Paragon, Graziano (Pd): “Dopo mesi governo continua a tacere: o nasconde o non sa, gravi entrambe ipotesi”

La scorsa settimana la Camera dei deputati ha respinto la mozione congiunta di Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra sulla libertà di stampa e sulla tutela dei giornalisti. Un voto che, secondo le opposizioni, certifica l'assenza di volontà da parte del governo di rafforzare le garanzie previste dall'articolo 21 della Costituzione e di dare piena attuazione al regolamento europeo sulla libertà dei media, il cosiddetto Freedom Act.
È da qui che parte la nostra intervista a Stefano Graziano, capogruppo Pd in Commissione Vigilanza Rai, che in Aula è intervenuto in dichiarazione di voto e che a Fanpage spiega il senso politico di quella mozione bocciata. "Noi chiedevamo innanzitutto di attuare il Freedom Act", spiega, "cioè il regolamento europeo che prevede più libertà di stampa, più informazione, più giornalismo d'inchiesta. L'obiettivo è uno solo: garantire il diritto dei cittadini a essere informati, che è il cuore dell’articolo 21 della Costituzione". Per Graziano, la risposta della maggioranza è stata netta e negativa: "Quella bocciatura è il segno evidente che il governo non ha alcuna intenzione di dare più libertà di stampa né più informazione ai cittadini". E il riferimento non è solo alla stampa privata, ma anche al servizio pubblico: "Il regolamento europeo prevede una nuova legge sulla Rai, la più grande azienda culturale del Paese. Ma la direzione intrapresa dal governo va esattamente nel senso opposto".
Il caso Paragon
Nel suo intervento in Aula, Graziano ha poi legato il tema della libertà di stampa a una serie di episodi che, messi insieme, delineano secondo lui un quadro allarmante. A partire dal caso Paragon, lo spyware utilizzato per spiare giornalisti, tra cui il direttore di Fanpage Francesco Cancellato e il giornalista Ciro Pellegrino. "Siamo davanti a un fatto di una gravità senza precedenti", dice, "perché in un Paese democratico non si può non sapere per quali ragioni vengono spiati dei giornalisti". E aggiunge: "Il governo su questa vicenda è in silenzio. O nasconde ciò che è accaduto o non lo sa. Non so quale delle due ipotesi sia peggiore". Un silenzio che, secondo il deputato dem, pesa come una responsabilità politica: "Se non viene chiarito chi ha spiato, perché e con quali autorizzazioni, viene meno un principio fondamentale di garanzia democratica". Da qui la solidarietà espressa ai giornalisti coinvolti e la richiesta di verità su un caso che tocca direttamente il diritto di cronaca e di inchiesta.
Nel racconto di Graziano, il caso Paragon non è però isolato. Nelle ultime settimane, ricorda Graziano, si sono verificate due vicende: l'attentato sotto casa di Sigfrido Ranucci e l'assalto alla redazione de La Stampa. Episodi diversi, ma uniti, come conferma, dallo stesso clima: "Un clima evidente di intimidazione nei confronti dei giornalisti, che produce conseguenze molto pericolose". Per il Pd, ogni atto di violenza va condannato "con fermezza", ma non può essere scollegato dal contesto politico e istituzionale in cui avviene.
La situazione della Rai e la Commissione di Vigilanza
Un capitolo centrale del suo intervento riguarda la Rai e lo stallo in Commissione di Vigilanza. Graziano parla apertamente di "un ricatto politico" della maggioranza: "Si è deciso di imporre un presidente indicato dai partiti di governo, fregandosene della legge, dividendo la Rai come una torta politica". E avverte: "Se l'opposizione non partecipa a una commissione parlamentare, manda un segnale politico. Ma se è la maggioranza a non partecipare, allora blocca le istituzioni, il controllo e l'informazione".
Il rapporto tra governo e informazione
Infine, il giudizio politico sulla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e sul rapporto tra governo e informazione: "C'è un'evidente insofferenza ai controlli – sostiene – non solo a quelli dei giornalisti, ma anche a quelli della magistratura e della Corte dei conti". La scelta di evitare conferenze stampa e di comunicare prevalentemente tramite note ufficiali, per il capogruppo, non è insomma "un buon segno per la qualità della democrazia".
Il punto, conclude, è politico e costituzionale insieme: "Dove si riduce la libertà di informazione, si riduce la democrazia e si comprimono i diritti fondamentali". Per questo, come detto anche in Aula, assicura, il Pd continuerà a battersi in difesa della libertà di stampa, pietra miliare della Costituzione e della vita democratica del Paese.