Manovra, cosa cambia sulle pensioni: Opzione Donna a rischio, stop alle uscite anticipate e poche risorse

La manovra di bilancio procede a passo lento, scandita da rinvii, trattative e correzioni dell'ultima ora; nelle stanze del ministero dell'Economia e nei corridoi del Parlamento, infatti, il lavoro non si ferma, ma il quadro resta in movimento. Le richieste di modifica sono numerose, le risorse limitate, e ogni scelta implica una rinuncia. In questo equilibrio precario, il tema delle pensioni continua a occupare un posto centrale, non tanto per le decisioni prese quanto per quelle che rischiano di non arrivare. Anche quest'anno, infatti, il sistema previdenziale si conferma uno dei capitoli più delicati della legge di Bilancio. Ogni intervento ha un impatto che va oltre l'immediato, perché incide su una spesa strutturale e di lungo periodo; proprio per questo, mentre la manovra entra nella sua fase finale, l'attenzione si concentra soprattutto su ciò che potrebbe restare fuori dal testo definitivo.
Opzione Donna, una conferma sempre più incerta
Tra i dossier più discussi c'è quello di Opzione Donna, il meccanismo che consente alle lavoratrici di anticipare l'uscita dal lavoro rispetto ai requisiti ordinari. Una scelta che comporta certo un sacrificio economico, (l'assegno viene calcolato interamente con il metodo contributivo), ma che negli anni ha rappresentato per molte donne una via d’uscita da carriere discontinue o da situazioni familiari complesse. Negli ultimi tempi, però, Opzione Donna è stata progressivamente ridimensionata: da strumento ampio è diventata infatti una misura selettiva, riservata solo ad alcune categorie. L'ipotesi di una proroga o di un allargamento dei requisiti anche per il prossimo anno è rimasta sul tavolo fino a poche settimane fa, ma oggi appare sempre più fragile. La ragione è semplice: mancano le coperture finanziarie. Senza nuove risorse, la misura rischia di restare com'è o di non essere proprio addirittura rifinanziata, segnando di fatto un ulteriore passo indietro nella flessibilità in uscita dal lavoro.
Previdenza complementare, si allontana l'ipotesi del silenzio-assenso
Un destino simile sembra attendere anche un altro intervento su cui si era aperto un confronto: quello relativo al Tfr e ai fondi pensione. L'idea era quella di introdurre un nuovo periodo di silenzio-assenso, un meccanismo che avrebbe sostanzialmente trasferito automaticamente il trattamento di fine rapporto verso la previdenza complementare in assenza di una scelta esplicita da parte del lavoratore. L'obiettivo dichiarato era rafforzare le pensioni future, in un sistema che, basato sempre più sul metodo contributivo, rischia di produrre assegni insufficienti. Ma anche in questo caso il progetto sembra destinato a fermarsi; le difficoltà di copertura e le possibili ricadute sui bilanci delle imprese hanno raffreddato l'iniziativa, che difficilmente troverà spazio nel testo finale della manovra.
Nessuna riforma pensionistica, solo prudenza
Nel complesso, dalla legge di Bilancio non emerge una visione di riforma del sistema pensionistico. La linea del governo appare improntata alla cautela: evitare nuovi impegni strutturali, contenere la spesa, rinviare le scelte più impegnative. Le grandi questioni, dalla flessibilità in uscita all'equità tra generazioni, restano insomma sullo sfondo, rimandate a un confronto futuro che continua però a slittare; una scelta che riflette i margini sempre più stretti della finanza pubblica, ma che lascia irrisolte molte attese. Per chi è vicino alla pensione, le possibilità di anticipo restano limitate; per chi è più giovane, il quadro si fa sempre più incerto e legato alla capacità di costruire una pensione integrativa.
Un capitolo aperto, ma con poche sorprese
Il confronto parlamentare non è ovviamente ancora concluso e, come spesso accade, le ultime ore potrebbero riservare aggiustamenti. Ma difficilmente arriveranno svolte. Sul fronte delle pensioni, la manovra sembra destinata a confermare un approccio difensivo, fatto di rinvii e di interventi minimi.
Una scelta che consente di tenere i conti sotto controllo, ma che lascia irrisolto il nodo di fondo: come garantire, in prospettiva, un sistema previdenziale sostenibile e allo stesso tempo capace di rispondere alle esigenze di chi lavora oggi e di chi andrà in pensione domani. Un tema che, ancora una volta, resta sospeso tra prudenza finanziaria e aspettative sociali.