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Il governo Meloni ha obbligato la nave Ong Mare Jonio a non soccorrere più migranti in mare

Mediterranea saving humans, la Ong a cui fa riferimento la nave Mare Jonio, ha riferito che le autorità italiane hanno imposto alla nave di lasciare a terra tutte le attrezzature per effettuare salvataggi di migranti. In caso contrario potrebbe scattare l’arresto. Il motivo è tecnico-burocratico, e per la Ong si tratta di “ordine oltraggioso e inaccettabile”.
A cura di Luca Pons
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Rinunciare a tutte le attrezzature necessarie per il soccorso in mare, o rischiare l'arresto. Questa è la decisione che il governo italiano avrebbe messo davanti alla nave Mare Jonio, della Ong Mediterranea saving humans, secondo quanto riferito dalla stessa Ong. L'organizzazione, che da anni effettua operazioni di salvataggio di migranti, ha infatti fatto sapere che "è stato ordinato dalle autorità alla Società armatrice della nostra Mare Jonio di ‘rimuovere dalla nave prima della partenza le attrezzature e gli equipaggiamenti imbarcati a bordo per lo svolgimento del servizio di salvataggio'. Pena la violazione dell'art. 650 del Codice penale che prevede l'arresto fino a tre mesi e sanzioni pecuniarie".

La denuncia della Ong: "Un ordine assurdo"

Nell'annunciare la notizia, i responsabili di Mediterranea hanno commentato: "In questi anni pensavamo di averle viste tutte nella insensata guerra dei governi italiani contro il soccorso civile in mare: i codici di condotta e i porti chiusi, i controlli strumentali e le detenzioni tecniche, le inchieste per favoreggiamento e le multe milionarie, da ultimi gli sbarchi selettivi, i porti lontani e gli ingiustificati fermi amministrativi. Ma con l'assurdo ordine impartito alla Mare Jonio si fa un ulteriore passo nella direzione della disumanità".

Formalmente l'imposizione è legata a un dettaglio, sempre secondo Mediterranea, che è stato segnalato dopo una "ispezione lunga, approfondita e severa" a cui la Mare Jonio – l'unica nave con bandiera italiana che effettua soccorsi in mare – è stata sottoposta. Le operazioni sono andate avanti dal 22 agosto al 6 settembre, e al termine sono stati rinnovati tutti i documenti per la navigazione. Uno, invece, non è stato concesso: la certificazione come nave "da salvataggio/rescue".

Perché la Mare Jonio non può fare operazioni di soccorso in mare

Il motivo è strettamente tecnico-burocratico: con due circolari emanate tra il 2021 e il 2022, le autorità marittime italiane hanno deciso che per ricevere questa certificazione una nave deve avere "particolari caratteristiche tecniche dello scafo corrispondenti al codice internazionale SPS emanato nel maggio 2008", ha spiegato Mediterranea. Una "pretesa in sé assurda", anche perché la nave è già certificata nel Registro navale italiano proprio perché è riconosciuto che abbia l'equipaggiamento adatto a operazioni di ricerca e soccorso (Sar).  In più, "il governo italiano vorrebbe far diventare questo lo standard per tutte le bandiere europee, in modo da ostacolare l'intera flotta civile", ha denunciato la Ong.

"Che senso ha imporre a una nave, che si prepara a navigare nel tratto di mare più pericoloso e mortifero del pianeta – dove oltre 2.300 persone hanno perso la vita dall'inizio dell'anno – di privarsi di salvagente, battelli gonfiabili, farmaci ed equipaggiamenti medicali e quant'altro è necessario per salvare vite umane in pericolo?", ha chiesto Mediterranea. "Questo ordine è per noi semplicemente oltraggioso e inaccettabile, così come la minaccia di conseguenze penali per i nostri armatori. Insieme a tante e tanti altri lo rifiutiamo e da subito contesteremo questo provvedimento in ogni sede".

La replica della Guardia costiera

Con una nota, la Guardia costiera ha risposto alle proteste di Mediterranea saving humans dando la sua versione dei fatti: "Si precisa che la società armatrice ha inizialmente richiesto la certificazione dell'unità per diversi servizi: salvataggio, rimorchio, rimozione dalla superficie del mare di olii minerali e trasporto merci solide". Dato che poi è emersa "l'impossibilità di ottenere la certificazione per il servizio di salvataggio, in ragione delle caratteristiche tecniche dell'unità non rispondenti alla normativa in materia di sicurezza della navigazione applicabile", la società armatrice ha riproposto la sua richiesta "limitatamente agli altri tre servizi".

Dopo la visita finale per rilasciare le certificazioni, la commissione composta da Guardia costiera, Ufficio sanità marittima e Registro navale italiano "ha ritenuto necessario prevedere la rimozione di alcune attrezzature presenti a bordo oggettivamente pericolose per lo svolgimento in sicurezza delle attività richieste". Tra queste c'erano "alcuni container e battelli presenti in coperta, incompatibili con lo svolgimento in sicurezza delle operazioni di rimorchio e di antinquinamento". La Guardia costiera ha poi specificato: "Non è stato richiesto lo sbarco di mezzi individuali di salvataggio né di medicinali".

Mediterranea saving humans: "Nel comunicato della Guardia costiera almeno tre falsità"

"Con disappunto e dispiacere ci troviamo costretti a replicare", ha risposto a sua volta Mediterranea saving humans. Il comunicato della Guardia costiera, secondo la Ong, "contiene almeno tre falsità".

La prima sarebbe che "la società armatrice che gestisce la nave al servizio di Mediterranea non ha mai rinunciato a richiedere la certificazione della Mare Jonio per il servizio di salvataggio", e anzi le norme di cui ha parlato la Guardia costiera non sarebbero applicabili alla nave in questione, e sarebbero "il frutto di una volontà politica, e non tecnica, di ostacolare le attività di soccorso civile in mare". Nell'attesa di contestare la decisione, la Ong ha chiesto di rilasciare innanzitutto le certificazioni "indispensabili per navigare".

La seconda "falsità" sarebbe che "le attrezzature e gli equipaggiamenti per il servizio di salvataggio/ rescue non sono affatto ‘pericolose' né ‘intralciano' la navigazione della nave" e non sarebbero mai state contestate dagli ispettori saliti a bordo. Si tratta di materiali che "incrementano la sicurezza della Mare Jonio e la capacità di soccorso di vite in pericolo".

Infine, la Capitaneria di porto non avrebbe parlato di "alcune attrezzature" da rimuovere, ma delle "attrezzature e gli equipaggiamenti imbarcati a bordo della Mare Jonio per lo svolgimento del servizio di salvataggio", in una comunicazione inoltrata via Pec. Si tratterebbe quindi di un lungo elenco di materiali: "Reti giapponesi per il recupero dei naufraghi dal mare, coperte termiche per la protezione dall'ipotermia, kit con asciugamani e vestiti di ricambio, bagni chimici, docce e lavandini, forniture aggiuntive di acqua potabile e cibo per i naufraghi, trecento giubbotti salvagente aggiuntivi, zattere autogonfiabili, centifloat e rescue raft di salvataggio, farmaci e dispositivi medicali contenuti nel container del punto di primo soccorso".

"Se hanno nel frattempo cambiato idea, sarebbe il caso che ce lo comunicassero ufficialmente", ha detto Mediterranea saving humans, sottolineando comunque la "stima e gratitudine nei confronti delle donne e degli uomini della Guardia Costiera italiana", un corpo che "il potere politico utilizza cinicamente nella sua insensata guerra contro la solidarietà".

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