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Manovra, quanto costa la flat tax al 15% alle casse dello Stato

La nuova bozza della legge di bilancio spiega anche i costi che lo Stato dovrà sostenere, per permettere alle partite Iva che fatturano meno di 85mila euro di accedere al regime agevolato. La flat tax al 15% richiederà oltre 280 milioni di euro nel 2023, una cifra che crescerà negli anni successivi.
A cura di Luca Pons
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Circa 280 milioni di euro nel 2023, poi oltre un miliardo di euro ogni tre anni. Questa è la stima, fatta dal governo, su quanto costerà l'innalzamento a 85mila euro della soglia per aderire alla flat tax al 15%.  Da quando Giorgia Meloni ha annunciato in conferenza stampa le misure contenute nella prima legge di bilancio del suo governo, si sono succedute diverse bozze con modifiche più o meno significative. Un elemento che non è cambiato sono proprio le disposizioni sul regime forfettario.

La misura permetterà alle partite Iva di accedere a un regime di tassazione agevolato, con un'aliquota unica al 15%, purché il fatturato sia entro gli 85mila euro all'anno (fino a quest'anno era 65mila euro). L'estensione del regime forfettario era stata promessa in campagna elettorale con numeri più ambiziosi, dato che si voleva alzare la soglia fino a 100mila euro

Il limite di 85mila euro si applicherà dal periodo d'imposta 2023, quindi lo potrà utilizzare l'anno prossimo chi nel 2022 non ha superato la soglia. Il testo (o meglio, la bozza del testo) della legge di bilancio, ora, spiega anche perché è stata scelta questa cifra: una direttiva dell'Unione europea, la 2020/285 del Consiglio, approvata nel 2020 ma che entrerà in vigore nel 2025, dice che "gli Stati possono ammettere al regime di franchigia Iva i soggetti con volume di ricavi e compensi non superiore a 85.000 euro".

Visto che, però, questa direttiva non è ancora entrata in vigore, il testo della manovra specifica che per l'Italia servirà una "deroga da parte delle competenti autorità europee". La richiesta di deroga è stata fatta dal governo il 4 novembre. La stessa cosa era stata fatta per alzare la soglia a 65mila euro, nel 2019: decisione approvata dall'Unione europea fino al 31 dicembre 2024.

La stessa direttiva europea già citata richiede anche l'altra novità introdotta dalla legge di bilancio: chi supera i 100mila euro di ricavi in un anno, perde la possibilità di usare la flat tax già da quell'anno, e non da quello successivo. In questo caso, le tasse aggiuntive si iniziano a pagare retroattivamente, partendo dal momento in cui è stata effettuata la transazione che ha fatto superare la soglia dei 100mila euro.

Per chi resta tra 85mila e 100mila euro, il regime agevolato finisce a partire dall'anno dopo. Se una partita Iva fattura 80mila euro quest'anno, ad esempio, l'anno prossimo potrà applicare la flat tax. Se nel 2023 fatturerà 90mila euro (quindi più di 85mila, ma meno di 100mila), pagherà comunque il 15% di tasse su quei 90mila, e uscirà dal regime di flat tax nel 2024. Se, invece, nel corso del 2023 supererà i 100mila euro di ricavi o compensi, passerà immediatamente al regime ‘normale'.

Le perdite per lo Stato, in termini di tasse in meno che vengono riscosse, sono stimate in 280,7 milioni di euro per il 2023, e poi a salire: 346,2 milioni nel 2024, e infine 378,8 milioni ogni anno dal 2025 in poi. Oltre un miliardo di euro nei primi tre anni, quindi. Le stime del ministero dell'Economia sono basate sulle dichiarazioni dei redditi effettuate dalle partite Iva per il 2019 e il 2020, quando a utilizzare il regime forfettario sono stati circa 1,5 milioni di professionisti.

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