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Perché i parlamentari del Movimento 5 Stelle che non voteranno la fiducia a Draghi saranno espulsi

Il destino dei parlamentari del Movimento 5 Stelle che voteranno contro la fiducia al governo Draghi, nonostante il voto espresso dagli iscritti a Rousseau, si riassume in una parola: espulsione. È scritto chiaramente nei regolamenti dei gruppi alla Camera e al Senato, ma anche nello statuto. Ad avere l’ultima parola dovrebbe essere il Collegio dei probiviri, organo del partito, ma l’emorragia interna al Movimento sembra appena iniziata.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Il sì a Draghi rischia di aprire un'emorragia nel Movimento 5 Stelle. Gli iscritti alla piattaforma Rousseau hanno parlato: il partito dovrà appoggiare il governo nascente. Ma non tutti sono d'accordo. E se Alessandro Di Battista ha già deciso di allontanarsi, pur non essendo un parlamentare, diversi senatori e deputati potrebbero decidere di seguire le sue orme, o saranno costretti a farlo. A breve Mario Draghi salirà al Colle, presenterà la lista dei ministri, lui e la sua squadra giureranno e si presenteranno – realisticamente all'inizio della prossima settimana – alle Camere per chiedere la fiducia. In quel momento si scopriranno davvero le carte e i parlamentari pentastellati che voteranno contro il governo Draghi.

Se alcuni hanno già annunciato che voteranno no alla fiducia, altri potrebbero decidere al momento del voto. Una cosa è certa (o quasi): chi voterà contro il governo Draghi sarà espulso dal Movimento 5 Stelle. La sanzione più pesante sembra anche la più probabile, e per capire come si comporteranno i vertici grillini quando i dissidenti verranno davvero fuori basta guardare lo statuto del partito. Il regolamento del gruppo parlamentare pentastellato, sia alla Camera che al Senato, riporta all'articolo 21 le sanzioni possibili "sulla base della gravità dell'atto o del fatto, il richiamo, la sospensione temporanea o l'espulsione". Al comma due si fa riferimento ai comportamenti che causano le sanzioni, e alla lettera d si legge: "Mancato rispetto delle decisioni assunte dall’assemblea degli iscritti con le votazioni in rete".

In sostanza chi non si allinea a quanto emerso dalla votazione su Rousseau rischia una sanzione, ma sullo statuto del Movimento 5 Stelle si legge, alla lettera m dell'articolo 11: "Costituiscono gravi violazioni suscettibili di determinare l’espulsione". Qui sono elencati una serie di casi, tra cui il "mancato rispetto delle decisioni assunte dall’assemblea degli iscritti con le votazioni in rete, nonché le decisioni assunte dagli altri organi del MoVimento 5 Stelle". L'espulsione è automatica? In realtà a decidere è il Collegio dei probiviri, formato da tre pentastellati: al momento sono Fabiana Dadone, Jacopo Berti e Raffaella Andreola.

Difficilmente i parlamentari che voteranno contro la fiducia a Draghi andranno incontro ad un destino diverso dall'espulsione, e non è escluso che in diversi possano lasciare il Movimento prima di ricevere una sanzione. Tra i "ribelli" c'è la senatrice Barbara Lezzi, molto vicina a Di Battista, ma anche Mattia Crucioli, che ha già annunciato su Facebook il suo voto contrario in Aula. Scorrendo i regolamenti dei gruppi parlamentari c'è un altro dettaglio interessante, anche se difficilmente verrà seguito, al comma 5 dell'articolo 21: "Il senatore/deputato che abbandona il Gruppo Parlamentare a causa di espulsione, ovvero abbandono volontario, ovvero dimissioni determinate da dissenso politico sarà obbligato a pagare, a titolo di penale, al MoVimento 5 Stelle entro dieci giorni dalla data di accadimento di uno dei fatti sopra indicati, la somma di euro 100.000,00".

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