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Meloni se la prende con l’Università di Bologna per aver negato un corso di laurea ai militari

“Incomprensibile”, gravemente sbagliata” e “inaccettabile”: così Giorgia Meloni ha definito la decisione dell’Università di Bologna, che ha scelto di non aprire un nuovo corso di laurea in filosofia appositamente nell’Accademia militare di Modena. L’Ateneo ha detto che la scelta è stata dovuta anche ai costi.
A cura di Luca Pons
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La decisione del dipartimento di Filosofia dell'Università di Bologna, che ha scelto di non attivare un corso dedicato a parte ai militari dell'Accademia di Modena, è "un atto incomprensibile e gravemente sbagliato". Sono queste le pesanti parole che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha usato in una nota. La vicenda era emersa nel fine settimana, quando il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva rilanciato la vicenda sui social.

Oggi anche l'Università ha preso parola, dando la propria versione dei fatti. Intanto le parole di Meloni da una parte hanno scatenato la reazione delle opposizioni, mentre dall'altra hanno portato a una mobilitazione del suo governo. La ministra dell'Università Anna Maria Bernini è andata a Modena, affermando: "Sono qui per garantire che il corso si farà".

Meloni: "Scelta inaccettabile, pregiudizi ideologici"

Meloni è stata netta: la decisione è stata non solo "inaccettabile", ma un "gesto lesivo dei doveri costituzionali che fondano l'autonomia dell'Università". Secondo la premier, infatti, l'Ateneo "ha il dovere di accogliere e valorizzare ogni percorso di elevazione culturale", senza "pregiudizi ideologici".

Addirittura, aver rifiutato di istituire un nuovo corso di laurea nell'Accademia militare sarebbe una "messa in discussione del ruolo stesso delle Forze armate, presidio fondamentale della difesa e della sicurezza della Repubblica, come previsto dalla Costituzione". La leader del governo ha poi ribadito il "pieno e incondizionato sostegno" all'esercito, e concluso: "Condanno fermamente ogni tentativo di isolare, delegittimare o frapporre barriere ideologiche a un dialogo istituzionale così fondamentale per l'interesse nazionale".

La spiegazione dell'Università di Bologna

La polemica era stata sollevata dal capo di Stato maggiore dell'esercito Carmine Masiello, che aveva dichiarato: "Non hanno voluto avviare questo corso per timore di militarizzare la facoltà", dicendosi "sorpreso e deluso". A ruota erano seguiti il ministro Crosetto e la ministra Bernini, che aveva parlato di "scelta discutibile" e di "rinuncia alla propria missione formativa".

L'Università da parte sua ha diffuso un comunicato con dei chiarimenti. Prima di tutto, ha ricordato che c'è già una collaborazione con l'Accademia militare di Modena per quanto riguarda un corso di veterinaria, con posti riservati ai giovani militari. Poi ha ricostruito: "Il tema oggetto di discussione riguarda non l’accesso ai corsi", che è sempre consentito a chiunque abbia i requisiti, quindi naturalmente anche a militari. Si parla invece di "una richiesta di attivazione proveniente dall’Accademia", che voleva un "percorso triennale di studi in Filosofia strutturato in via esclusiva per i soli allievi ufficiali".

Si sarebbe trattato di un corso con attività svolte "interamente presso la sede dell’Accademia" e con un "significativo fabbisogno didattico". E con un esborso significativo: le spese sarebbero andate "ben oltre il costo di eventuali contratti di docenza", che l'accademia militare si era impegnata a coprire. La decisione è passata al dipartimento di Filosofia, che doveva valutare "la sostenibilità didattica, la disponibilità di docenti, la coerenza con l’offerta formativa e l’insieme delle risorse necessarie". Alla fine è arrivato un no, già a ottobre, con la "piena disponibilità a ogni futura interlocuzione".

La ministra Bernini: "Il corso si farà"

"Sono qui a Modena proprio per garantire che il corso si farà", ha detto la ministra dell'Università Anna Maria Bernini, che questo pomeriggio si trovava nel capoluogo. Di fronte ai giornalisti che le chiedevano chiarimenti, ha aggiunto: "La polemica è chiusa? Per quanto mi riguarda sì. L'importante è che il corso si faccia. Mi faccio garante della realizzazione del corso, come ha detto giustamente la presidente Meloni e in questo mi sento di rappresentare tutto il governo".

Non esiste un'autonomia universitaria che possa trasformarsi in un muro o in una corazza. L'autonomia universitaria è libertà", ha proseguito la ministra. "Tanti rettori mi hanno chiamato dando disponibilità, ma non vedo perché l'Università di Bologna, università più antica del mondo, dovrebbe impedire un atto formativo importante come quello della creazione di un corso scientifico e umanistico per i difensori del nostro domani". Il rettore Molari "mi ha detto che la sua intenzione è quella di continuare ad avere con l'Accademia di Modena gli ottimi rapporti che ha sempre avuto", ha concluso Bernini.

Le opposizioni all'attacco di Meloni: "Surreale, pensi a governare"

L'intervento in prima persona di Giorgia Meloni ha sollevato reazioni politiche accese. Nicola Fratoianni, di Avs, l'ha accusata di "alzare polveroni intimidatori contro l’università di Bologna al semplice scopo di fare un po’ di propaganda dozzinale, pur di sviare dai problemi del Paese che il suo governo non riesce ad affrontare", e le ha chiesto invece di "sostenere piuttosto l’istruzione, gli atenei e la ricerca pubblica sempre più in difficoltà grazie ai mancati interventi proprio del suo governo.

Nel Partito democratico è intervenuto Alfredo D'Attorre, responsabile Università dei dem: "È surreale che la presidente Meloni, alla continua ricerca di diversivi rispetto alla sua concreta attività di governo, oggi trovi il tempo e il modo di attaccare l'Università di Bologna", ha dichiarato, aggiungendo: "Non c'è bisogno che la Meloni sottolinei l'ovvio, ovvero che sia un fatto positivo che gli allievi ufficiali possano arricchire la loro formazione con un percorso di studi filosofici".

Se la presidente del Consiglio "davvero tiene al ruolo delle Università pubbliche e degli studi umanistici, lo dimostri non con polemiche prive di senso, ma smettendo di ridurre i finanziamenti al sistema universitario in rapporto al Pil, di costringere gli atenei pubblici a bloccare concorsi e assunzioni, di aumentare la precarietà dei giovani ricercatori e di favorire solo la logica di profitto degli atenei telematici privati", ha concluso D'Attorre.

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