
Ministra Eugenia Maria Roccella, ho ascoltato le parole con cui ha definito i viaggi d'istruzione ad Auschwitz, li ha chiamati "gite". Ma seriamente?
Gite inutili perché fatte – ha aggiunto – soltanto per incrementare il sentimento dell'antifascismo.
Partiamo da qui: l'antifascismo è un valore, e l'opposto di antifascismo è fascismo. Perciò, nel caso, ben venga l'antifascismo da cui è nata la Costituzione più bella del mondo. Quella su cui lei avrebbe pure giurato, così, incidentalmente.
In altre parole: chi non è antifascista è contro la democrazia e a favore della barbarie. Delle due, l'una. Non ci sono alternative, non si può essere afascisti, o indifferenti. Perché "l'indifferentismo alla politica", come lo chiamò Piero Calamandrei nel discorso agli studenti milanesi, è già una forma di fascismo, perché lascia nei fatti le decisioni al più forte.
E poi, Ministra Roccella, quella parola: "gita".
Provo a spiegargliela così, partendo proprio dalla sua parola oscena: "gita". Io sono stato due volte in "gita" ad Auschwitz, con il Treno della Memoria e migliaia di studentesse e studenti, e a fianco delle ultime persone sopravvissute allo sterminio.
Ministra Roccella, in "gita", come la chiama lei, io ho conosciuto Antonio Ceseri, deportato in un carro bestiame per cinque giorni e cinque notti, e poi nel lager di Treuenbrietzen perché si rifiutò di aderire alla Repubblica sociale italiana, cioè al fascismo.
Ministra Roccella, in "gita", come la chiama lei, ho conosciuto Tatiana Bucci, deportata ad Auschwitz all'età di sei anni. È stata lei a raccontarmi quando impiccarono nel sottosuolo dei bambini esattamente come lei a dei ganci da macellaio; e un bambino o due, da quanto erano leggeri, dovettero tirarli per i piedi.
Ministra Roccella, in "gita", come la chiama lei, ho conosciuto Andra Bucci, sorella di Tatiana, deportata al campo di sterminio di Auschwitz, aveva quattro anni. È stata lei a raccontarmi che ancora oggi quando qualcuno accende il barbecue, e c'è odore di carne bruciata, a lei fa tornare indietro nel tempo e ricordare l'odore del fumo dai camini del campo, dato dai corpi bruciati.
Ministra Roccella, in "gita", come l'ha definita lei, io ho conosciuto Vera Michelin Salomon, condannata ai lavori forzati nel carcere duro di Frauen Zuchtaus, per la sua attività nella resistenza non armata. Lei mi ha raccontato come cercassero di sabotare le forze militari tedesche, lavorando lentamente e male. Intagliavano i lacci che dovevano tenere le suole delle scarpe che erano obbligate a realizzare per i soldati tedeschi. E intagliando quelle cordicelle, quando le scarpe fossero state indossate, si sarebbero rotte dopo poche centinaia di metri. Era la loro resistenza, anche durante i lavori forzati.
Ministra Roccella, in "gita", come la chiama lei, ho conosciuto Marcello Martini, rinchiuso nel campo di sterminio di Mauthausen perché antifascista. Lui mi ha detto "dammi del ‘tu', io sono nonno Marcello", e mi ha raccontato di quando nel campo di sterminio partì un coro mugolato dell'Internazionale. Mugolato perché se ti avessero individuato, ti avrebbero ammazzato.
In "gita" ad Auschwitz, come la chiama lei Ministra Roccella, ho conosciuto anche Gilberto Salmoni, dove in quel campo gli hanno ucciso i genitori e la sorella. E poi lui fu deportato nel campo di Buchenwald. È lui, all'epoca un ragazzino, che ancora oggi più di tutto ricorda l'edificio degli esperimenti, e il sotterraneo del crematorio dove impiccavano le persone con dei ganci vicino al muro, e il muro era completamente scrostato, perché le persone prima di morire scalciavano, scalciavano tanto mi ha detto.
In "gita" ad Auschwitz come lo chiama lei Ministra Roccella, io ho conosciuto Oleg Mandic, l'ultimo bambino a lasciare vivo Auschwitz, e mi ha fatto vedere il suo numero sul braccio: 189488. Aveva 11 anni quando fu deportato, e mi ha raccontato di altri a cui il numero era stato invece tatuato sulla gamba, perché erano nati direttamente lì, nel campo di sterminio; e l'unico posto dove c'era un po' più di carne era sulle gambe, per questo i neonati li tatuavano lì. In quel campo Oleg Mandic conobbe Toljia, aveva 8 anni, era un bimbetto ucraino, tremava dal freddo. Oleg era poco più grande e di notte lo abbracciava per dargli un po' di calore; una mattina si svegliò e Toljia non tremava e Oleg se ne rallegrò, poi si accorse che era soltanto morto.
Ministra Roccella, ad Auschwitz non si fanno gite, in quel luogo s'impara che il male è banale e può tornare. E come sempre, tornando, partirà dalle parole usate per banalizzare quello che è stato e poi per negarlo, e infine ripresentarlo, non necessariamente accorgendosene, non necessariamente nelle stesse identiche forme. Semplicemente accadendo. Quando si dice che il male è banale, è proprio questa cosa qui.
