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Manovra 2026: cosa prevede la sanatoria per Imu, Tari e sanzioni locali

La Legge di Bilancio 2026 apre alla possibilità di una definizione agevolata per i tributi locali, lasciando agli enti territoriali la scelta di attivarla o meno. Ecco cosa prevede il meccanismo e quali debiti potrebbe riguardare.
A cura di Francesca Moriero
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Nelle città italiane, dove le amministrazioni rincorrono da anni risorse sempre più scarse e i contribuenti inseguono scadenze spesso difficili da gestire, la Manovra 2026 potrebbe introdurre un nuovo equilibrio. Tra i capitoli più discussi del testo, ora all'esame del Parlamento, emerge l'ipotesi di una sanatoria mirata, pensata per facilitare la chiusura dei debiti legati ai tributi locali. Non si tratterebbe di un condono generalizzato né della semplice prosecuzione delle vecchie rottamazioni: la scelta di attivarla o meno spetterebbe ai singoli Comuni e alle Regioni, che potrebbero modellarla sulle proprie esigenze finanziarie.

L'obiettivo dichiarato sarebbe quello di rendere più efficiente la riscossione, alleggerendo un magazzino di crediti spesso bloccato da anni. Ma accanto ai potenziali vantaggi, la misura porta con sé anche alcune incognite: da un lato, potrebbe offrire ai contribuenti una via d'uscita per regolarizzare pendenze ormai datate; dall'altro, c'è chi teme che iniziative di questo tipo possano indebolire l'idea stessa di regolarità fiscale, dando il segnale che prima o poi una forma di sconto arriva sempre; per i Comuni, poi, l'efficacia dipenderà dalla capacità di calibrare la sanatoria senza mettere a rischio gli equilibri di bilancio

Cosa prevede la Manovra

All'interno della Legge di Bilancio compaiono tre norme dedicate alla riscossione dei crediti, gli articoli 23, 24 e 118. I passaggi chiave sono negli ultimi due: per la prima volta lo Stato riconosce agli enti locali la facoltà di introdurre una propria definizione agevolata, modellata sulle necessità e sul contesto economico di ogni territorio.

Non si tratterebbe di un meccanismo che si attiva da sé: ogni amministrazione potrà decidere liberamente se adottarlo o meno. Se lo farà, dovrà anche stabilire come strutturarlo, entro quali scadenze far aderire i contribuenti e con quali benefici. L'unico paletto fissato dal legislatore è che l'ente sia in condizioni finanziarie regolari, così da garantire che la misura non metta a rischio l’equilibrio di bilancio.

Quali debiti potrebbero rientrare

La sanatoria, qualora adottata, riguarderà esclusivamente i tributi locali. È questo il perimetro che la legge indica con chiarezza, lasciando fuori alcune imposte che, pur essendo collegate ai Comuni e alle Regioni, non vengono considerate tributi autonomi. Restano quindi potenzialmente inclusi tutti i pagamenti locali non saldati: l'Imu su seconde case, fabbricati e terreni, la Tari, l'imposta comunale sulla pubblicità, i canoni legati all'occupazione del suolo pubblico, la tassa di soggiorno, ma anche tributi regionali come il bollo auto o i canoni idrici. A questi si aggiunge un capitolo particolarmente sentito dai cittadini: le sanzioni amministrative, comprese quelle per infrazioni al Codice della strada. In questo caso, eventuali sconti potranno riguardare solo l'importo della multa, non la decurtazione dei punti dalla patente.

Restano invece esclusi elementi ben precisi: le addizionali comunali e regionali all'Irpef, l'Irap, i debiti legati al recupero di aiuti di Stato giudicati illegittimi e quelli già coinvolti in precedenti definizioni agevolate non portate a termine. Non potranno poi accedere alla misura i contribuenti che abbiano ricevuto condanne penali o contabili, né gli atti già passati in giudicato.

Come funzionerebbe la sanatoria

Ogni Comune potrà decidere se includere sia i debiti ancora in fase di accertamento sia quelli già sfociati in cartelle esattoriali. In alcune situazioni, la sanatoria potrà estendersi anche ai contenziosi in corso, consentendo una chiusura anticipata della lite.

Una volta adottata, la misura consentirà di alleggerire il carico economico del contribuente, intervenendo soprattutto su ciò che, nel tempo, fa lievitare l’importo originale: le sanzioni, gli interessi e tutti gli oneri accessori legati alla riscossione; ogni ente potrà decidere se ridurli in parte o completamente, e potrà anche prevedere piani di pagamento rateali, così da rendere più sostenibile la regolarizzazione.

Accanto ai potenziali benefici, però, alcuni osservatori avvertono che uno strumento così ampio potrebbe generare aspettative future di nuovi sconti o nuove sanatorie, con il rischio di indebolire l'effetto deterrente delle scadenze fiscali. Molto dipenderà, dunque, da come gli enti locali sapranno calibrare l'intervento: un equilibrio delicato tra esigenza di recuperare risorse e necessità di preservare la cultura della puntualità nei pagamenti.

Quando partirebbe

Se il Parlamento confermerà la norma, la nuova possibilità si aprirà dal 1° gennaio 2026. Da quel momento toccherà alle amministrazioni locali muovere il primo passo: solo una delibera comunale o regionale potrà infatti far partire la sanatoria sul territorio.

Il provvedimento dovrà definire le condizioni di accesso, i tempi per aderire e le modalità pratiche per presentare la domanda. Una volta approvato, dovrà essere trasmesso al portale del Federalismo fiscale e pubblicato sul sito istituzionale dell'ente, rispettando le scadenze ministeriali; in altre parole, la norma nazionale crea la cornice, ma spetterà ai Comuni decidere se e come riempirla.

Quanto vale per gli enti locali

La posta in gioco è enorme. Secondo la commissione che monitora il magazzino della riscossione, i crediti locali ancora da recuperare sfiorano i 42 miliardi di euro. I Comuni detengono la quota più ampia, oltre 27 miliardi, mentre il resto riguarda Province e Regioni. Non tutti questi importi sono realisticamente incassabili, ma una parte rilevante sì: circa 19,7 miliardi per i Comuni e 11,5 miliardi per gli altri enti.

Le ricadute su Imu, Tari e bilanci comunali

Il tema non sarebbe marginale, perché i tributi locali rappresentano quasi il 40% delle entrate a disposizione dei Comuni per finanziare servizi essenziali. Imu e Tari, da sole, costituiscono circa tre quarti del gettito: la prima copre il 44% delle entrate tributarie, la seconda il 34%.

La riscossione, però, è molto disomogenea. Nel caso dell'Imu, nel 2024 l'8,4% del gettito complessivo è stato recuperato solo dopo evasione, con performance migliori in Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. La Tari, invece, continua a mostrare le maggiori fragilità: metà dei Comuni non riesce a incassare neppure il 70% del dovuto, e solo una piccola parte delle somme viene recuperata subito; il resto si trascina negli anni, alimentando l'accumulo dei crediti.

È in questo scenario che la sanatoria prevista dalla Manovra potrebbe trovare il suo senso: da un lato offrire ai cittadini un percorso più chiaro per chiudere pendenze che si sono incancrenite; dall'altro permettere ai Comuni di incassare risorse oggi bloccate, costruendo un ponte tra esigenze di bilancio e sostenibilità sociale.

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