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Strage di Ustica

Ustica, parla il presidente della Commissione stragi: “Francia e Nato hanno le risposte”

Ha provocato grande clamore l’intervista a Repubblica dell’ex premier Giuliano Amato, sulla strage di Ustica. Amato afferma che il DC9 esploso nei cieli siciliani il 27 giugno 1980, fu abbattuto da un missile francese, che doveva essere indirizzato verso un’areo libico. Abbiamo chiesto di commentare le parole dell’ex presidente del Consiglio a Giovanni Pellegrino, dal 1994 al 2001 presidente della Commissione parlamentare sulle Stragi, incaricata di indagare anche sul disastro di Ustica.
A cura di Marco Billeci
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Giuliano Amato ha attraversato, da protagonista, quattro decenni della politica italiana: più volte ministro, due incarichi da premier, infine presidente della Corte Costituzionale. Anche per questo, la sua intervista a Repubblica sul disastro aereo di Ustica ha avuto una risonanza internazionale. Nell'intervista, Amato di aver maturato la convinzione, sulla base degli elementi  raccolti nel corso della sua attività politica, chel'esplosione del DC9 che il 27 giugno 1980 uccise 81 persone fu causata da un missile, sparato da un aereo francese. Secondo l'ex premier, l'aereo fu colpito per errore: il vero obiettivo dell'attacco – pianificato nell'ambito di un'operazione Nato – sarebbe stato un Mig, che avrebbe dovuto trasportare l'allora leader della Libia Muʿammar Gheddafi.

Fanpage.it ha chiesto di commentare le rivelazioni di Amato a Giovanni Pellegrino. Giurista ed ex parlamentare, Pellegrino è stato per per due legislature, dal 1994 al 2001, presidente della cosiddetta Commissione stragi, incaricata di indagare su alcuni dei più grandi misteri irrisolti della storia italiana del Dopoguerra, dal caso Moro ad appunto la strage di Ustica.

Cosa pensa delle parole di Amato?

Devo dire che l'intervista mi ha convinto di una mia sottovalutazione, riguardo alle dichiarazioni che l'ex presidente Francesco Cossiga aveva già fatto ai magistrati inquirenti. All'epoca quella ricostruzione mi sembrò una delle mattane di Cossiga, che spesso parlava per stupire l'ascoltatore. Invece, quella della responsabilità francese nell'abbattimento del DC9 appare un'ipotesi molto seria, anche alla luce delle parole di Amato di oggi.

Negli anni della sua presidenza della Commissione parlamentare sulle stragi, avevate raccolto elementi in questo senso?

Nella direzione della ricostruzione di Amato andava quello che ci disse  il generale Bozzo, che era stato il principale collaboratore di Dalla Chiesa. Raccontò che lui in quel momento era in vacanza in Corsica e fu stupito dal via vai di aerei , attorno alla base francese militare nell'area, un traffico densissimo. Ci furono poi le audizioni di Priore…

Rosario Priore – giudice istruttore e consulente della Commissione – che dopo anni di lavoro nel 1999 depositò una sentenza ordinanza sui fatti di Ustica

Priore sosteneva che sulla base dei dati radar si poteva dimostrare, come nascosto nella scia o sotto la pancia del DC9 volasse un aereo militare senza trasponder. E poi, sempre dati dei radar  dimostravano la possibilità di un attacco da parte veivoli militari che provenivano da Est.

L'aereo nascosto sarebbe il Mig libico, i due assalitori quelli francesi

Esatto. Della ricostruzione di Amato invece non mi convince invece l'ipotesi per cui il velivolo libico sarebbe lo stesso poi ritrovato, precipitato nella Sila calabrese, il 18 luglio successivo. La distanza temporale tra quel ritrovamento e il disastro di Ustica è troppo forte. Credo sia più probabile che l'aereo precipitato fosse quello di un disertore libico, che fuggiva dalla dittatura e volava verso l'Italia, con un piano di volo rudimentale, scritto addirittura a matita su un pezzo di carta. È impensabile che quello fosse il piano di volo di un aereo che doveva trasportare Gheddafi.

Sì perché secondo Amato, l'obiettivo dell'attacco era un aereo libico su cui sarebbe dovuto volare il leader della Libia, che invece – avvertito del pericolo – non salì a bordo.

Se è stato un aereo francese ad abbattere con un missile il DC9, questa mi pare l'ipotesi più probabile.

Amato parla di ostacoli e depistaggi alle indagini su Ustica da parte di generali dell'Aeronautica italiana e pressioni di cui lui stesso sarebbe stato vittima. Lei ha avuto la stessa percezione?

Dopo lo scandalo di Ustica, l'areonautica fece una brutta figura già durante il lavoro della prima Commissione d'inchiesta sulle stragi, presieduta dal mio predecessore, Libero Gualtieri. Lì fu sfondato il muro di gomma e si misero in luce una serie di contraddizioni, in quello che raccontavano i vertici dell'Aeronautica.  Quando, anni dopo, sentimmo il generale  Mario Arpino, a una mia contestazione sulle omissioni riguardo ai fatti di Ustica, il generale rispose con parole precise.  Spiegò che era inutile nascondersi dietro a un dito e che per i militari ancora nel 1980, un terzo del parlamento italiano era considerato nemico. Insomma di fronte al Partito Comunista più forte d'Occidente, certi sospetti non potevano essere riconosciuti.

Quali erano questi sospetti?

La verità è che all'inizio l'Areonautica italiana aveva pensato che ad abbattere il DC9 fossero stati aerei americani, che  abitualmente si impegnavano in esercitazioni notturne in quell'area, senza informare nostre forze armate. Gli stessi ufficiali dei radar, quando videro il DC9 scomparire, credettero che fossero coinvolti gli americani, che erano abituati a razzolare in zona – questa è l'espressione, agli atti della Commissione stragi -, senza avvertire nessuno. Poi i nostri militari si assicurarono che le cose erano diverse, ma restarono comunque prigionieri di quelle iniziali bugie, menzogne, omissioni. C0sì continuarono a sostenere la tesi di un'esplosione interna, la bomba, dopo che quella del cedimento strutturale fu esclusa, dal ritrovamento del relitto.

La teoria di una bomba a bordo come causa dell'esplosione del DC9 ha ancora oggi diversi sostenitori. Quanto è credibile?

Direi che si può escludere con sufficiente certezza, anche se la sentenza della Cassazione che assolse i capi dell'Aeronautica dall'imputazione di alto tradimento, nel rivisitare la vicenda, affermò che gli indizi di un'esplosione interna erano superiori a quelli di un missile. Nel corso delle nostre audizioni, i pm dell'inchiesta sostennero che tutto sommato le evidenze sul missile e quelle sulla bomba si bilanciavano, anzi forse queste ultime erano prevalenti. Priore invece acquisì la consulenza sui radar e depositò un'ordinanza enorme che – come ho detto – sulla base di quei dati rafforzava l'ipotesi della battaglia aerea.

Quanto l'esistenza di atti a lungo sigillati dal segreto di Stato ha ostacolato l'accertamento dei fatti?

Formalmente il segreto di Stato non era opponibile, davanti alla Commissione stragi. Però se un documento che doveva essere archiviato in un fascicolo, invece stava in un altro, noi non lo potevamo sapere. È quello che io ho chiamato il segreto di Stato strisciante, non opposto formalmente, ma mantenuto per il modo disordinato con cui era conservato il materiale archivistico.

Un disordine creato volontariamente?

Se questo è avvenuto, è avvenuto consapevolmente, certo. C'erano cose che il parlamento italiano non doveva sapere.

Cosa manca oggi, per arrivare a una verità definitiva?

Ha ragione Amato quando sostiene che per avere la verità una volta per tutte, ora devono parlare la Francia e la Nato, le risposte definitive passano da lì. Se l'aereo era francese, Macron dovrebbe dirlo. Per quanto riguarda la Nato, posso solo ricordare che il segreto meglio custodito d'Italia è stato l'esistenza di Gladio. E nel mantenimento di quel segreto la Nato ha avuto le sue precise responsabilità.

Il governo Meloni deve battersi per ottenere risposte da Parigi e dall'Alleanza Atlantica?

Le pressioni sono state fatte da tanti anni. Amato nell'intervista Repubblica ricorda la lettera che da presidente del Consiglio  nel 2000 inviò a Clinton e Chirac, per chiedere di fare luce sul disastro di Ustica. Quella lettera fu concordata anche con me,  come presidente della Commissione stragi. Amato ci disse di avere questo tipo di perplessità e decidemmo l'iniziativa. Ma le risposte furono deludenti.

Perché a oltre quarant'anni di distanza, è ancora importante trovare delle risposte sulla strage di Ustica?

Rivelare cosa è successo al DC9 oggi significherebbe pagare un debito di verità, più che un debito di giustizia. E sarebbe uno dei rari casi in cui un cosiddetto ‘misteri d'Italia'  avrebbe una risposta fissata in maniera definitiva.

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