Meloni bacchetta Tajani sullo Ius Scholae: “Non è una priorità, concentriamoci sul programma”

"Concentriamoci sulle proprietà del programma di governo, la cittadinanza non è tra queste". È una bacchettata sulle mani dell'alleato quella di Giorgia Meloni, che ha ribadito il suo no all'idea di modificare la legge sulla cittadinanza, concedendola a chi ha conseguito almeno dieci anni di studi in Italia.
La proposta, il cosiddetto Ius Scholae, rinominato Ius Italiae da Tajani, era stata rilanciata dal leader azzurro proprio ieri, ma aveva subito incassato l'ostilità del resto della maggioranza. Sia la Lega che Fratelli d'Italia restano convinti che la legge sulla cittadinanza vada bene così com'è e che dunque, non ci sarebbe motivo di intervenire con modifiche e proposte. "Il centrodestra è composto da forze politiche diverse, è normale" che ci siano posizioni diverse, come ad esempio sulla cittadinanza. E questa "è anche la ragione per la quale abbiamo un programma di governo: sarebbe utile per tutti concentrarsi sulle priorità indicate nel programma. E la cittadinanza non è tra queste", ha chiarito la premier.
Ospite di Bruno Vespa, Meloni ha spiegato le ragioni della sua contrarietà. "Nel merito io personalmente non considero corretto o utile concedere la cittadinanza a un minore se i suoi genitori sono ancora stranieri. Peraltro già con l'attuale legge, dopo dieci anni di residenza in Italia, si ha diritto alla cittadinanza", ha dichiarato. In realtà, i tempi per il riconoscimento sono più lunghi di quello che dice Meloni, perché come mi abbiamo raccontato più volte, ai dieci anni di residenza legale ininterrotta va aggiunto il periodo necessario per completare l'iter, che in genere oscilla dai tre ai quattro anni (per un totale quindi di 14 anni).
La premier ha aggiunto però, che "un altro tema potrebbe essere occuparsi delle rigidità amministrative che ancora ci vengono segnalate dalle seconde generazioni, penso al fatto che chi raggiunge 18 anni e vuole richiedere la cittadinanza poi trova oggettive complicazioni. Su questo si potrebbe lavorare, ma sarebbe più semplice affrontare questo tema se il dibattito non assumesse una piega ideologica. Però anche qui bisognerebbe eventualmente parlarne con la maggioranza", ha sottolineato. Insomma, l'ipotesi di trovare un'intesa sul tema resta lontana, come conferma l'avvertimento lanciato dalla premier agli azzurri: "In ogni caso se posso dare un consiglio sarebbe un bene che tutti ci concentrassimo sulle priorità del nostro programma che dobbiamo terminare entro la fine della legislatura".
Che cos'altro ha detto Meloni su dazi, Ucraina e piano Albania
Quanto ai negoziati in corso sui dazi tra Ue e Stati Uniti "che cosa accadrà non posso dirlo", ha risposto Meloni. "Come sa bene la competenza è in capo alla Commissione Ue che sta seguendo la trattativa con gli Usa, da parte italiana abbiamo lavorato per fare in modo he il rapporto fosse certamente franco ma costante, teso a cercare di risolvere insieme i problemi". La scadenza della proroga del 9 luglio concessa da Trump sulle tariffe si avvicina, ma la premier si dice soddisfatta di "avere ricostruito un dialogo che sembrava interrotto e ora è continuativo, stiamo facendo tutti la nostra parte ma non posso entrare in merito a quelli che saranno gli accordi".
Sul passo indietro di Washington sulle armi all'Ucraina, Meloni ha chiarito che gli Usa "non hanno interrotto la fornitura di armi all'Ucraina, è stata rivista la decisione di fornire specifiche componenti anche per la contraerea. È un fatto rilevante ma diverso da un disimpegno dell'America", sostiene. La premier ha aggiunto di aver sentito oggi Trump e di aver affrontato la questione, incluso il tema dei possibili esiti del conflitto. "Se da una parte l'Ucraina ha dimostrato il suo impegno sincero per la pace l'impegno continua a mancare di parte russa e non penso si debba attendere la buona volontà di Putin ma mettere pressione", ha detto.
Il piano Albania invece, "va avanti, nonostante gli abbastanza evidenti tentativi" per evitare "che questa iniziativa non abbia successo", ha dichiarato. Un riferimento probabilmente, ai dubbi sollevati dalla Corte di Cassazione sulla legittimità costituzionale del protocollo siglato con Tirana. "Dovrebbe farci riflettere sul ruolo della politica e di altri poteri dello stato". Ma resta una "idea di successo e non è un caso che altri Paesi ci stiano pensando", ha concluso.