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Perché stanno aumentando i suicidi in carcere, Garante detenuti: “Ritmo impressionante, 31 in 3 mesi”

Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, in un’intervista a Fanpage.it, commenta gli ultimi allarmanti dati sui suicidi in carcere, dovuti soprattutto al sovraffollamento: “Dall’inizio del 2024 le morti per suicidio nelle carceri italiane sono arrivate già a 32. Un numero impressionante, se si considera che l’anno scorso, in tutto l’anno, ce ne furono 70. Se continuiamo con questo ritmo arriveremo al dato più alto di sempre”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Sono 32 i detenuti che da inizio 2024 si sono suicidati in carcere, oltre a 4 agenti di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita. I numeri sui suicidi in carcere sono in preoccupante aumento, crescono in modo esponenziale, come denuncia la Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, che oggi ha organizzato presidi in cinquanta città italiane, sedi di penitenziari, leggendo un appello alla politica e alla società civile sull'emergenza dei suicidi in carcere.

Durante le manifestazioni sono stati letti i nomi delle vittime, per causa naturale e per cause ancora da accertare, e i nomi degli agenti di Polizia Penitenziaria che si sono suicidati dall'inizio di quest'anno. Per il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, in un colloquio con Fanpage.it, spiega il senso dell'appello al Parlamento e al ministro di Giustizia: "Il nostro sistema, per le risorse che ha, immobiliari e di personale, è tarato al massimo per 40mila detenuti. Oggi siamo a 61mila in totale in tutta Italia".

In tutto dal 2020 al 2024 ci sono stati 302 suicidi nelle carceri italiane. La Regione con il numero più alto di suicidi in carcere in questi ultimi anni è la Lombardia (48), a seguire la Campania (33). "Siamo in una situazione eccezionale, in cui il fenomeno del sovraffollamento nelle carceri sta tornando alle dimensioni che ci portarono, ormai, dieci anni fa alla condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, la cosiddetta sentenza Torreggiani. Adesso stiamo tornando a quei livelli e nel frattempo registriamo un dato sui suicidi impressionante. Oggi ce ne è stato un altro a Como". Anastasìa si riferisce alla morte di detenuto palestinese di 32 anni, che si è suicidato, inalando il gas della bomboletta del fornello da campeggio, nel carcere di Como. Era evaso dall'ospedale San Paolo di Milano, e l'agente della polizia penitenziaria, durante l'inseguimento, cadde nel vuoto e rimase in coma per alcuni giorni.

In soli tre mesi e mezzo le morti per suicidio nelle carceri italiane sono arrivate già a 32: "Un numero impressionante, se si considera che l'anno scorso, in tutto l'anno, ce ne furono 70. Se continuiamo con questo ritmo arriveremo al dato più alto di sempre, che è quello del 2022, quando ci furono 85 suicidi in carcere", ha detto ancora Anastasìa a Fanpage.it.

Stefano Anastasia, Garante per i detenuti del Lazio
Stefano Anastasia, Garante per i detenuti del Lazio

I detenuti hanno diritto a una sola chiamata a casa di 10 minuti alla settimana

Questa impennata è da attribuire a diversi fattori: "È difficile individuarli, perché bisogna tenere conto delle cause personali e individuali in questo genere di episodi. Ma sicuramente influiscono il sovraffollamento – persone costrette in due o tre in uno spazio pensato per uno – e la chiusura e l'abbandono in carcere. Teniamo presente che dalla fine dell'anno scorso sono state tagliate le telefonate straordinarie che erano consentite durante il periodo Covid, quando i detenuti potevano parlare con le loro famiglie anche 4 o 5 volte alla settimana. Ora possono parlare al telefono solo una volta alla settimana per 10 minuti. E questo sulla vita quotidiana in carcere pesa", ha spiegato a Fanpage.it il Garante per i detenuti del Lazio.

Il regolamento prima del Covid prevedeva appunto soltanto una telefonata alla settimana di dieci minuti. Durante la pandemia in alcuni istituti era permessa anche una telefonata a casa al giorno. L'anno scorso poi si è deciso di tornare alla situazione pre-Covid, e nonostante le critiche di Garanti e associazioni l'amministrazione penitenziaria è stata irremovibile. Ad agosto 2023 il ministro della Giustizia Nordio aveva mostrato un'apertura in questa direzione, quando si verificarono nello stesso giorno due morti nella sezione femminile del carcere di Torino: "In quel caso il ministro si impegnò a voce ad aumentare il numero delle telefonate". Un impegno che però non si è mai tradotto in fatti. "Quell'impegno si è poi trasformato in una proposta in un disegno di legge, depositato in commissione Giustizia della Camera, fino ad ora mai esaminato. Ma trattandosi di una norma regolamentare, che il governo potrebbe fare senza passare dal Parlamento, non si capisce perché abbiano fatto un disegno di legge, invece di fare subito la modifica al regolamento dell'ordinamento penitenziario, che viene adottato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio dei ministri", ha sottolineato Anastasìa. "Si potrebbe fare domani mattina insomma".

L'appello dei Garanti territoriali delle persone private della libertà

"Nel nostro appello chiediamo che siano adottate delle misure contro il sovraffollamento, potenziando le alternative al carcere, per i reati minori. In carcere ci sono circa 10mila persone che sono in esecuzione di pene inferiori a due anni di reclusione. Quindi se ci fosse un minimo di investimento sul territorio, questi detenuti potrebbero uscire dal carcere. Il governo Meloni invece insiste molto sull'uso del carcere, con una moltiplicazione dei reati. Anche se i detenuti al momento stanno in carcere per i soliti reati di sempre, dai piccoli furti allo spaccio di droghe. Il governo ha un orientamento che tende a privilegiare la pena detentiva come pena principale".

"L'altro giorno a un convegno organizzato dal CNEL insieme al ministro della Giustizia è stato anche proposto di aumentare le ore di lavoro in carcere. Al momento non c'è ancora una proposta concreta. Il problema però è che i detenuti sono troppi, e il sistema non regge più, non solo per un problema di spazi, ma anche per un problema di risorse umane. Cito il caso dellla Casa circondariale di Roma Regina Coeli, un istituto che ha 628 posti e oggi ci sono 1150 detenuti. Qui non si tratta di mettere i letti a castello, il problema è che lo stesso numero di personale educativo, sanitario e di polizia deve occuparsi del doppio dei detenuti. Il nostro sistema, per le risorse che ha, immobiliari e di personale, è tarato al massimo per 40mila detenuti. Oggi siamo a 61mila. È chiaro che questo sovraffollamento aumenta la condizione di disagio dei detenuti, così non può funzionare", ha spiegato il Garante.

"Nel Lazio per fortuna quest'anno siamo ancora bassi come suicidi. C'è stato un solo episodio in carcere a Latina, e un episodio di suicidio nel centro di detenzione per stranieri di Ponte Galeria, che non è un carcere. Ma dal punto di vista del sovraffollamento siamo messi male: abbiamo 2mila detenuti in eccesso, in un sistema penitenziario regionale che potrebbe tenerne 4700, e ne abbiamo 6700".

"Anche incentivare le occasioni di lavoro quindi non è sufficiente, se i detenuti sono così tanti. Il governo ha una visione carcerocentrica, al centro di tutto rimane il carcere. Poi magari si vuole offrire loro la possibilità di lavorare di più, ma sempre all'interno delle strutture".

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