Naufragio di Lampedusa: i superstiti non hanno ancora potuto salutare i propri cari defunti

La puzza di cadavere si insinua tra le macchine in coda sopra il cimitero di Cala Pisana. All’una e mezza di notte la fila di gente in attesa di entrare in discoteca è ancora lunga, mentre qualche metro più in basso, nella camera mortuaria di Lampedusa, i corpi annegati mercoledì scorso stanno andando in putrefazione.
Sono ancora tutte lì le 23 bare, ammassate una sull'altra, apparentemente in una stanza non refrigerata. Nessuno può vederle, nessuno può pregarle, neanche i parenti sopravvissuti al naufragio. A Lampedusa regna ancora il silenzio sull’ultima tragedia consumatasi mercoledì scorso a poche miglia dalle sue coste. Non sappiamo se e quando verranno trasferite le 23 salme recuperate in mare, non è chiaro quante siano le persone ancora disperse, l’unica certezza è che ad oggi nessuno tra i sopravvissuti ha ancora potuto dare un ultimo addio ai propri familiari e compagni di viaggio. Neanche il giovane che l’altro ieri ha perso suo fratello, neanche la madre che mercoledì in questo mare ha visto scomparire il marito e la figlia di 18 mesi. È probabile che nessuno di loro potrà mai avere un momento di intimità con le bare ne tanto meno con le salme, dato che oggi pomeriggio la Procura di Agrigento, che sta indagando per naufragio colposo a carico di ignoti, ha già dato il via libera al seppellimento e adesso la Prefettura sta cercando le sistemazioni nei vari cimiteri della provincia.
“Mercoledì le salme sono state messe direttamente dentro le bare e portate al cimitero, com’è possibile che i sopravvissuti non le abbiano potute vedere e riconoscere? Le scuse che si possono accampare sono varie, come per esempio che i cadaveri sono in cattive condizioni e mille altre cose, ma la verità è che il riconoscimento avviene solo quando ci sono dei parenti stretti – in questo caso manco quello – ma in realtà le persone molto spesso parlano di fratelli, di cugini, di zii che sono persone con cui magari non c'è un legame strettissimo di sangue, ma con le quali c'è un vissuto condiviso e quindi sarebbero persone assolutamente in grado e in diritto di riconoscerle, di salutarle, di scegliere loro stessi se se la sentono di dare un ultimo saluto a persone a cui hanno voluto bene o meno”, spiega Francesca Saccomandi operatrice di Mediterranea Hope della federazione Chiese Evangeliche d'Italia, “ma questo purtroppo non è l'obiettivo delle autorità e dare un nome e fare giustizia alle vittime resta completamente in mano agli sforzi della società civile. Sono anni che noi cerchiamo di far sì che questo avvenga, continuando a inoltrare richieste alla prefettura, continuando a presentarci davanti all'hotspot per chiedere di poter almeno proporre alle persone di riconoscere e salutare i propri cari defunti, di proporre alle persone dei momenti collettivi di saluto. Questa possibilità non c'è mai stata concessa, soprattutto dal 2020, quando l'hotspot è stato chiuso in modo ermetico. Quella di riconoscere e salutare i propri cari defunti continua ad essere un'esigenza che viene completamente dismessa in nome della sicurezza, in nome di un approccio decisamente paternalistico nei confronti delle persone che sono sopravvissute”.

La sensazione, però, è che in questi giorni ci sia anche una volontà specifica di rendere il più silenzioso possibile questo naufragio: mentre al molo Favaloro continuano a sbarcare centinaia di persone, circa 290 solo ieri, e non si fermano le ricerche dei restanti dispersi, i turisti nell’isola non si accorgono quasi di nulla. A parte qualcuno che casualmente mercoledì mattina stava rientrando in porto dopo una festa in barca quando è stata trasportata la salma della neonata. “Abbiamo visto il corpo di quella bimba ed è stato straziante, abbiamo pensato che noi stavamo in barca a ballare senza accorgerci che nello stesso mare stavano affogando delle persone”, hanno raccontato una coppia di turisti sull’isola per ferragosto.
Intanto le autorità continuano a parlare a stento, il sindaco ieri sera ha detto di non sapere nulla su quando avverrà la tumulazione delle 23 bare e neanche se e quando verranno trasferite.
Alle 21:30 una messa ristretta e una breve fiaccolata è stata l’unica commemorazione fatta dalla popolazione locale: "è successo adesso, ad agosto, quando l'isola è piena di turisti – ha dichiarato una delle donne presenti – ma noi dobbiamo pensare anche a chi è morto, a chi è vittima di quest'atra tragedia. I bambini non dovrebbero morire così, come neanche gli adulti".