dei punti centrali su cui il governo Meloni misura il successo della sua gestione economica. Si parla di oltre 191 miliardi di euro dall'Europa per interventi di vario tipo. Per averli, però, l'Italia deve rispettare scadenze precise, e nelle ultime settimane sono emersi diversi ritardi – sia per gli obiettivi scaduti a dicembre 2022, sia per quelli che scadranno a giugno 2023.

Oggi il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, ha fatto un punto della situazione in un'informativa alle Camere, ma alcuni punti sono sembrati ancora poco chiari. Raffaella Paita, capogruppo di Italia viva e Azione al Senato, ha risposto alle domande di Fanpage.it sulla questione.

Vi ha soddisfatto l'intervento del ministro Fitto, soprattutto sulle scadenze di dicembre 2022 e di giugno 2023?

Il ministro Fitto sta lavorando per cercare di tranquillizzare mediaticamente una situazione che è tutt’altro che tranquilla. Nel suo intervento, Fitto è stato istituzionalmente rispettoso dei ruoli di maggioranza e minoranza, ma nella sostanza ha ammesso che il governo accumulerà ritardi gravissimi sul Pnrr, e che non è ancora pronta una strategia per sostituire i progetti che non partiranno con interventi in grado di rispettare la scadenza del 2026. Ma soprattutto, Fitto non ha chiarito perché il governo si sia mosso così in ritardo, ben sei mesi dopo la sua nascita, sul dossier più importante e delicato per il Paese.

Perché l'Italia fatica così tanto a spendere i soldi del Pnrr?

L’Italia ha un enorme problema di eccesso di burocrazia, che deve essere affrontato attraverso riforme profonde, sul piano della semplificazione e della velocizzazione degli interventi. Provo a dare qualche indicazione: ridurre i veti incrociati sulle autorizzazioni ministeriali, semplificare gli iter progettuali, disincentivare i ricorsi tra le aziende titolari dei lavori, rafforzare le stazioni appaltanti dei Comuni, qualificare la pubblica amministrazione. Questo avrebbe dovuto fare il governo, anziché perdere sei mesi. Le uniche due forze politiche che hanno avanzato proposte nel merito, Industria 4.0, e l’unità di missione contro il dissesto idrogeologico Italia sicura, sono state Azione e Italia Viva.

In questa "fatica a spendere", quindi, ci sono responsabilità del governo Meloni. Non è semplicemente un tratto della politica italiana.

Ci sono sicuramente responsabilità del governo Meloni, che ha affrontato il dossier con ritardo, ma soprattutto con una strategia di lavoro ambivalente. Da un lato costruendo norme di semplificazione per il Pnrr, e dall’altro proponendo un codice degli appalti, quello del ministro Salvini, contraddittorio con il Pnrr. Se la mano destra non sa cosa fa la sinistra diventa tutto più difficile, soprattutto per gli imprenditori, che non sanno con quali regole possono realizzare le gare. Vorremmo un Paese in cui valessero le stesse norme per tutti gli imprenditori, senza distinzioni tra opere di serie A e di serie B. In questo modo si scoraggiano gli investimenti esteri, mortificando l’imprenditoria italiana. Noi invece abbiamo fiducia nelle imprese e vogliamo sbloccare il paese.

Il ministro Fitto ha sottolineato più volte che già con il governo Conte e poi con il governo Draghi si erano accumulati ritardi. È uno scarico di responsabilità?

Che Conte avesse mal impostato il Piano di ripresa e resilienza è senz’altro vero. Ma con il governo Draghi le tranche di pagamento sono arrivate tutte. Nessuno dice che sia stato fatto tutto perfettamente, ma lo scaricabarile è inaccettabile e puerile.

Il governo Meloni aveva detto che la proposta di "rimodulazione" del Pnrr sarebbe arrivata entro il 30 aprile, poi ha fatto slittare la consegna all'estate. Un brutto segno?

Questo è un problema molto serio: gli interventi devono essere messi a terra entro il 2026, è chiaro che, se si perdono ulteriori mesi, la possibilità concreta di vederli realizzati diminuisce. Ho un sospetto: che alla fine prevarrà la logica del “tanto meglio tanto peggio” della Lega, che vorrebbe rinunciare alle risorse europee, dichiarando preliminarmente la manifesta incapacità dell’Italia di spendere i fondi. E questa sarebbe una sconfitta epocale sul piano dell’immagine del nostro Paese. Noi che tifiamo sempre Italia indipendentemente da chi governi, diciamo invece sì a tutte le risorse e soprattutto vogliamo che il nostro Paese dimostri al mondo di essere perfettamente capace di spendere le risorse, altro che rinunciare. Dimostrino di saper governare.

Sempre Fitto ha detto anche che il governo chiederà agli enti locali di "garantire la realizzazione degli interventi entro il giugno 2026", in modo da non vedere il rischio di eventuali ritardi "scaricato sul governo". È una mossa per ripararsi da future critiche?

Certo che serve a ripararsi. È di nuovo il gioco inaccettabile dello scaricabarile. Gli enti locali hanno bisogno di risposte sulle assunzioni, sulle semplificazioni procedurali, in particolare riguardo a Via e Vas. Qui a essere in gioco è l’intero Paese, non la singola amministrazione comunale. Ma d’altronde Meloni e il suo partito si opposero al Pnrr, ed evidentemente continuano a lavorare perché il Paese non porti a casa i risultati. Eppure di cose da fare ce ne sarebbero: pensiamo alla siccità, all’energia, all’alta velocità, alle infrastrutture ferroviarie, ai porti. Se la maggioranza e il governo hanno bisogno di idee fresche e utili per il Paese, noi siamo in grado di fornirle. Ma a patto che si mettano pancia a terra a lavorare e la smettano di fare propaganda.

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