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Nave di Sea Watch sequestrata dopo aver salvato 72 migranti: “Governo voleva che andassimo in Tunisia”

La nave Aurora, della Ong Sea Watch, è stata messa in stato di detenzione per venti giorni della autorità italiane nel porto di Lampedusa, seguendo le norme del decreto Ong. Sabato scorso l’imbarcazione aveva portato in salvo 72 persone, attraccando a Lampedusa invece che a Trapani a causa delle difficili condizioni a bordo.
A cura di Luca Pons
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La nave Sea Watch 4, un'altra imbarcazione della Ong Sea Watch
La nave Sea Watch 4, un'altra imbarcazione della Ong Sea Watch
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Un'altra nave di Ong sequestrata, dopo aver effettuato un soccorso di persone migranti in mare, perché non ha rispettato le norme del decreto Piantedosi. Era successo a inizio giugno alla Mare Go e a Sea Eye 4, invece questa volta è stata la nave Aurora (della Ong Sea Watch) a essere messa in stato di detenzione, nel porto di Lampedusa.

A comunicarlo è stata la stessa organizzazione: "Le autorità italiane ci hanno comunicato poco fa che il nostro assetto veloce Aurora è in stato di detenzione per aver sbarcato 72 naufraghi sabato 19 agosto a Lampedusa, contravvenendo alla legge Piantedosi". Il fermo durerà per venti giorni. In particolare, la contestazione sarebbe che l'equipaggio non si è "coordinato con le autorità tunisine per sbarcare nel paese nordafricano i naufraghi", cosa che avrebbe "messo in pericolo la sicurezza delle persone soccorse".

Dopo il salvataggio, infatti, le autorità italiane avevano indicato come porto di sbarco quello di Trapani. Che però, per le condizioni delle persone a bordo, era impossibile da raggiungere secondo quanto riportato da Sea Watch. La mancanza di acqua e di benzina, oltre al caldo fortissimo di questi giorni, rendeva pericoloso allungare la navigazione. Per questo, la richiesta era di poter sbarcare a Lampedusa.

Invece, l'Italia avrebbe chiesto che la nave, non potendo andare a Trapani, si mettesse d'accordo con la Tunisia. "In Tunisia in queste settimane sono in atto veri e propri pogrom razzisti contro le persone migranti vengono perseguitati e deportazioni verso i confini desertici del Paese", ha ricordato Sea Watch, "dove non esiste un sistema di asilo e di accoglienza e dove i diritti umani fondamentali delle persone migranti non sono garantiti".

Alla fine lo sbarco è avvenuto a Lampedusa. Già sabato l'organizzazione aveva dichiarato: "Non è chiaro se Aurora sarà bloccata. Ciò che è certo è che non avevamo scelta".

Secondo la Ong quindi quella usata dall'Italia sarebbe "una motivazione semplicemente assurda", a riprova di una "pretestuosa politica di guerra alle Ong che il governo sta combattendo sulla pelle dei migranti". In più, invece di permettere lo sbarco immediato, "Aurora sabato è stata costretta a una lunga attesa sotto il sole davanti alla costa di Lampedusa e questo ha messo in grave pericolo le persone a bordo: una di esse ha perso conoscenza per il caldo. È stato lo Stato italiano a mettere in pericolo la salute delle persone a bordo e non le decisioni dell’equipaggio di Aurora".

La portavoce di Sea Watch, Giorgia Linardi, ha affermato che "l’Italia ha assegnato a Aurora un porto che la nave non era in grado di raggiungere e ha poi utilizzato questo pretesto per detenerla. L’indicazione di rivolgersi a Tunisi potrebbe essere un fallace tentativo di attuazione per vie operative del memorandum voluto da Meloni. Triste e assurdo utilizzare la guardia costiera per servire le politiche di esternalizzazione ad ogni costo verso il Nord Africa.”

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