Nordio dice che contro i femminicidi serve l’educazione in famiglia, non a scuola

Oggi in Italia si è registrato un altro femminicidio. A Castelnuovo del Garda una donna è stata brutalmente uccisa a coltellate dal compagno. Neanche una settimana fa un'altra donna, Luciana Ronchi, è stata ammazzata dall'ex marito nel suo appartamento a Milano. Qualche giorno prima, il femminicidio di Pamela Genini, morta anche lei per mano dell'ex compagno che non aveva accettato la decisione della ragazza di chiudere la relazione.
Rispondendo a una domanda sul contrasto a violenza di genere e femminicidi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha detto che "la prevenzione si fa attraverso l'educazione: a monte di tutto c'è l'educazione". Dichiarazioni fin qui condivisibili, salvo poi precisare: "Non l'educazione che si fa a scuola, ma quella che si fa in famiglia, con l'esempio". Dal punto legislativo, ha aggiunto, "è stato fatto il massimo". Le nostre leggi "sono le più severe del mondo, abbiamo introdotto l'ergastolo e un reato autonomo", ha precisato, riferendosi al nuovo reato di femminicidio introdotto dal ddl già approvato al Senato, che ora attende il via libera definitivo della Camera.
Per il ministro dunque, la lotta alla violenza contro le donne non passerebbe attraverso l'educazione nelle scuole, ma esclusivamente nelle famiglie, dimenticando il ruolo centrale della dimensione scolastica nello sviluppo dei più giovani. Parole che Nicola Fratoianni di Avs boccia come "sciocchezze improvvide", pronunciate proprio nel giorno in cui assistiamo ad un altro terribile femminicidio.
Il tempo passato in classe, l'arco di vita trascorso tra i banchi e nelle aule rappresenta una fetta significativa dell'esistenza di un bambino, che prosegue fino alla sua adolescenza e che fa della scuola un luogo di crescita importantissimo. Una considerazione che Nordio pare tralasciare ma che risulta in linea con la decisione di vietare l’educazione sessuale fino alle medie, prevista da un emendamento leghista al ddl Valditara, che impone il consenso informato obbligatorio alle scuole superiori per i corsi sulla sessualità.
La responsabile nazionale scuola del Pd, Irene Manzi, definisce "paradossali e inopportune" le frasi del Guardasigilli, a cui ricorda che il "maggior numero di femminicidi si consuma proprio in famiglia e cioè il luogo che Nordio ritiene l'unico indicato a formare i nostri ragazzi e le nostre ragazze". "Credo sia arrivato il momento che il Ministro cominci ad occuparsi degli innumerevoli problemi della giustizia italiana ben lungi dall'essere risolti e lasci le questioni legate alla formazione e all'educazione a chi se ne occupa ogni giorno. L'educazione non è una bella parola ma l'architrave su cui si costruisce una società civile e capace anche di sconfiggere violenza e discriminazioni", conclude.