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Perché gli Stati non devono comprare i vaccini anti-Covid da soli, secondo il presidente del PE

Aver comprato i vaccini come Ue e non come singoli Stati è stata la scelta giusta. Una decisione che ha permesso di evitare una concorrenza nociva tra i Paesi e che ha impedito che i più ricchi “si accaparrassero la maggior parte dei vaccini”. Lo ha detto il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, durante il Consiglio europeo di oggi. Per poi ripetere di essere “fortemente contrario a qualsiasi accordo bilaterale” e chiedere ai leader di “rifuggire ogni tentazione di nazionalismo sui vaccini”.
A cura di Annalisa Girardi
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Inizia oggi il primo Consiglio europeo di Mario Draghi. Un vertice in cui sarà centrale il discorso sulla lotta alla pandemia e sulla campagna vaccinale. "Affrontare questa emergenza non è stato facile per nessuno, ma sono lieto di dire che siamo uniti nella solidarietà, nella trasparenza e nella democrazia e che questo ci sta guidando verso un'Europa più efficace nella lotta contro la pandemia e contro la crisi", ha detto il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, parlando ai leader Ue. La battaglia al Covid-19, ha sottolineato, deve passare attraverso la vaccinazione degli europei: 27 milioni di persone nel Vecchio Continente hanno già ricevuto una dose e il programma di vaccinazione continua a crescere. "L'Ue ha acquistato 600 milioni di dosi supplementari, portando il portafoglio a 2,6 miliardi di dosi, una quantità più che sufficiente per vaccinare l'intera popolazione dell'Unione", ha spiegato Sassoli.

Per poi ribadire come aver comprato i vaccini come Ue e non come singoli Stati sia stata la scelta giusta. Una decisione che ha permesso di evitare una concorrenza nociva tra i Paesi e che ha impedito che i più ricchi "si accaparrassero la maggior parte dei vaccini". Per questa ragione Sassoli ha ripetuto di essere "fortemente contrario a qualsiasi accordo bilaterale" e ha chiesto ai leader di "rifuggire ogni tentazione di nazionalismo sui vaccini". E ha aggiunto: "Un approccio comune consente anche di monitorare, indagare e sanzionare ogni tentativo di frode ai danni degli stati membri. Solo una politica comune può permettere di regolare anche la mobilità. Il certificato vaccinale può essere lo strumento adatto a consentire a tutti, in modo uguale e non discriminatorio, di tornare alla normalità. Non possiamo aspettare e questo è il momento giusto per decidere".

Il presidente del Parlamento europeo ha anche parlato delle varianti del virus, che stanno destando preoccupazioni in tutta Europa. "Tutti gli sforzi ora devono concentrarsi sull’aumento della produzione di vaccini, esistenti e futuri, basata nell'UE. Non abbiamo altra scelta: è la sola chiave per realizzare il nostro obiettivo di vaccinare il 70 % della nostra popolazione adulta entro la fine dell'estate", ha detto. Citando quindi le case farmaceutiche, che negli ultimi mesi hanno più volte annunciato ritardi e tagli nelle consegne: "Dovrebbero onorare i loro obblighi contrattuali, ma dovremmo anche continuare ad agevolare tutte le soluzioni pratiche di concessione di licenze che permettano di accelerare la vaccinazione su grande scala dei nostri cittadini. Per aumentare in tempi rapidi la produzione è essenziale affrontare le carenze e le strozzature nella catena di approvvigionamento".

Infine Sassoli ha concluso sottolineando come la drammaticità di questa crisi e la risposta comune europea che le è conseguita ci ha offerto un'importante lezione: "L’Unione europea si è assunta – rispettando i trattati esistenti – compiti complessi e carichi di implicazioni perché era necessario, ma nell’assenza di una vera competenza europea in materia di salute. La lezione che ci offre la pandemia non potrà farci tornare al punto di partenza. Sarebbe un errore, uno spreco di energie e non avremmo la possibilità di affrontare le sfide future. Siamo chiamati a costruire una politica europea della salute, radicando competenze precise in materia nelle istituzioni dell’Unione Europea".

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